Dopo la tradizionale anteprima di “Aspettando il Festival” in alcuni luoghi simbolo della città e in diverse località del Veneto Orientale, il 29 agosto si inaugura il Festival Internazionale di Musica di Portogruaro. Sul palcoscenico del Teatro Comunale “Luigi Russolo” si esibirà l’Orchestra della Svizzera italiana sotto la direzione da Sergej Krylov anche solista al violino in un programma con musiche di Wolfgang Amadeus Mozart e Max Bruch. Fino al 13 settembre l’annuale rassegna musicale nella cittadina veneta, giunta quest’anno alla 42^ edizione, presenterà un ricco cartellone di concerti e di occasioni formative. Per il suo quarto anno di direzione artistica, Alessandro Taverna ha scelto il tema “Impronte. Memorie sonore”.
Con Alessandro Taverna abbiamo parlato delle novità e degli appuntamenti di punta dell’edizione 2024.
“Impronte. Memorie sonore” è il tema che lei ha scelto per l’edizione 2024: di quale impronte e di quali memorie di tratta?
«La memoria è una dimensione che si nutre dell'osservazione sensibile di tracce lasciate da esperienze pregresse. Nella medesima prospettiva si inserisce il cammino musicale che si snoda a Portogruaro da oltre 40 anni: un particolarissimo percorso di memoria, contrassegnato da impronte di autori, interpreti e creazioni. Questi segni e queste impronte musicali si traducono in ricordo e innescano un viaggio spirituale che va dal corpo all'anima. La memoria non è fine a sé stessa: serve anche come stimolo che ci proietti verso nuove ricerche e ci aiuti a riflettere sul futuro della musica».
Da dove è nato lo spunto per questo tema?
«Nella scelta del tema mi sono ispirato alla filosofia classica, in particolare alla teoria platonica dell’anamnesi, secondo cui ricordo e apprendimento coincidono. Quindi conoscere significa fare esperienza di memoria. Ho voluto sottolineare in particolare l’aspetto identitario del percorso, del cammino musicale che si snoda a Portogruaro da oltre quarant’anni, nel senso che il Festival di Portogruaro si è configurato al territorio che lo ha ospitato in tutti questi anni e, viceversa, coloro che lo hanno frequentato riconoscono nelle esperienze che hanno vissuto nel Festival, una parte di loro stessi. Imparano a conoscere meglio sé stessi, attraverso la musica, attraverso i compositori che hanno ascoltato nel passato e che continuano ad ascoltare nelle composizioni nuove che proponiamo, negli stessi volti delle persone e nei luoghi. Tutto questo è la parte identitaria che caratterizza il nostro Festival».
A quali luoghi si riferisce?
«Parlando di luoghi mi riferisco alle particolarità, alle bellezze storico-architettoniche di cui il nostro territorio è ricco: le chiese, i “luoghi dell’arte”, le ville, i palazzi storici, le piazze, il Collegio Marconi che per noi è particolarmente significativo in quanto ha accolto sin dall’inizio i concerti del Festival».
Come ha declinato in pratica questa idea di futuro nei programmi della prossima edizione?
«Sono tre le direzioni che intende percorrere. La prima è quella che ci contraddistingue, cioè la proposta formativa delle Masterclass, che fa parte della formula del Festival sin dall’inizio. In questa proposta vediamo germinare e fiorire quelli che sono i talenti della prossima generazione. Nuovi talenti che poi si esibiscono nei concerti dedicati agli studenti a conclusione delle Masterclass. La seconda direzione è quella della musica autenticamente contemporanea, cioè quella scritta da compositori italiani dei nostri giorni per lasciare un tratto, una sorta di impronta, da parte di un grande protagonista del nostro tempo della musica di oggi. Quest’anno la scelta è caduta su Nicola Campogrande e, come per lo scorso anno con il Concerto per pianoforte n. 2 di Boccadoro, abbiamo un un’altra opera che riassume la componente sinfonica e solistica. Terzo aspetto sono i nuovi linguaggi. Così come nelle precedenti edizioni abbiamo cercato di andare oltre la musica squisitamente classica, con il medium videoludico, con la componente futuristica degli intonarumori, anche quest’anno ci ispiriamo a Luigi Russolo che è stato un grande esponente del Futurismo, nativo di Portogruaro. Tra l’altro, in omaggio a Russolo c’è tutto un percorso russoliano che possiamo leggere anche attraverso gli altri concerti. Dopo queste esperienze che abbiamo percorso nei Festival precedenti, quest’anno figura un appuntamento che definirei Crossover con Ernesto Marciante, noto protagonista dei social media, e di un nuovo modo di raccontare e diffondere la musica. Musicista di formazione classica, Marciante mi ha molto colpito per il modo di raccontare anche aspetti della teoria musicale in modo semplice e accessibile a tutti, contenuti digitali e social. Vediamo quindi come aspetti di natura prettamente tecnica possano essere veicolati in un modo nuovo, appassionando un pubblico molto più ampio che va al di là della musica classica in senso stretto».
