Novara Jazz, la ricerca e la festa

Si è chiuso con l'Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp Novara Jazz 2022, che conferma il festival tra le migliori realtà nazionali

Novara Jazz (foto Emanuele Meschini)
Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp (foto Emanuele Meschini)
Recensione
jazz
Novara
Novara Jazz 2022
02 Giugno 2022 - 12 Giugno 2022

Del Novara Jazz di quest’anno – che si è chiuso ieri sera con una grande festa nel Cortile del Broletto, celebrante l’irresistibile Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp – sono riuscito a vedere l’apertura con la produzione originale e, appunto, la festa finale.

È forse poco per trarre un bilancio approfondito ma lo spunto è comunque valido, perché racconta bene della formula-Novara, affinata in ormai 19 anni di lavoro sul territorio e che riesce, come pochi altri festival riescono, a tenere insieme la dimensione della ricerca musicale, con concerti e prime assolute che molti definirebbero “difficili”, e quella più propriamente festiva, dello stare insieme ascoltando musica.

Da un lato, appunto, c’è l’attenzione alle produzioni originali, curate da qualche anno da Enrico Bettinello. La formula è quella della residenza: si prendono musicisti che non hanno mai lavorato insieme ma che il curatore ritiene possano farlo (e farlo bene) e li si mette a fare musica nuova per una settimana. (Intendiamoci, niente di particolarmente innovativo – ma quanti in Italia hanno un appuntamento fisso del genere?). Se tutto funziona il concerto avrà un seguito, ed è spesso successo in passato: ricordiamo ad esempio, nel 2017, la prima del progetto Ghost Horse (è uscito da pochissimo il nuovo disco).

Quest’anno la scelta è caduta sulla sassofonista e cantante svedese Lysen Rylander Löve, sul vibrafonista Mirko Pedrotti e sul musicista elettronico Bienoise (alias Alberto Ricca, fondatore dell’etichetta Floating Forest). I primi due avevano già sviluppato un repertorio in coppia nel corso di una precedente residenza presso il Centro Santa Chiara di Trento (che nell’occasione co-produce) e nel corso della settimana novarese hanno avuto modo di affinarlo e portarlo in terreni diversi.

Novara Jazz
Foto Emanuele Meschini

Lo spazio che li ha ospitati è quello di Nòva, bell’esperimento di restituzione di contenitori vuoti alla cittadinanza: l’ex caserma a un passo dal centro al pomeriggio accoglie i ragazzi per i compiti, c’è una mostra fotografica, succedono altre cose mentre i musicisti lavorano. L’esito finale della performance forse ne trae anche un beneficio, in termini di informalità e leggerezza: si suona – e si ascolta – senza troppe sovrastrutture mentali. Come in molte delle migliori produzioni “giovani” che partono dall’improvvisazione e incorporano l’elettronica (oltre a Bienoise, anche Pedrotti e Löve hanno il loro set di pomelli e manopole da girare, più diversi effetti con cui processare il sax per la seconda) il “jazz” rimane il terreno condiviso, la planimetria da abitare. Per il resto vale tutto: dal vibrafono “preparato” ai glitch, a struggenti aperture alla forma canzone. L’ora di concerto vola via, di fronte a un pubblico numeroso e attentissimo.

novara jazz Lisa Rylander Löve
Lysen Rylander Löve (Foto Emanuele Meschini)

Il gioco delle produzioni funziona solo se c’è dietro una rete di persone – molte persone – in grado di gestirlo, che conosce il territorio in cui lavora e che negli anni si è costruita la giusta credibilità con amministrazioni, sponsor e varie realtà locali – dai commercianti del centro, che allestiscono le vetrine in stile “jazz” (c’è chi si sforza e chi no, ma insomma…) alla curia.

(A proposito di curia: superlativo lo spazio dei Giardini della Canonica, parco con chiostro annesso al Duomo che ha accolto nel pomeriggio di domenica il concerto del trio She’s AnalogStefano Calderano alla chitarra, Luca Sguera a piano e synth, Giovanni Iacovella a batteria e all’elettronica. Bel progetto che, di nuovo, parte dal jazz per andare da un’altra parte senza farsi troppe domande. Nei momenti più ispirati, verso un post-rock alla Gastr del Sol, o alla Dirty Three nei passaggi più lirici. Da tenere d’occhio.)

Novara Jazz
Foto Emanuele Meschini

Novara, si diceva, ha il radicamento sul territorio e la rete. Un festival è – senza stare a giocare con le etimologie – anche un momento in cui la gente si ritrova per stare insieme, per “fare festa”. Come hanno ricordato i direttori artistici Riccardo Cigolotti e Corrado Beldì in apertura dell'ultimo concerto, Novara Jazz ha sempre amato anche la musica che non si prende troppo sul serio, che si diverte e fa divertire.

Da questo punto di vista l’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp, dalla Svizzera, era la scelta giusta per il finale (confermata da un ricchissimo pubblico di sostenitori venuti da fuori città). Il loro We’re Ok But We’re Lost Anyway, uscito l’anno scorso, era fra i nostri dischi dell’anno.

Foto Emanuele Meschini
Foto Emanuele Meschini

Sul palco sono in una dozzina: due marimbe, due batterie, archi, fiati e due chitarre molto distorte e molto fricchettone. Dal vivo sono qualcosa a metà strada fra i Polyphonic Spree (per lo spettro dell’indie pop che ogni tanto li possiede) e i Konono n.1 (per il groove che imprimono ai brani), con qualcosa – negli spazi affidati agli archi – della Penguin Cafè. Il mix è intrigante, e dà conto della difficoltà di riportare l’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp (a proposito: ma che nome fantastico è per una band?) alle categorie più note. Succede, con la musica interessante.

Non si poteva che finire a ballare sotto il palco, mollando le sedie. Poi saluti finali degli organizzatori e tradizionale taglio della torta – è pur sempre una festa, no?

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