Kentridge all'opera
Madrid: Sybil sperimenta più linguaggi
Viene chiamata “opera” e, con tutto quello che si dibatte oggi - su cosa sia, quali siano i suoi destini e possibili sviluppi - un lavoro come Waiting for the Sybil, dell’artista sudafricano William Kentridge, andato in scena al Teatro Canal di Madrid, si presenta come un nuovo tassello di un universo di ricerche e sperimentazioni che si stanno costantemente elaborando su tutto ciò che è teatro con musica. Prodotto nel 2019 dal Teatro dell’Opera di Roma (assieme al Royal Dramatic Theater di Svezia e i Théatres de la Ville de Luxembourg) ha debuttato in Spagna a Madrid, proseguendo una sua tournée attraverso numerosi palcoscenici della scena teatrale mondiale.
Lo spettacolo si articola in due momenti nettamente distinti ma che condividono lo stesso impulso espressivo e contenutistico, incentrati su aspetti che condensano sensazioni, immagini, evocazioni sonore di tutta un’epopea: quella di un Sudafrica attraversato e uscito dall’apartheid. Una prima parte, The moment has gone, sicuramente più scarna ed essenziale, si sviluppa con la proiezione di un filmato, sottolineato dalla musica eseguita dal compositore Kyle Shephered al piano e da un quartetto vocale, coordinato da Nhlanhla Mahlangu (che tra l’altro ha curato e composto assieme a Shephered tutto l’impianto musicale dell’opera): nel corto si vede lo stesso Kentridge apprestarsi ad elaborare un piano di disegni animati a carboncino che in seguito si snodano sul continuum musicale. L’approccio di Shephered ricorda a tratti quello di un Keith Jarret degli inizi; quindi negli impattanti e suggestivi momenti vocali gli echi del canto africano si mescolano ad evocazioni ed armonie che ricordano quelle degli spirituals e dei gospel.
Nella seconda parte si sviluppa un’articolata performance teatrale, fatta di danza, azione scenica densa di movimenti, canto solistico e a cappella, parti pianistiche, proiezioni di animazioni, di sculture rotanti... Il tema del mito della Sibilla e delle sue premonizioni, scritte su foglie di quercia, per poi essere disperse dal vento, si proietta nel presente, con un palcoscenico cosparso da un’infinità di fogli, che volano di qua e di là, mentre una macchina da scrivere continua incessante a battere sentenze: un senso diffuso di incertezza pervade la narrazione. Alcune sedie, mosse da un sistema di cavi, cadono, si smontano e vengono ricomposte, mentre prosegue inarrestabile la danza frenetica di una ballerina; si avverte diffuso il senso di tensione verso il futuro, mescolato ad un disarmante senso di insicurezza verso un nuovo universo, in cui anche il dio degli africani è morto ed infatti, ad un certo punto, sullo sfondo spicca ossessiva una sentenza, che viene ripetuta ossessivamente:“Il paradiso parla una lingua straniera”.
Sybil: ‘Opera’ la cui ‘trama’ è fatta di elementi disgregati che si affastellano, di richiami, di evocazioni; si caratterizza come performance artistico/teatrale, che affonda i suoi fondamenti nell’estetica concettuale, che tuttavia non si coniuga in una veste musicale altrettanto ‘sperimentale’. La forza del suo impatto sta propriamente in questa commistione di un linguaggio avanguardistico con la forza ‘patogenica’ di un canto africano trasmesso con tutte le varianti espressive e comunicative che le appartengono, senza orpelli folklorici prevedibili e di maniera. Intensa e di livello la prestazione di tutti gli interpreti sul palco, compreso l’autore delle musiche Nhlanhla Mahlagu, che cantano, danzano e si muovono sul palco in perfetta coordinazione, con colori vocali dai timbri ora caldi ora intensamente striduli ed una danzatrice/cantante che non si è risparmiata un attimo! Di conseguenza i consensi del pubblico madrileno sono stati Calorosissimi e sentiti.
WILLIAM KENTRIDGE
Música de NHLANHLA MAHLANGU y KYLE SHEPHERD
I. The Moment Has Gone
II. Waiting For The Sibyl
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