Una fotografia è, notoriamente, qualcosa di meno e qualcosa di più di un’immagine. Di meno, perché un'immagine conservata nella memoria è un momento sciolto nel personale flusso intero dei momenti tutti, di più, perché il “frame” che circoscrive un’immagine, indipendentemente dal dato meramente tecnico (un'immagine digitale sullo schermo, una foto riprodotta su lastra di vetro, una saturata Polaroid anni settanta) ci invita, nostro malgrado, ad altri livelli di lettura. Che un ricordo non può avere, essendo di per sé la memoria “ricostruttiva”.
La riflessione serviva per introdurre il tema di questo notevole libro dell'etnomusicologo Mauro Balma, appena uscito per Nota – Edward Neill. Fra trallalero e Paganini, affascinato dai suoni nell’ombra – il cui unico punto critico, forse, è proprio nel titolo, un po’ farraginoso nel voler dare già spiegazione analitica di quanto si andrà a leggere.
Bene dunque concentrarsi sull’efficacia comunicativa della foto, scattata dallo stesso autore nell’ormai lontano 1973 in quel di Sassello, provincia di Savona.
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Edward Neill (1929-2001) alla cui amplissima e misconosciuta carriera è dedicato questo primo libro monografico, è raffigurato seduto su un divano, in giacca e maglione a collo alto, alla sinistra di una donna molto anziana, fragile e tenace, si intuisce, lo sguardo concentrato a rammentare qualcosa di lontano. Le braccia sono incrociate e chiuse: nella prossemica, ciò sta a indicare una “chiusura” a difesa, mitigata però dall’evidente tensione del voler raccontare. Indotta, quest’ultima, dall’abilità nella comunicazione del grande ricercatore di origini irlandesi e liguri: che impugna con la sinistra un microfono, e con le ginocchia regge un registratore a bobine sciolte monofonico di qualità, in funzione. Un sorriso garbato aleggia nell’espressione dello studioso sul campo, in quel momento alla metà dei suoi cinquant’anni, segno di apertura compiuta di un canale comunicativo.
La copertina, dunque, ci racconta già molto di quel signore elegante e navigato che, annidato nei carruggi di Genova in uno studio del centro storico stipato di libri, 78 giri, spartiti, fogli d’appunti, posacenere stracolmi (e bottiglie di buon whisky torbato, tanto per non dimenticare una buona metà delle sue origini), senza aver mai voluto fare una carriera accademica, ha però reso al mondo della musica e della cultura molto di più di quanto quel mondo stesso abbia voluto riconoscergli.
Edward Neill, molto spesso affiancato dallo stesso allora giovane Mauro Balma nelle sue peregrinazioni a caccia di tratti delle culture musicali orali in via di sparizione, e di tesori dimenticati delle note classiche è stato una figura straordinariamente intensa e creativa.
Poteva essere severo e perfino ingiustamente caustico nei giudizi tranchant su questo o quel musicista classico, o su una “squadra” di trallalero non ritenuta abbastanza fedele a un suo personale criterio di “autenticità”, ma rimaneva persona di enorme cultura ed eleganza, a proprio agio in ogni contesto, affabile e burbero al contempo, schivo e poco desideroso di apparire quanto presente nei luoghi doveva aveva deciso che valeva la pena di esserci, per documentare qualcosa. Fosse anche (ed è successo davvero!) la vita dei gatti randagi nei vicoli di Genova (quando ancora i gatti randagi esistevano) ripresa e racchiusa in un suo memorabile libro fotografico.
Per tutta la vita, però, Edward David Richard Neill è stato un ricercatore instancabile di quei “suoni nell’ombra” cui si allude nel lungo titolo: gli autori classici dimenticati, schiacciati dal peso dei “soliti noti”, le note della tradizione ligure di Levante e di Ponente, tra la Costa e le Alpi, nel Piacentino e nella Garfagnana, tra i liguri di Sardegna, nelle isole scozzesi e irlandesi. Non solo trallalero, dunque, anche se alla riscoperta del canto polifonico ligure Neill ha dato un impulso leonino.
Se oggi poi sembra normale che la città della Lanterna ospiti un concorso nazionale intitolato a Paganini, e che il “violinista del diavolo” sia un figura con una allure quasi da rockstar nel mondo, è anche perché Edward Neill ha lottato per riscoprirne l’opera complessiva, al di là di tutte le banalità sul fenomeno virtuostico quasi circense.
E lo stesso potrebbe essere fatto con un gigante della musica come Anton Bruckner: che se oggi è qualche volta ricordato ed eseguito, e spesso considerato alla stregua di un Gustav Mahler, è perché Neill insieme a pochi altri coraggiosi l’ha cavato fuori dall’oblio. Quando riuscì a fa suonare una sua opera al Teatro Carlo Felice di Genova, Neill andò a salutare il direttore regalandogli un tallero d’oro di Maria Teresa: ripetendo il gesto che lo stesso Bruckner aveva fatto a sua volta con il primo direttore di una sua sinfonia.
Tanti altri autori, soprattutto nordici, sono stati riscoperti e riproposti da Neill, spesso in un silenzio assordante da parte di chi non vuole rischiare nulla, col “repertorio”.
Balma ricostruisce tutto nel dettaglio e con una scioltezza di penna squisita, dando infine la parola a chi Neill l’ha conosciuto, o ne ha incrociato i percorsi rapsodici. Il cuore del tutto va nel tesoro prezioso accluso al libro: un cd con ventotto registrazioni inedite di Neill realizzate sul campo dal Centro dialetti e tradizioni popolari della Regione Liguria, tutte trascritte su pentagramma e commentate con la consueta, chiara perizia da Balma stesso. Un valore aggiunto a un valore.