ITALODISCHI #1 2025 – Classic songs

Le ultime uscite del 2024: Beatrice Antolini, La rappresentante di lista, Winstons,Teho Teardo e Blixa Bargeld, Alberto Arcangeli, Nico Sambo, Jacopo Gobber, Boccanegra, PoST

ITALODISCHI
Beatrice Antolini
Articolo
pop

Inevitabilmente devo iniziare con le scuse: ai lettori, per il ritardo con cui pubblichiamo questa puntata di ITALODISCHI, ma anche agli artisti assenti che non vi compaiono, benché molti di loro non sfigurassero affatto, e che sono stati esclusi per cause di forza maggiore: troppi, troppissimi dischi da vagliare. 

Inutile lamentarsi, ma che i numeri in gioco siano fuori controllo è un dato di fatto – bisognerà trovare una soluzione. 

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Per intanto, a questa tornata (che copre l’ultimo trimestre del 2024), ci saranno due puntate; in questa, spazio a rock, pop, cantautorato e canzoni classiche in generale.

Beatrice Antolini, Iperborea

La copertina la riserviamo al ritorno di Beatrice Antolini, che non pubblicava un album da un’eternità come sei anni, e per la prima volta incide canzoni in italiano (un destino che la accomuna a Carlotta Sillano, già Carlot-ta, una delle tante escluse illustri di questo giro; sorry). 

Beatrice è sempre stata bravissima: scrive musica e testi, suona tutti gli strumenti, arrangia e produce; ha uno stile che abbina rigore e fantasia estrema, e forse in passato è stato proprio questo “eccesso di abilità” che l’ha fatta apparire come una prima della classe un po’ spigolosa, e forse con l’assillo di voler stupire a tutti i costi. Va detto invece che questo nuovo Iperborea ha un equilibrio invidiabile per come offre canzoni originali, sbilenche ma non troppo, che spaziano dalla ballata agrodolce al pezzo denso di groove; gli arrangiamenti preferiscono all’elettronica un’orchestra classica e nel complesso il disco è maturo, solido, convincente, una netta evoluzione rispetto alla pazzia controllata delle prime prove.

Teho Teardo e Blixa Bargeld, Christian e Mauro 

A seguire, un disco che a rigor di logica non sarebbe totalmente italiano: Christian e Mauro esce infatti a nome Teho Teardo e Blixa Bargeld, ma nasce in Italia, è pubblicato da una label italiana ed è stato insignito del premio speciale del Premio Ciampi; quindi vale! 

È vero però che l’album è intriso di scuro romanticismo mitteleuropeo, con testi in inglese, italiano e tedesco, e un sound costruito su basi orchestrali e senza strumenti percussivi. Ne deriva un intrigante effetto sospeso tra classicismo atemporale e cosmopolitismo ipermoderno tra Roma e Berlino. Rispetto al passato (l’ultimo album, Nerissimo, è di ben 8 anni fa), Christian e Mauro suona un po’ meno dark e a tratti quasi umoristico; l’ascolto è comunque lieve e particolarmente stimolante.

Alberto Arcangeli, Farfalle notturne

La nutrita compagine dei cantautori anche questa volta abbonda di proposte, ma per fortuna ce ne sono parecchie che spiccano per originalità e freschezza. Sono autori che mostrano caratteristiche simili: l’intenzione esplicita di inserire un’orecchiabilità pop nel contesto della canzone d’autore; testi arguti e ficcanti e non lamentele esistenzialiste sulla bruttura del mondo; un sound che rifugge triti arrangiamenti classici in favore di un’esuberanza sonora che va nelle più diverse direzioni. Per ogni autore sarò stringato, rimandandovi all’ascolto; astenersi nostalgici degli anni Settanta e sostenitori del Premio Tenco e delle tradizioni.

Il primo è Alberto Arcangeli; Farfalle notturne è il suo quarto album, nonché il primo in italiano (dev’essere un trend…). Poco noto dalle nostre parti malgrado il relativo successo nell’underground internazionale dei primi dischi, Arcangeli è il prototipo di cantautore rock nella scia di gente come Paolo Benvegnù o Giuliano Dottori: pezzi solidi ma melodici, eleganti e sufficientemente diversificati (dall’intimismo acustico all’impianto electro a quello guidato dall’elettricità).

