Helado Negro e l’arte di oscillare

Phasor è il nuovo lavoro del “gelataio” statunitense Robert Carlos Lange, alias Helado Negro

Helado Negro
Disco
pop
Helado Negro
Phasor
4AD
2024

Non è un mistero che abbiamo un debole per Helado Negro, alias Roberto Carlos Lange: 43enne artista statunitense di origine ecuadoriana. Da cosa dipende? Il modo surreale con cui plasma la materia musicale, probabilmente.

– Leggi anche: Helado Negro: gelatino pop

Ne è conferma Phasor, suo ottavo album in carriera, secondo targato 4AD dopo Far In del 2021.

Cominciamo dal titolo, termine riferito in elettrotecnica al numero complesso rappresentante una specifica onda sinusoidale: amalgama di “fase” e “vettore”. Spiega l’interessato a proposito: «Non facciamo altro che oscillare: partner, amici, persone, musica, film, animali… Oscilliamo sempre a frequenze diverse, a volte in fase o fuori fase con il mondo».

Porta d’accesso al disco è “LFO”, acronimo che non riguarda il classico Low Frequency Oscillator impiegato nei circuiti dei sintetizzatori, bensì – afferma il Gelataio – l’improbabile incontro fra Lupe Lopez (misconosciuta tecnica messicana implicata nell’assemblaggio di alcuni amplificatori Fender durante gli anni Cinquanta) e Pauline Oliveros (riverita icona dell’avant-garde): “Lupe Finds Oliveros”, appunto.

Sembra un rompicapo, al contrario del brano, che scorre fluido dentro un groove dal gusto psichedelico, dispensando indicazioni da training autogeno: “Dimenticando il mio corpo, sparisco facilmente, brucio il silenzio, universo zen istantaneo e so chi sono!”.

Il testo è qui in lingua spagnola, come avviene in altri tre episodi. Ad esempio “Colores del Mar”, su ritmo latino e orchestrazione vagamente jazz, dice: “Non voglio che mi cerchiate, voglio solo scomparire”.

Ecco poi “Flores”, ballata impressionistica in memoria dell’amica Jaimie Branch: “Il rossetto trascina il mio pianeta, seguo la tua eco”.

E infine, all’epilogo, in sospensione ambient, arriva “Es una Fantasía”: “Dimmi ancora dove vuoi andare, girerò i mondi per essere lì”.

Il canovaccio di Phasor era stato abbozzato da Lange utilizzando la Sal-Mar Construction: apparecchiatura architettata dal compositore italo-americano Salvatore Martirano presso la University of Illinois agli albori del suono sintetico. Di quella primordiale trama elettronica si percepisce il riverbero nella pulsazione artificiale che guida l’incantevole “Wish You Could Be Here” (“Le strade sono inondate dal tuo amore, le auto scorrono come fango, il sole è appena sotto le nuvole”), oppure tra le pieghe dell’arrangiamento di “Out There”, vaporosa squisitezza affine – anche nel timbro della voce – al migliore Arthur Russell, e nelle impercettibili interferenze mimetizzate nell’indolenza esotica di “I Just Want to Wake Up With You” (“Tutto quel che voglio è sentirti pronunciare di nuovo il mio nome”).

Da analoghe vibrazioni è pervasa “Echo Tricks Me”, bossa nova in chiave astrattista e tuttavia rinfrancante (“La grazia e la misericordia ti guariranno”), mentre con andatura ciondolante e consistenza gommosa “Best For You and Me” (“Quel che è meglio per me e per te è completamente sbagliato”) svetta quale apice pop dell’intera raccolta.

Che effetto fa dunque Phasor? Trasporta l’ascoltatore in altrove imprecisato: una strana zona di beatitudine. Mutuando una suggestione espressa dall’autore: “È musica per vedere la tua aura e viverci dentro”. Buon viaggio…

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