Davide Morgera è stato il batterista degli Underage, band hardcore-punk di area napoletana attiva per circa tre anni scarsi, dal 1981 al 1983; con lui Maurizio Gargiulo, Giuseppe “Pippo” Maiello e Stelvio.
In quel periodo storico, linguaggi musicali così estremi attecchivano sovente in città più grandi, ma non solo per fortuna, e la storia di Morgera è un esempio: prendeva un autobus dopo l'altro per muoversi dalla periferia, da Qualiano, per arrivare a Napoli, ma anche per andare in cerca di concerti, in particolare al Nord: Bologna, Milano, Torino...
Gli Underage restano una sorta di bella “anomalia” in una realtà culturale parecchio eterogenea, dove stili e proposte musicali si accavallavano e si mescolavano senza troppi problemi, inutile dire che una metropoli che dà i natali alla canzone con la C maiuscola, che vede crescere fermenti molto diversi tra loro come il Napoli-power, il progressive, la cosiddetta vesu-wave (Bisca, Panoramics), che passa da Renato Carosone al noise più efferato e ultra-underground di Mario Gabola, Agostino Di Scipio e via elencando, non possa che risultare caotica, viva e pure naturalmente un po' ribelle.
Considerazioni retoriche a parte – ma la retorica è sempre utile – in questo Africani Marocchini Terroni (Goodfellas Edizioni) – anche qui, quanta retorica, ma pure quanta realtà, e chi del Sud ha vissuto al Nord sa di cosa sto parlando... – è un perfetto esempio di libro-racconto dove il protagonista principale resta chi lo ha scritto.
Morgera ci narra di tante cose, delle esperienze più disparate, tutte vissute dal suo punto di vista infatti, e ci fa capire quanta passione c'era nello scrivere centinaia di lettere coi tanti amici di penna, nel cercare di mettere su una band che di fatto stentava di continuo a partire, di registrare un demo decente, di pubblicarlo e di suonare in giro (si veda l'amaro episodio di Bologna dove non riescono ad aprire per i romani Bloody Riot).
Gli Underage erano una splendida meteora, per fortuna ai tipi di Goodfellas non è sfuggita la loro breve e intensa parabola, seppur discendente, e una pubblicazione come questa, di certo dedicata ai più curiosi, e a chi in qualche maniera ne ha fatto parte o ha ricordi in proposito, può tornare utile anche per capire chi siamo ora e com'eravamo prima, prima dell’avvento spartiacque di Internet, passando per la socialità vissuta per le strade, da una cultura musicale fatta con pochi mezzi e con grande convinzione.
Morgera a tratti fa esplodere la sua personalità di batterista prorompente, e di agitatore culturale oltre che di fanzinaro, basta sentire i pezzi della band e sono certo capirete, e prova, non senza una certa difficoltà descrittiva, ma sempre con fare schietto e sincero, a dirci di quanto ci ha tenuto veramente a quest’esperienza musicale per lui davvero totalizzante. Recuperatelo.