Strata e Lugansky al Festival di Trieste
Musica e danza contemporanea per la seconda edizione del Festival che ha visto protagonisti due diverse generazioni di pianisti
Non solo concerti per la seconda edizione del Festival di Trieste – Il faro della musica. La rassegna promossa dalla Società dei concerti di Trieste con la direzione artistica di Marco Seco ha abbracciato infatti anche la danza, spaziando dal popolare al contemporaneo. Tra le varie proposte, lo scorso 10 settembre al Teatro Rossetti della città si è potuto assistere alla prima esecuzione assoluta di Chopin into us – Bruciare, spettacolo del coreografo Adriano Bolognino coprodotto con ORSOLINA28 Art Foundation, che ha riunito per la prima volta alcuni suoi danzatori (Rosaria Di Maro, Cristina Roggerini, Jacopo Giarda, Laura Dell’Agnese, Laura Miotti) e il pianista Gabriele Strata. Con questo spettacolo il coreografo ha cercato intelligentemente di mettere sullo stesso piano musica e danza, sollecitando un dialogo tra le due discipline.
Con il pianoforte posizionato in primo piano, il lavoro di Bolognino ha saputo amplificare il carattere ritmico delle pagine chopiniane, dando corpo ai meccanismi compositivi adottati dal compositore, in una carrellata di brani eseguiti splendidamente, quasi senza soluzione di continuità. Una prova di musicalità per i danzatori, quanto di tenuta atletica per il venticinquenne pianista veneto, in oltre un’ora di pura tensione emotiva. Gabriele Strata conferma l’impressionante padronanza dello strumento, incontrastata nel pianissimo che porta l’ascolto a una dimensione eterea. Una carriera lanciata dal palco del Premio Venezia (2018) e che trova recente conferma sul podio del Concours international de Montréal.
Con un Teatro Verdi al completo, mercoledì 18 settembre si è invece tenuto l’evento conclusivo del Festival con il pianista Nikolay Lugansky, solista nel Concerto n. 3 di Rachmaninov con l’Orchestra del Teatro diretta da Will Humburg. Con la sua statura, il pianista russo sembra quasi personificare la figura del compositore: seduto composto innanzi al pianoforte, che in quell’occasione sembrava più piccolo del solito, Lugansky ha condotto con apparente sobrietà i primi due movimenti, forte di una coinvolgente cantabilità, pronto a scatenarsi nel movimento conclusivo in un crescendo emotivo che portato il pubblico a un’esplosione di puro entusiasmo. Meno fluido è parso il gesto di Humburg che ha diretto quasi unicamente con ampi movimenti della mano destra, al limite del concitato, sia il Concerto di Rachmaninov che la Sinfonia n. 9 “Dal Nuovo Mondo” di Dvořák che ha completato il programma. Ottima la prova dell’Orchestra, mentre la serata è stata aperta con un ricordo al compianto violoncellista Antonio Meneses, che giusto un anno fa si era esibito all’interno della prima edizione del Festival.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.