Nico Sambo, Istanti in bilico

Anche Nico Sambo non è l’ultimo arrivato (se non ho sbagliato i conti questo è il suo quinto album), e prosegue una carriera all’insegna dell’eclettismo. Questo è sempre abbinato a un’esuberanza contagiosa, che rende i suoi dischi scoppiettanti, divertenti, stimolanti. Istanti in bilico è una raccolta di canzoni fondamentalmente chitarristiche, ma piene di sorprese in cascata – il testo paradossale, l’inserto di synth che non ti aspetti, l’esplosione del riff killer – e l’effetto finale è spesso irresistibile.

Jacopo Gobber, 20 anni di manicaretti

Con 20 anni di manicaretti Jacopo Gobber festeggia invece due decenni di attività discografica spalmata su 4 album. Non lo conoscevo, ma è stato un piacere attraversare queste canzoni trasognate che rimandano tanto alla psichedelia barrettiana quanto ai Beatles più strampalati, al brit pop più arguto à la Blur, o ancora a certi folletti nostrani un po’ demenziali come Bugo.

 Boccanegra,Tablao Beat

Tra tutti i cantautori trattati, il più convenzionale sarà il genovese Boccanegra. Ma proprio perché l’impianto di Tablao Beat è piuttosto tradizionale, le deviazioni dal percorso standard prendono perfino maggior rilievo. Tra queste, prevale quella del flamenco, che anzi dovrebbe essere la chiave di lettura dell’album; ma non è mai troppo invadente, e anzi si limita a colorare quanto basta le canzoni di un profumo vagamente esotico.

Winstons, Third

Dopo tanti solisti passiamo ora a due band, accomunate dal fatto che cantano in inglese. Noblesse oblige, iniziamo dai Winstons, uno dei tanti progetti di Enrico Gabrielli, qui in compagnia di Roberto Dell’Era e Lino Gitto. Nati qualche anno fa per dar vita a un sound esplicitamente passatista, ispirato alla psichedelia e al prog, e in particolare al Canterbury sound, approdano ora al terzo album, chiamato con uno sforzo di fantasia Third

Come già avviene per band che si rifanno dichiaratamente agli albori del rock degli anni Sessanta, come i Lemon Twigs, il corto circuito temporale è a tratti impressionante; solo che qui i riferimenti non sono Beatles e Beach Boys, quanto piuttosto Soft Machine e Pink Floyd. Sapete cosa aspettarvi, insomma (e dal vivo sono imperdibili, credetemi).

PoST, Ten Little Indies

Molto meno noti i PoST, torinesi, anch’essi al terzo album dopo un lungo periodo di inattività per un cambio di formazione. Una band di rock wave che ha decisamente ammorbidito il sound rispetto al passato, grazie all’ingresso di una tastiera ad affiancare le chitarre. Questo non significa che Ten Little Indies sia fiacco, tutt’altro; i pezzi mantengono un ottimo bilanciamento tra nervosismo strutturale e orecchiabilità, e soprattutto un’eleganza formale davvero inusuale. Potrebbero essere una bella scoperta per molti.

La rappresentante di lista, Giorni felici

Per finire, una puntata nel mainstream con Giorni felici, l’ultimo disco de La rappresentante di lista. Se pensiamo che questo gruppo prima della famigerata “Ciao ciao” era una delle punte di diamante dell’indie italiano, la sua adesione ai canoni della popular è ormai acclarata. Ma non mi sembra un difetto, anzi: se i gruppi mainstream fossero tutti a questo livello, il panorama musicale sarebbe ben diverso. Lucchesi e Mangiaracina non cercano di strafare, suonano easy ma non sono mai stupidi e non si piegano alle mode imperanti (niente rap né autotune, per dire); il senso melodico c’è, le canzoni (in buona parte) anche.

 Insomma, piaccia o meno, la Rappresentante è uno dei pochi casi per cui si può dire che un gruppo indie ha davvero sfondato nel mainstream. Scusate se è poco.

Bizarre

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