Abbiamo ascoltato in anteprima le 28 canzoni del Festival di Sanremo 2023. In attesa delle serate dell’Ariston (e delle pagelle ufficiali), ecco le prime impressioni del nostro Jacopo Tomatis. Qui, qui e qui trovate le pagelle dell’anno scorso, per cominciare a ripassare.
In un gelido Blue Monday di nebbia, in cui la periferia di Milano raggiunge un livello di tristezza che solo la periferia di Milano sembra poter mai raggiungere, nel bar dove mi scaldo in attesa che venga l’ora di entrare la playlist del barista snocciola una “Vattene amore” – così, senza preavviso. La prendo come un segno, spero fausto: è la prima volta che partecipo ai preascolti delle canzoni di Sanremo, che la Rai organizza per i giornalisti accreditati.
Se vi siete mai chiesti come funzionano (io sì, diverse volte): si sta tutti seduti in uno studio, al centro c’è la postazione di un DJ che manda i pezzi. Al suo fianco c’è Amadeus preso bene che annuncia le canzoni. È così genuinamente preso bene che molte le canticchia pure, o ne mima i passaggi più importanti con le mani. In fondo, lui le ascolta da mesi ed è la prima volta che le può far sentire agli altri.
Per il resto, c’è poco tempo per riflettere (e per guardare Amadeus che canticchia). Le canzoni in gara a Sanremo sono 28 (ventotto) e già ad ascoltarle così una di fila all’altra, senza ospiti, sponsor e siparietti faceti, volano via un paio d’ore. Si preannuncia una settimana di privazione del sonno.
(In verità: dovevano essere trenta ma – lo ha ammesso lo stesso Amadeus nella conferenza stampa a seguire – si è sentito in colpa e ne ha tolte due all’ultimo, alzando però a sei le proposte dei giovani; dopo averle ascoltate, francamente, potevamo andare a dormire mezz’ora prima).
La prima impressione è quella che conta? Solo in parte. Mancano ovviamente la performance, il fattore live (che ha affossato negli anni buone canzoni, e distratto l’attenzione da canzoni mediocri) e la famigerata orchestra, che come la panna insaporisce ma spesso spiana ogni sfumatura di produzione appena appena meno convenzionale…
Come sempre, è difficile trovare un minimo comune denominatore comune dei brani in gara. Ci sono cose molto diverse, con grande attenzione alla produzione di oggi e qualche sondaggio mirato nel passato, come è stata la cifra dei Sanremo di Amadeus (e in parte anche di quelli di Baglioni prima).
Un dato che spicca è la grande quantità di brani intimisti, tristi e – diciamolo senza timore – deprimenti.
Un dato che spicca è la grande quantità di brani intimisti, tristi e – diciamolo senza timore – deprimenti. Abbondano i ritornelli in minore, o le aperture dei brani che non aprono veramente e anzi si “svuotano” nella parte cantabile. Anche molti giovani di area rap/pop hanno scelto di puntare su una ballatona invece che su un pezzo veloce. Allo stesso tempo, chi ha scelto di far ballare ha puntato spesso sugli anni novanta, e in mezzo a tutte queste palate di tristezza potrebbe avere buon gioco a farsi ricordare.
Dunque, senza possibilità di un secondo ascolto o di riflettere troppo, e pronto a rivedere i voti dopo le esibizioni delle serate del Festival, via all’anteprima.
Gianluca Grignani, “Quando ti manca il fiato”
Si parte subito con un pezzo da novanta, ideale per migliorare l’umore nel gelo di un lunedì nebbioso: l’atteso ritorno di Gianluca Grignani con una canzone in cui parla della morte del padre. “Quanto ti manca il fiato” fa più o meno quello che ci si aspetta: inizio intimo, testo che mena un po’ il can per l’aia (una telefonata al padre, presagi di morte etc. etc.) per poi esplodere in una coda rocchettusa in cui Grignani si aggirerà sul palco dell’Ariston come un Vasco (più) allucinato maneggiando un’asta microfonica, probabilmente di quelle dritte.
La citazione: «Ciao papà, addio papà».
VOTO 5.5
«Ciao papà, addio papà».
Colapesce e Dimartino, “Splash”
Colapesce e Dimartino in duo hanno ormai una loro cifra ben riconoscibile, e perché cambiarla visto il successo? “Splash” è un buon pezzo a tinte sbiadite da polaroid, che come già in “Musica leggerissima” galleggia da qualche parte tra il Battisti epoca “Una giornata uggiosa”, i Matia Bazar e qualcosa di quella canzone italiana raffinata da domenica pomeriggio Rai tardi settanta / primi ottanta. Non si inventa nulla, ma il brano è bello.
