Napoli: Il virtuosismo di Giulia Rimonda
Per la Scarlatti Giulia Rimonda e Severoceská Filharmonie
Martedì 22 ottobre Giulia Rimonda e Severoceská Filharmonie, storica compagine ceca della città di Teplice, diretta da Alfonso Scarano erano al teatro Acacia di Napoli per la stagione dell'Associazione Alessandro Scarlatti. E ogni esecuzione è monumentale e virtuosistica. La violinista torinese ha presentato uno splendido impaginato di Max Bruch seguito dalla celeberrima sinfonia scozzese di Mendelssohn.
Esordisce l’orchestra con la l’Ouverture in fa minore, op. 84 dall’Egmont di Ludwig van Beethoven, quasi spensierata, che dopo poche battute ispira una cantabile melodia dei violini di lirismo soave. Musica delicata quella di Beethoven, qui densa e complessa, intima l’interpretazione anche se per i momenti più mossi, mai veramente scattanti, Beethoven modella un moderato e fresco virtuosismo dove il carattere leggero e liederistico mantiene il sopravvento. Sale sul palco Rimonda. Temi limpidamente cristallini emergono chiari e leggeri come tutto fosse parlato da parte della violinista. Si entra nel vivo con il “Concerto in sol minore per violino e orchestra n. 1, op. 26” di Bruch. Altre pagine, altra forza. In un unico gesto, Rimonda racchiude il carico di energia che questo strumento possiede. Notevoli le vigorose arcate negli sforzando e mozzafiato le scale, i picchettati. Suono caldo e profondo nell’Adagio che senza interruzione proviene dal Vorspiel, dove Rimonda otteneva un suono più graffiante. Nel finale la giovane violinista non ha bisogno di conferme e si proietta in un funambolico dialogo con l’orchestra. Il pubblico è catturato all’unanimità dal bis Recitativo e Scherzo di Kreisler. Rimbalza l’archetto sulle corde, ma è solo dopo gli arpeggi che Rimonda inizia a dettare il ritmo si entra in un vortice melodico, ed è tutto virtuosismo puro.
La Sinfonia n. 3 in la minore op. 56 di Felix Mendelssohn Bartholdy apre la seconda parte del concerto. Magnetico L’allegro e Assai animato, sobria e senza eccessi la direzione di Scarano. Pochi accenti e lirismo caratterizzano l’Adagio, che ricorda temi e atmosfere iniziali, un continuo rincorrersi tra gli archi, con sovrapposizioni melodiche, temi incalzanti e staccati incedono fino al vivacissimo finale strappando il grande applauso. Chiude magistralmente il concerto il “furiant”, una danza boema con cui termina la “Czech Suite in re maggiore, Op. 39” di Antonin Dvořak, sembrava quasi già un bis in programma.
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