Etnico Nabucco ad Ancona
Inaugurazione del Teatro delle Muse di Ancona
Ha aperto la stagione lirica del Teatro delle Muse di Ancona, che consta in verità di soli due titoli, un nuovo allestimento di Nabucco, con la direzione musicale di György Győriványi Ráth, sul podio della FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiana, e la regia di Mariano Bauduin, napoletano, che vanta una lunga esperienza teatrale oltre che la collaborazione per vent’anni con Roberto De Simone. Scene e luci erano di Lucio Diana e i costumi di Stefania Cempini, due artisti che in altre occasioni abbiamo visto lavorare in tandem ad Ancona con risultati sempre molto buoni.
E in effetti i costumi etnici e il trucco e parrucco rievocanti civiltà arcaiche non meglio definite si presentavano fantasiosi, colorati e di bell’effetto, in linea con le scelte registiche di Bauduin, che hanno voluto evitare il quadro oleografico connotato storicamente in favore di una rievocazione di sapore esoterico e spiritistico delle antiche culture mesopotamiche. Belli anche i numerosi quadri di insieme, di cui era protagonista il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”, preparato da Francesco Calzolaro, ed appropriati i movimenti scenici in genere solenni e ieratici per tutti i personaggi. La scenografia prevedeva oggetti simbolici caratterizzanti i vari quadri: una impalcatura di canne per la reggia, pannelli floreali per gli orti pensili, un totem per il tempio. E il cavallo, di legno, di Nabucodonosor. Tuttavia i sipari sono stati troppo frequenti e ravvicinati, forse motivati dalle indicazioni del libretto ma non sempre da effettivi cambi di scenografia.
Il piano musicale dell’allestimento ha dato l’impressione di essere ancora in fieri: attacchi non sempre precisi nei pezzi di insieme, intonazioni non sempre perfette, più frequenti nelle scene iniziali e poi via via sempre meno presenti. Il coro ha dato una buona prova di sé, solo con lievi incertezze iniziali poi compensate da esecuzioni sempre migliori dalla seconda parte in poi. Rath, direttore già conosciuto dalla FORM, ha concertato il tutto con grande competenza e con una lettura attenta della partitura, che ha accentuato le escursioni dinamiche della musica e la vitalità ritmica ma sempre rispettando gli equilibri tra orchestra e palcoscenico.
Nel cast dei cantanti il versante maschile è emerso maggiormente: si sono apprezzati Nicola Ulivieri in Zaccaria, molto sicuro sul piano della recitazione oltre che su quello vocale; Ernesto Petti in Nabucco, bel timbro, buona tecnica e ottime capacità interpretative, che si sono notate in particolare nella scena della follia alla fine della seconda parte: i delicati pianissimi che ha saputo realizzare e il pathos conferito alla interpretazione hanno dato l’impressione di un coinvolgimento palpabile del pubblico in sala. Alessandro Scotto Di Luzio è stato Ismaele, voce tenorile che ha preso corpo nel corso dell’opera dando una buona prova. Più deboli le interpreti femminili: Rebeka Lokar ha cantato la difficile parte di Abigaille in modo corretto, ma la dizione non era chiara e il timbro non è apparso sempre uniforme, perdendo smalto nel grave; Irene Savignano è stata invece Fenena, anche lei poco chiara nella dizione e con emissione piuttosto chiusa, non ben proiettata in avanti. Il resto del cast era composto da Andrea Tabili nel Gran Sacerdote di Belo, Antonella Granata in Anna e Luigi Morassi in Abdallo, tutti a proprio agio nella parte.
Il Teatro delle Muse, per questo spettacolo inaugurale, era al completo e il pubblico ha applaudito calorosamente gli artisti anche nel corso dell’opera.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Un memorabile recital all’Accademia di Santa Cecilia, con Donald Sulzen al pianoforte