Swans, l’estremismo spirituale di Michael Gira

The Beggar è l’imponente album nuovo della band statunitense

The beggar
Disco
pop
Swans
The Beggar
Mute
2023

Gli Swans celebrano il proprio quarantennale con The Beggar, sedicesimo capitolo ufficiale di una saga discografica scandita in fasi differenti e varie configurazioni dal mutevole umore creativo di Michael Gira.

– Leggi anche: Swans, il canto dei Cigni

L’album è stato realizzato seguendo una procedura di fundraising divenuta ultimamente consuetudine per il gruppo: un disco in tiratura limitata – Is There Really a Mind?, pubblicato nel febbraio 2022 – contenente i provini dei pezzi nuovi in forma essenziale, utilizzandone poi il ricavato per finanziare l’opera compiuta, registrata in studio a Berlino da una formazione in cui – accanto ai fedelissimi Kristof Hahn, Christopher Pravdica e Phil Puleo – figura anche l’asso australiano Ben Frost.

La stazza del lavoro è monumentale, nell’ordine delle due ore, sulla falsariga di The Seer (2012) e To Be Kind (2014), apici del repertorio recente, rispetto ai quali – tuttavia – il tono è meno cataclismatico, a tratti affine piuttosto al folk visionario praticato dal capobanda nel progetto Angels Of Light.

Esemplari in quel senso sono “Ebbing”, valzer elegiaco introdotto da un’immagine inquietante (“Sotto cieli sulfurei, le maree ubriache ci risucchieranno, dispiegandosi, ma senza respirare”) e “Unforming”, mesta ballata dall’arredo cameristico dove s’invoca “libertà dalla paura”.

Se in precedenza Gira aveva aizzato i Cigni al furore rumorista, giunto ormai alla soglia dei 70 anni, che compirà il prossimo 19 febbraio, persegue una sorta di estremismo spirituale. Ecco dunque l’eloquente filastrocca autoreferenziale “Michael Is Dead” (“Quando Michael non ci sarà più, arriverà un altro, quando l’altro sarà arrivato, allora Michael avrà finito”), oppure l’ipnotico mantra intonato in “Paradise Is Mine”, gospel profano al cui culmine il protagonista si domanda: “Sono pronto a morire?”.

Interrogato da “Glide Magazine” sul movente dell’impresa, ha spiegato: «Un’acuta consapevolezza della morte, la sensazione che infonde a ogni respiro nei polmoni, è a mio parere il modo più sano di vivere».

È perciò musica da fine dei tempi, quella di The Beggar: dall’iniziale “The Parasite” (“Ora i continenti si stanno spostando, dal futuro al passato, più ci si addentra nello spazio, più si va verso il basso”) al furioso Armageddon conclusivo di “The Memorious” (“Sotto il cielo, tutte le creature si alzano con le braccia congiunte, i vivi, i morti, nella materia, nella mente, simultaneamente”), raggiungendo l’apogeo drammaturgico nel distruttivo editto enunciato in “Los Angeles: City of Death” (“Succhiare i colori dalla radice del frutto sifilitico, appiattire questa terra, spargere la sabbia, bruciare ogni albero, bruciare tutti i libri, polverizzare le rovine della città”).

A incupire lo sguardo ha contribuito ovviamente l’esperienza paranoica della pandemia, dentro la quale è maturato l’album, benché – presentandolo – l’autore abbia affermato: «La sensazione era simile al momento in cui, nel Mago di Oz, il film passa dal bianco e nero al colore. Adesso mi sento abbastanza ottimista. Il mio colore preferito è il rosa”».

Cosicché un po’ di luce filtra, qui e là: accade in “No More of This”, che suona come quiete dopo la tempesta in coda al brano dal quale prende titolo la raccolta. A costituirne il fulcro è però il consanguineo “The Beggar Lover (Three)”: tour de force protratto con slancio sinfonico per quasi tre quarti d’ora (record assoluto di durata in una carriera già in sé refrattaria alla concisione) tra fiati da giorno del giudizio, scampanii sinistri, scricchiolii spettrali, sintetizzatori catacombali, rullare di timpani e flusso di coscienza verbalizzato da Gira e dalla sua compagna Jennifer.

Non esattamente un “facile ascolto”. Chissà se verrà proposto pure dal vivo: per verificarlo, in Italia bisognerà attendere novembre, quando la band statunitense si esibirà venerdì 10 all’auditorium San Domenico di Foligno e sabato 11 al conservatorio di Milano.

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