Ha citato Nicola Campogrande: qualche dettaglio in più sul pezzo composto per Portogruaro?
«Sarà un Concerto per violino, corno, pianoforte e orchestra, formazione non tra le più frequentate dai compositori e anche per questo motivo mi sono convinto a commissionare un lavoro per questo organico. Dunque un campo di esistenza piuttosto ostico. Da musicista, devo dire che Campogrande è riuscito a risolvere questo rebus in modo eccellente, e sono sicuro che verrà apprezzato anche dal pubblico. Non a caso lo stile di Campogrande racconta di una rivoluzione che arriva dal basso, se vogliamo individuare una componente del rinnovamento di cui questo compositore in qualche modo si fa portavoce. Questa musica nuova, che è aperta alle provocazioni e aperta al dialogo, è composta per le orecchie di chi la suona ma anche di chi la ascolta, senza però perdere tutto il fascino dell’ardimento tecnico, della scrittura particolarmente intrigante».
Musica “facile” vuol dire?
«Non si tratta di abdicare a un vago populismo, ma di cercare una sintesi tra il pubblico di oggi e le esigenze dei musicisti. Non ultimo, quello di assicurare alla nuova commissione una sua ripetibilità nel tempo, che non si esaurisca soltanto nell’occasione di questa commissione. Posso aggiungere un’ultima parola sulla scelta dell’organico?»
La prego.
«È una scelta che discende anche da un’amicizia, quella instaurata tra i tre componenti del Trio, la violinista Francesca Dego, il cornista Martin Owen, e il sottoscritto come pianista. Abbiamo realizzato proprio l’anno scorso un CD per Chandos con, potremmo dire, l’opera omnia per la formazione violino, corno e pianoforte. Mancava però un Concerto: da qui l’idea di chiedere a Nicola Campogrande questa composizione».
Torniamo al futuro ed è quindi inevitabile pensare alla prossima generazione di interpreti. Nell’edizione 2024 per la prima volta verrà organizzato un workshop per giovani direttori d’orchestra: vuole parlarne?
«Vorrei dire prima di tutto che, come nelle precedenti edizioni, ho voluto innestare un elemento di novità. L’anno scorso si è trattato dell’opera lirica in forma scenica al Teatro Russolo, quest’anno invece abbiamo scelto di percorrere la direzione della formazione, in questo caso la nuova generazione di direttori: per la prima volta abbiamo avuto un’orchestra ospite residente a Portogruaro, l’Orchestra di Padova e del Veneto. L’idea nasce da un’identità di vedute sul futuro, che condivido con Marco Angius, direttore musicale e artistico di OPV, oltre che amico con cui ho avuto il piacere di fare musica. Oggigiorno, per diversi motivi anche di carattere economico, i giovani non hanno la possibilità di lavorare a stretto contatto con un’orchestra sinfonica nella realtà dei Conservatori. Prevedendo in questo Workshop anche dei seminari teorici, abbiamo pensato proprio di passare dalla teoria alla pratica e di permettere ai giovani di confrontarsi con dei musicisti professionisti».
In cosa consiste la parte pratica?