La citazione (che è anche la citazione top fra tutti i testi in gara): «Ma che mare, ma che mare / come stronzi a galleggiare».
VOTO 7.
«Ma che mare, ma che mare / come stronzi a galleggiare».
Articolo 31, “Un bel viaggio”
Premio autoreferenzialità per gli Articolo 31, che fanno un pezzo di nostalgia (auto)motivazionale sulla loro carriera, che sembra in realtà una cover degli 883 (alla fine è molto facile immaginarsi J-AX e DJ Jad che finiscono in un autogrill a mangiare un Camogli dopo aver perso la festa). Nella sfiga che un po’ aleggia su tutta l’operazione, a un certo punto c’è pure uno scratch, che è la cosa più boomer che si poteva mettere in quel punto della canzone.
La citazione: «Siamo stati due coglioni / infatti funzioniamo in coppia».
VOTO 883
«Siamo stati due coglioni / infatti funzioniamo in coppia».
gIANMARIA, “Mostro”
Con la classica strofa ansimata/biascicata marchio di fabbrica del pop/rap italiano anni 2020, gIANMARIA si colloca su quella linea che partendo da Vasco arriva ad Achille Lauro e poi, senza una vera ragione, devia verso Sangiovanni e Tananai. Ritornello a base di cassa in quattro e minore. Brano abbastanza brutto.
VOTO 4.
Anna Oxa, “Sali”
Visto il testo un po’ mistico firmato da Francesco Bianconi e Kaballà, e la musica di una vecchia volpe come Fio Zanotti, ci si poteva aspettare qualcosa di più. Molto si capirà nel live, immagino: “Sali” è chiaramente costruita per far venire fuori la bella voce nel ritornello, dopo la classica introduzione interlocutoria. Per ora però la canzone che dovrebbe rilanciare la carriera di Anna Oxa rimane un grande mah.
La citazione: «Sali donna, sali e resuscita».
VOTO: Rimandata.
«Sali donna, sali e resuscita»
Mr. Rain, “Supereroi”
E già qui nella mia memoria Mr. Rain e gIANMARIA cominciano a sovrapporsi e elidersi a vicenda. Ricordo solo che Mr. Rain ha una dizione migliore (ma non è che ci vada molto). La canzone paragona, con idea originale, una coppia di innamorati a due supereroi, in grado di superare ogni difficoltà.
La citazione: «Supereroi, come io e te».
VOTO: gIANMARIA
Rosa Chemical, “Made in Italy”
Era chiaro già al momento dell’annuncio del cast che Rosa Chemical avrebbe coperto la “quota Achille Lauro” (con riferimento in particolare al Lauro periodo revival anni Novanta). Lo fa, c’è da dire, molto bene: il pezzo, per quanto non originalissimo, è comunque divertente e ha un paio di belle trovate nel testo (si apre con un sonoro «Damn!», e poi passa a citare Vasco e Celentano – che rima naturalmente con “italiano”). Nella quantità di pezzi deprimenti, è facile prevedere che avrà molto successo.
La citazione: «Ti piace che sono perverso / e non mi giudichi se metterò il rossetto / in ufficio il lunedì».
VOTO 7.5.
«Ti piace che sono perverso / e non mi giudichi se metterò il rossetto / in ufficio il lunedì».
Giorgia, “Parole dette male”
In apertura il piano elettrico jazzy con timbro primi novanta sembra già gridare «noia!», ma poi Giorgia sa spiazzare non facendo la giorgiata che tutti si aspetterebbero per la sua rentrée sanremese. Il ritornello in tono dimesso, ad esempio, è quasi controintuitivo e non convincerà molti al primo ascolto. “Parole dette male” è però un pezzo pop ben confezionato, sanremese sì ma nel segno di una grande raffinatezza, e senza effetti facili.
VOTO 7.
LDA, “Se poi domani”
Il figlio di Gigi D’Alessio propone una ballad d’amore un po’ cantilenosa, con tanto di salto di tono finale. Sembra comunque avere una sua logica (e probabilmente avrà un suo pubblico).
La citazione: «Oh oh, dimmi che mi ami»
VOTO 6-.
