“Genere” è la parola sbagliata: il 2021 l’anno delle musiche mutanti. Ecco allora la nostra classifica dei migliori 20 dischi «pop» – qualunque cosa «pop» voglia dire negli anni venti del nuovo millennio.
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1. Floating Points, Pharoah Sanders & The London Symphony Orchestra - Promises (Luaka Bop)
Strana alleanza tra il “fluttuante” produttore britannico e il Faraone del jazz statunitense, attorniati da archi sinfonici: nei nove atti della suite la diafana trama ambient architettata dal primo accoglie le evoluzioni “cosmiche” del sassofono di Sanders. Musica astrale che aleggia oltre i confini dei generi codificati.
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2. Helado Negro - Far In (4AD)
Come nel precedente This Is How You Smile, Roberto Carlos Lange offre canzoni in inglese e spagnolo, ritmi briosi e una sensibilità melodica che imprigiona gli ascoltatori come fosse una ragnatela. Leggerezza e disinvolta noncuranza immerse nell’afa di una domenica pomeriggio d’estate: “Y tú, te perdiste en agosto, en agosto”.
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3. Arca - Kick ii/iii/iiii/iiiii (XL)
Il kolossal realizzato da Alejandra Ghersi Rodriguez: quattro volumi che completano un ciclo avviato lo scorso anno con il primo della serie (59 brani in tutto per una durata eccedente le tre ore). Arca esplora così i vari aspetti della propria identità artistica, muovendosi con disinvoltura sfacciata fra reggaeton e avant-garde.
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4. Nala Sinephro - Space 1.8 (Warp)
Arpista di formazione ma appassionata di sintetizzatori modulari, la musicista belga di origine martinicana, adottata dalla comunità artistica londinese, propone al debutto una composizione in otto movimenti che all’ascolto suona come jazz d’ambiente, combinando rigore algebrico e spontaneo calore empatico.
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5. Little Simz - Sometimes I Might Be Introvert (Age 101 Music)
Due anni dopo il notevole Grey Area, Simblatu Abisola Abiola Ajikawo realizza il disco della raggiunta maturità artistica. Già incensata da Kendrick Lamar, è riuscita a riconciliarsi con la piccola “Simbi” dando vita a un album che negli episodi migliori non sfigurerebbe in un ipotetico confronto con The Miseducation of Lauryn Hill.
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6. The Bug – Fire (Ninja Tune)
A sette anni di distanza dal precedente Angels & Devils, Kevin Martin indossa nuovamente i panni di The Bug in un album che mantiene ciò che il titolo promette: musiche per un mondo in fiamme, con un sound system che martella su macerie fumanti. Il disco più arrabbiato e indignato, ma al tempo stesso lucido, del 2021.
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7. Koreless - Agor (Young)
Album d’esordio del produttore gallese Lewis Roberts, figura defilata nel panorama del suono elettronico contemporaneo. Elusivo e pignolo, ha impiegato un quinquennio per affinare la simbiosi fra ambizioni “neo classiche” e stilizzata rielaborazione dei canoni dance cui aspirava, ottenendo musica dal fascino ineffabile.
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8. Fred Again… - Actual Life (April 14 – December 17 2020) (Again…)
Senz’altro una delle sorprese del 2021: il diario emotivo di un anno che ha cambiato i nostri stili di vita. Voci campionate, saudade elettronica, club music con i club chiusi, la mancanza improvvisa di ciò che davamo per garantito: un disco d’esordio folgorante, colonna sonora perfetta di un periodo trascorso sulle montagne russe.
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9. Sault - Nine (Forever Living Originals)
Quinto album in poco più di due anni per le Primule Rosse della black music d’oltremanica. Guidato dal produttore Inflo, il collettivo londinese amalgama con elegante naturalezza dub, hip hop, echi d’Africa, R&B psichedelico e fervore politico, aggiornando al tempo di Burial la lezione impartita dai Soul II Soul di Jazzie B.
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10. Sons Of Kemet - Black to the Future (Impulse!)
Uno dei tre gruppi creati da Shabaka Hutchings, i Sons Of Kemet sono considerati il suo tentativo di esportare il jazz nel mainstream. Vero, ma non dimentichiamo l’ascendente della musica africana e caraibica: soca, calypso, funk, nyabinghi giamaicano e l’afrofuturismo di Sun Ra, ingredienti di una miscela eccitante e travolgente.