«Abbiamo previsto un concerto in cui i direttori si avvicendano sul podio nella direzione di due Sinfonie di Beethoven, la Quarta e la Settima. È un’iniziativa che ci piacerebbe rendere stabile e che possa integrare e completare l’offerta formativa delle Masterclass che da quarant’anni costituiscono uno dei cuori pulsanti del Festival di Portogruaro. In questo caso possiamo vedere proprio come le due componenti, quella formativa e quella concertistica in questo Workshop effettivamente coincidano».
Parlando di memoria, il Festival di Portogruaro non dimentica il Collegio Marconi, una delle eccellenze formative del territorio, che proprio quest’anno celebra il centenario dalla fondazione nella sua forma moderna. C’entrano anche la musica e il festival?
«Il Collegio Marconi è un’istituzione di grande importanza storico-culturale per Portogruaro, che da più di 300 anni continua una tradizione di promozione umana rivolta al territorio, attraverso una qualificata presenza scolastica e accademica e una variegata rete di servizi e di attività. Questo luogo ha davvero impresso un’impronta decisiva nello sviluppo culturale della nostra città. In tutte le epoche personalità insigni vi hanno lasciato una traccia del loro passaggio, a partire dal grande librettista e poeta Lorenzo Da Ponte, che qui compì gli studi teologici e fu ordinato sacerdote. Per una singolare coincidenza quest’anno ricorrono molteplici anniversari che riguardano la vita di questo Istituto e per quanto riguarda il Festival, ad esempio, sono trascorsi 40 anni dal primo concerto del Festival tenuto presso il Collegio (24 agosto 1984, Chiesa di S. Luigi) e 30 anni dallo storico concerto diretto dal Maestro Giuseppe Sinopoli nel Chiostro del Collegio (22 agosto 1994)».
Quali iniziative ha messo in cantiere per questa celebrazione?
«In omaggio alla missione formativa del Collegio Marconi abbiamo pensato a un concerto che veda come protagonisti musicisti della nuova generazione: sarà con noi l’Orchestra Senzaspine, formazione composta da musicisti under 35 che in undici anni di vita ha rivoluzionato la percezione comune della musica classica, creando importanti percorsi sull'accessibilità e sull'inclusività nelle sfere musicali, artistiche e socio-culturali. Accanto a loro in veste di solista il violinista Giuseppe Gibboni, primo premio al Concorso Paganini 2021, a soli 23 anni uno dei musicisti più rappresentativi della sua generazione e astro nascente del violinismo internazionale, che fra l’altro sarà il destinatario del Premio Santa Margherita “Nuove Carriere” 2024, pensato a sostegno di un giovane concertista del Festival che si sia distinto per capacità e talento a livello internazionale, in accordo con la dimensione di scoperta, innovazione e di determinazione che fanno parte dell’azienda fin dai suoi albori».
Da sempre il Festival di Portogruaro è un palcoscenico privilegiato per i nuovi talenti: vuol fare qualche nome a suo avviso destinato a un grande futuro ospitato nella prossima edizione del festival?
«È difficile fare un nome perché molti sono i musicisti passati attraverso l’esperienza delle nostre Masterclass. Penso, in particolare, ai corsi di musica da camera, sono molti i ragazzi che hanno poi consolidato la loro esperienza di studenti trasformandola in formazione stabile, ad esempio il Trio Chagall. È bello come li abbiamo visti maturare, crescere suonando insieme, e oggi essere protagonisti della scena musicale ed essere capace di distinguersi, di dire qualcosa, nonostante la giovanissima età. Un nome che invece voglio fare tra i solisti è quello della giovane pianista Chiara Bleve».
Ovviamente tutti i concerti sono imperdibili, ma alcuni più di altri: a suo avviso, quali sono i momenti forti del prossimo festival?
«Segnalerei probabilmente il primo e l’ultimo, l’inizio e la fine: il Concerto di inaugurazione con la presenza dell’Orchestra della Svizzera italiana per la prima volta a Portogruaro, e del grande violinista Sergej Krylov, in veste di solista e direttore. Poi l’acclamato ritorno di Donato Renzetti alla testa dell’Orchestra della Toscana nel concerto di chiusura. Così l’ORT rinnova un’amicizia pluriennale con il Festival di Portogruaro, e che a livello nazionale è certamente tra le realtà sinfoniche di maggiore prestigio».