«Oh oh, dimmi che mi ami»
Lazza, “Cenere”
“Cenere” parte con un campione stretchato di sapore un po’ soul, intrigante. Ma poi il pezzo sembra perdersi fra dance anni novanta e un filo di AutoTune, e Lazza – come spesso capita ai rapper a Sanremo – non riesce a uscirne al meglio delle sue possibilità.
La citazione: «Ormai nemmeno facciamo l’amore / direi piuttosto che facciamo l’odio»
VOTO 5.
«Ormai nemmeno facciamo l’amore / direi piuttosto che facciamo l’odio».
Ariete, “Mare di guai”
La presenza di Calcutta come coautore, così come quella nella prima strofa di piatti sporchi in cucina e di una foto sotto il cuscino ci chiarisce come Ariete si collochi nella linea di quel neorealismo it-pop che speravano ormai morto. In realtà, al netto dei cliché (che abbondano) il brano non è affatto da buttare, e sembra destinato a crescere con gli ascolti.
VOTO: 6 per ora.
Sethu, “Cause perse”
In un mare di canzoni deprimenti e lente, che un brano un po’ più allegro arrivi da un rapper savonese potrebbe stupire i detrattori del solare popolo ligure. Sethu ci mette energia e una ritmica rock (ancora, dalle parti di Achille Lauro, che ha sempre più evidentemente segnato la strada a Sanremo negli anni venti). Poi, sì: c’è un po’ il solito flow che abbiamo sentito già in diversi brani di questo filone, ma “Cause perse” potrebbe essere una sorpresa.
VOTO: 6+
Tananai, “Tango”
«Non c’è un amore senza una ragazza che piange», ci ricorda Tananai, che l’anno scorso a Sanremo parlava di “Sesso occasionale” e che questa volta, a sorpresa, punta su una ballaton con archi a distesa e vari grignaneggiamenti, più una punta di contemporaneità nei testi. Mah.
La citazione: «Eravamo da me. abbiamo messo i Police / era bello finché ha bussato la police».
VOTO 4.5.
«Non c’è un amore senza una ragazza che piange».
Levante, “Vivo”
Il brano di Levante comincia in un registro basso e con un cantato poco intellegibile (poi, si sa, Levante non è nota per la sua dizione ineccepibile). Già ci si attende l’apertura, che infatti – scontata come una canzone di Ultimo – arriva. A sorpresa, non è poi così male: un po’ alla Battiato, se sviluppasse l’idea melodica. Andrà alla grande in radio.
VOTO 6.
Leo Gassman, “Terzo cuore”
Una intro di chitarra elettrica clean apre “Terzo cuore” di Leo Gassman, che confeziona una canzone molto sanremese ma non priva di idee interessanti, specie nello sviluppo melodico. Il brano che Renga cerca di fare da anni senza riuscirci, per capirci. Da risentire, ma potrebbe andare bene.
VOTO 6+.
Modà, “Lasciami”
Un brano dei Modà che parla di salute mentale e che suona un po’ come un brano delle Vibrazioni. Fin dove si può spingere l’orrore umano, si chiederanno i lettori?
VOTO 3.
«Lasciami».
Marco Mengoni, “Due vite”
Si possono dire molte cose di Mengoni, ma sa perfettamente come gestire un brano pop. Dove gli altri piazzano una strofa interlocutoria per puntare tutto sul ritornello, lui costruisce un climax con una strofa densissima… e a sorpresa, nell’apertura dimezza il tempo invece di esplodere verso l’altro. Sanremese, sì, ma nel modo giusto. Può vincere.
VOTO 7.
Shari, “Egoista”
Pur con Salmo tra gli autori (Shari appartiene alla sua scuderia), “Egoista” non si distacca dai molti brani rap-pop che imperversano quest’anno a Sanremo, con una punta di Madame nel flow. Shari canta con voce supercompressa e con il classico effetto “patata in bocca” che va molto alla moda fra le voci femminili in certi ambiti. Dal vivo può esplodere, o finire nella mediocrità. Per ora, non mi pare un brano memorabile.
VOTO 5.
Paola e Chiara, “Furore”.
L’aspettativa – lo ammetto – c’era, e Paola e Chiara non la deludono. A partire dal titolo, che ovviamente evoca più la mitica trasmissione di Alessandro Greco che non il romanzo di Steinbeck: tra archi di sapore disco e un po’ di house anni novanta, siamo in effetti dalle parti di una sigla Rai di quel periodo… ma anche qui il ritornello suona vagamente malinconico, da fine dell’estate (per quanto si appoggi su una cassa dritta). Poteva mancare la modulazione finale? Ovviamente no. Perfetta in playlist dopo la canzone di Colapesce e Dimartino, di cui sembra una specie di b-side tamarra.