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11. Low - Hey What (Sub Pop)
Sulla propizia scia di Double Negative, Alan Sparhawk e Mimi Parker ne perfezionano la formula, associando alla potenza liturgica del canto, ora più in evidenza nel mixaggio, un coacervo di sonorità “difettose”. Esercizio di minimalismo massimalista che amalgama classica tradizione americana e impellente senso del futuro.
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12. Tirzah – Colourgrade (Domino)
La londinese Tirzah conferma le buone impressioni suscitate tre anni fa dal suo disco d’esordio, Devotion. Il nuovo lavoro ne conferma la cifra stilistica, fatta di discrezione, intimità, minimalismo ed elegante ritrosia: caratteristiche confermate dall’esibizione torinese d’inizio novembre durante il festival C0C - Club to Club di Torino.
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13. Jazmine Sullivan - Heaux Tales (RCA)
Annunciato da un titolo insolente (alla lettera: Storie di puttane), questo concept album si basa sui racconti di sei donne, che divengono poi protagoniste delle canzoni. Un concentrato di R&B moderno per un disco tagliente ed esplicito, nel quale la splendida voce di Sullivan comunica dolore e passione.
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14. Nick Cave & Warren Ellis - Carnage (Goliath)
“Carneficina” frutto dei nostri giorni tormentati: “Una catastrofe collettiva”, per usare le parole dell’autore, qui in duo con Warren Ellis, fidato partner d’innumerevoli avventure. Musicalmente affine a Ghosteen, in termini narrativi alterna spleen da clausura, aguzzi frammenti d’attualità, scorci autobiografici e visioni catartiche.
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15. Xenia Rubinos - Una Rosa (Anti- Records)
Il terzo album dell’artista statunitense è permeato dagli influssi caraibici che – insieme al jazz, al rhythm’n’blues e all’hip hop – hanno influenzato il suo talento musicale. Musica pop di altissimo livello che non disdegna l’impegno sociale e politico, con la voce che sembra provenire dai luoghi di un dolore ancestrale.
16. Arooj Aftab - Vulture Prince (New Amsterdam)
Pakistana di Lahore, Arooj Aftab non ha abiurato il proprio retaggio culturale studiando al Berklee College of Music di Boston, cosicché in musica si muove su una rotta che unisce mondi ed epoche distanti, collocando l’arcaica poetica originaria in un habitat sonoro creato con strumenti acustici “occidentali” e persino un sintetizzatore Moog.
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17. Native Soul - Teenage Dreams (Awesome Tapes From Africa)
Nel 2021 si è affermato a livello globale l’amapiano: ibrido di kwaito, disco e deep house nato nelle township sudafricane. Non ancora ventenni, gli esordienti Native Soul mettono in mostra maturità e abilità tecniche insospettabili, creando un’atmosfera di cupa claustrofobia scandita da un groove incessante.
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18. Dry Cleaning - New Long Leg (4AD)
Primo album di un quartetto londinese che nel tessuto musicale riutilizza, lavandoli – nomen omen – “a secco”, i codici del post punk britannico per metterli al servizio della declamazione in prosa di Florence Shaw, la quale dispensa pillole di surrealismo esistenzialista e nonsense con voce di volta in volta annoiata, assorta o svagata.
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19. Venerus - Magica musica (Asian Fake)
La sorpresa dal pop nazionale. Volendo, sarebbe un cantautore, ma come nessun altro. Al debutto sul “long-form”, l’artista milanese – svezzato dalla gavetta londinese – mette in mostra una variopinta personalità espressiva, dove convivono armoniosamente R&B, rap e psichedelia: musica davvero magica, insomma.
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20. Silk Sonic - An Evening with Silk Sonic (Atlantic)
Affiancati da collaboratori del calibro di Thundercat e Bootsy Collins, Bruno Mars e Anderson .Paak si tuffano con eleganza nel passato in una mezz’ora di soul e funk d’altri tempi: una miscela di Marvin Gaye, Tower Of Power, Bobby Womack e Funkadelic avvolta dalla sensibilità pop dei due.
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La classifica è finita, buon 2022 a tutti!