Il futuro incerto della English National Opera
Dopo stagioni di pesanti tagli ai finanziamenti, il secondo teatro lirico londinese prova a ripartire con un modello di gestione diverso, ma le difficoltà sono molte
La English National Opera (ENO) potrà continuare a esistere a patto di rivedere profondamente il proprio modello gestionale con il trasferimento della propria sede principale fuori Londra, anche se il Coliseum, la storica sala a due passi da Trafalgar Square, resterà di proprietà e continuerà ad essere gestito dalla seconda organizzazione lirica della capitale britannica come luogo di spettacoli d’opera.
È questa la sostanza dell’accordo raggiunto dall’ENO con l’Arts Council England (ACE), che sarebbe pronto a mettere sul piatto fino a 24 milioni di sterline (circa 27,5 milioni di euro) per le prossime due stagioni per garantire la sopravvivenza dell’organizzazione e consentire l’avvio del nuovo modello gestionale. L’accordo è stato raggiunto dopo il taglio del 100% subito dall’ENO nell'ultima tornata di finanziamenti dell’ACE, che ha imposto alle attività operistiche i tagli più pesanti fra le forme d’arte finanziate dal settore pubblico. Il finanziamento, tuttavia, non è affatto scontato, ma verrà deciso nella prossima estate a fronte dei piani di sviluppo che la direzione dell’ENO dovrà presentare nelle prossime settimane.
Sono in molti tuttavia a esprimere insoddisfazione poiché lo stanziamento complessivo è inferiore ai finanziamenti che l’ENO riceveva come istituzione culturale di interesse nazionale, confrontando cioè i 35,46 milioni di sterline (sommando ai 24 promessi gli 11,46 ricevuti in questa stagione) per tre anni con i 37,8 milioni di sterline che avrebbe dovuto ricevere se avesse mantenuto il suo status giuridico precedente. E pur accogliendo favorevolmente l’accordo, i sindacati sottolineano come si tratti di un “taglio significativo in termini reali ai finanziamenti regolari dell’ENO”, che viene stimato intorno al 24% in termini reali rispetto ai prezzi del 2015 per tacere dell’attuale contesto di inflazione elevata (negli ultimi mesi poco sotto al 10%) e dei costi difficilmente calcolabili dovuti al trasferimento nella nuova sede. Come sostiene il sindacato Equity, infatti, il finanziamento “concesso a condizione che la compagnia sviluppi una base primaria al di fuori di Londra, comporterà un costo enorme per la sua forza lavoro”. Un sondaggio condotto dal sindacato fra i membri del coro dell’ENO, infatti, indica che più di due terzi degli intervistati hanno dichiarato che sarebbero costretti ad abbandonare la professione se l’organizzazione dovesse lasciare la storica sede londinese. Equity ha quindi dichiarato che “continuerà a lottare per un modello di finanziamento che protegga la forza lavoro freelance e permanente con sede al London Coliseum, che ha costruito la propria vita e la propria sopravvivenza sul lavoro svolto a Londra”. Secondo Equity, “l’ENO e la sua forza lavoro hanno dimostrato un enorme successo nel portare l’opera a nuovi spettatori e nel rendere l’opera di livello mondiale accessibile a tutti” e quindi sottolinea come “il finanziamento pubblico dell’opera in tutto il Regno Unito non dovrebbe avvenire a spese della classe operaia londinese o dei lavoratori di Equity a Londra”.
Che basti l’accordo siglato a garantire la sopravvivenza dell’ENO dopo stagioni di brutali tagli ai finanziamenti non è affatto scontato. Con i sindacati sul piede di guerra (“la nostra lotta continuerà” dicono) e in assenza, per ora, di una chiara strategia di sviluppo dell’attività anche al di fuori dalla capitale, il futuro dell’ENO si prospetta quanto mai incerto.
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