La citazione: «In questa notte di sole / furore furore»
VOTO 7.
«In questa notte di sole / furore furore».
Cugini di campagna, “Lettera 22”
Scritto dalla Rappresentante di lista, il brano dei Cugini di campagna sembra incredibilmente un brano dei Pooh. Ma non un qualunque brano dei Pooh: proprio uno specifico brano dei Pooh che non sono riuscito a identificare. Un po’ vintage, un po’ malinconico, un po’ cassa dritta (è l’anno di questo accostamento, pare). Chi si aspettava una risposta camp ai Maneskin resterà deluso. O forse no. Forse il messaggio è che il vero rock italiano sono i Pooh. Io sono d’accordo, e promuovo il pezzo senza ripensamenti.
VOTO 7.5.
Olly, “Polvere”
Dalla “Cenere” di Lazza alla “Polvere” di Olly, che cosa resterà di tutto questo pop-rap (o rap-pop)? Forse poco. Qui si fa ricordare appena il finalone epico, che dal vivo potrebbe rendere bene.
VOTO 5.5.
Ultimo, “Alba”
Una introduzione di pianoforte come un Venditti (più) coatto, in un registro troppo basso. Un testo genericamente motivazionale, che a un certo punto si incazza e sale verso l’alto. Insomma, un altro pezzo di Ultimo.
VOTO 3.
Madame, “Nel bene e nel male”
Madame (che sarà al festival nonostante le polemiche, ha detto Amadeus) è considerata una delle autrici più interessanti della sua generazione, in parte a ragione. Di certo, ha un suo stile ben riconoscibile – forse anche troppo riconoscibile, ad esempio nel flow sincopato e un po’ “frantumato” che si ritrova anche qui (e che in molti imitano, anche negli altri brani in gara, senza saperlo fare altrettanto bene). “Il bene nel male” è comunque tutto fuorché un pezzo banale, per quanto non si distanzi troppo dal modello di “Marea”. Il testo è bello denso e richiederà un ascolto attento, la produzione elettronica è molto bella. Cassa in quattro, ma a tempo moderato.
VOTO 7.
Will, “Stupido”
Una canzone su una storia finita cantata un po’ alla maniera di San Giovanni. Passati i venti pezzi in gara è dura ricordarsi qualcosa di più su una roba del genere. Nulla di personale, Will.
VOTO ?.
Mara Sattei, “2000 minuti”
Vista la presenza fra gli autori di Tha Supreme (fratello di Mara Sattei, che aveva prestato la voce alla sua bellissima “M12ano”) mi aspettavo qualcosa di più. Invece l’elemento “urban” pare limitato a qualche vocalizzo con Auto Tune all’inizio. Anche Damiano David (dei Maneskin) come secondo autore non sembra dare molto al pezzo, che rimane una piano ballad piuttosto convenzionale, con un ritornello malinconico (che, come avrete capito, è la wave del 2023).
VOTO 5.5.
Colla zio, “Non mi va”
Mancava fino a questo punto la quota “band indie simpatica”, e la reclamano i milanesi Colla zio, che qui paiono una specie di Pinguini tattici nucleari un po’ più funk-rap. Niente di che strapparsi i capelli, ma anche in questo caso il raro pezzo divertente alleggerirà il clima, e andrà bene dal vivo all’Ariston.
La citazione: «Sei la fine ad Est / Piazza Tienanmen».
VOTO 6.
«Sei la fine ad Est / Piazza Tienanmen»
Coma_cose, “L’addio”
I Coma_cose sono stati una band interessante, l’impressione è che non lo siano più e che non sia chiara la direzione in cui stanno andando. “L’addio” sembra un pezzo di Coez, che gira su un loop di accordi sempre uguale e che punta su un mood un po’ malinconico.
La citazione: «E comunque andrà / l’addio non è una possibilità»
VOTO 5.
«E comunque andrà / l’addio non è una possibilità»
Elodie, “Due”
Con una produzione elettronica per nulla banale, infarcita di stop and go e di bei suoni, “Due” si candida seriamente a vincere il Festival di Sanremo. Anche perché Elodie non sta sbagliando un colpo, e qui piazza uno hook ben memorizzabile che ripete varie volte fino a farcelo entrare in testa («Per me le cose sono due / lacrime mie o lacrime tue»).
VOTO 7.