L’Arca dell’abbondanza

I quattro volumi nuovi di Kick completano l’ambiziosa pentalogia della produttrice venezuelana Alejandra Ghersi Rodriguez

Arca
Articolo
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Nel giugno dello scorso anno, a margine della pubblicazione di Kick i, che valse ad Arca – prima artista non binaria a riceverla – una nomination ai Grammy Awards, era stata annunciata l’estensione successiva del progetto a quadrilogia.

– Leggi anche: Arca diva mutante

Poiché il personaggio di Arca è notoriamente – e programmaticamente – eccessivo, non stupisce scoprire ora che i nuovi album sono addirittura quattro, espandendo così l’opera a pentalogia.

Arca Kick ii

Incluso il primo, il totale è impressionante: 59 brani distribuiti in un arco di tre ore abbondanti. L’intenzione, da lei espressa allora, era di esplorare zone diverse della propria identità creativa, che sommariamente potremmo collocare al crocevia fra avant-garde, dance e pop. Se quest’ultimo aspetto informava il capitolo iniziale, schierando da testimonial complici del rango di Rosalía a Björk, nel secondo l’accento cade sui ritmi, in particolare quello incalzante del reggaetón, colonna sonora della sua gioventù in Venezuela, come dimostrano gli episodi posti in apertura, sulla scia dell’ostico preludio robotico “Doña”.

In ambedue i casi il discorso allude spudoratamente a sesso e seduzione: “Ci sto andando giù duro, prima te lo do lentamente e poi tu lo dai a me” (“Prada”), ovvero “Il mio flusso psicopatico continua a scorrere nelle tue vene” (“Rakata”). Su medesime cadenze scorrono quindi lo spasmodico “Tiro” e “Luna Llena”, che viceversa trasuda spleen dagli accenti melò (“So che c’è luce in questa oscurità”), mentre più avanti – in “Born Yesterday” – il registro muta in una sorta di R&B da cuore infranto con il cammeo della star australiana Sia.

L’approccio ai vari codici è ovviamente eversivo: Arca li deforma con sistematica perfidia alla maniera di Aphex Twin, suo evidente ascendente nello zodiaco musicale.

Arca Kick iii

Siccome nell’atto seguente rievoca i propri trascorsi da “Dj surrealista”, in Kick iii ci troviamo scaraventati perciò in un club da incubo, accolti dalla voce ostile di una strega (“Bruja”), modello “Trans che viene duro”, e subito dopo ustionati da un “Incendio” appiccato da un rap latino a luce rossa: “Ti strofinerò dappertutto”, promette.

Passate le forche caudine di un “Morbo” inquietante e sopravvissuti all’apparizione della minacciosa Regina del Teschio (“Skullqueen”, appunto), invogliati alla danza (“Sul ritmo, lascia andare i tuoi fianchi”) affrontiamo “Electra Rex”: funk nevrotico nel quale vengono ribaltati i miti di Edipo ed Elettra (“Se Edipo Re uccide il padre e inavvertitamente fa sesso con la madre, ed Elettra è il contrario, uccide la madre e inavvertitamente fa sesso con il padre, Elettra Re è l’unione di maschile e femminile. Uccide sia la madre sia il padre e fa sesso con sé stessa”, ha spiegato l’interessata su Instagram).

Al quarto disco, preceduta da una canzone puttanesca (“Whoresong”) e un interludio dal sapore cameristico (“Esuna”, impreziosito dal violoncello di Oliver Coates), entra in scena “Xenomorphgirl”, diva forestiera che gorgheggia in Auto-Tune e duetta poi insieme alla britannica Planningtorock nell’apogeo pop celebrato con dolente fierezza nell’esplicita “Queer”: “Ho lacrime, ma lacrime di fuoco, lacrime di potere, lacrime da checca, potere da checca”.

Il tono è qui più sommesso e la strumentazione varia di conseguenza, fra accordi di pianoforte (in “Witch”, dove compare l’icona genderfuck Susanne Oberbeck, alias No Bra), un’inopinata chitarra elettrica dal timbro indie rock (nella squisita ballata “Boquifloja”) e mesti sintetizzatori (su cui si adagia in “Alien Inside” il recitato di miss Garbage, ossia Shirley Manson).

Arca Kick iiii

Tipo quiete dopo la tempesta arriva infine – inatteso, dicevamo – il volume conclusivo, in prevalenza strumentale e votato a una rarefazione di scuola ambient, oscillante fra le tenebre di “Amrep” e la luminosità di “Fireprayer”, esibendo quale asso nella manica il decano Ryuichi Sakamoto, in “Sanctuary” oratore di “una fede mutante, post umana”.

È quella l’esatta dimensione attuale di Alejandra Ghersi Rodriguez, che avendo compiuto in pubblico la propria metamorfosi sessuale (come Antony/Anohni, ma in modo più sfacciato) ed essersi messa a capo di una “comunità di mutanti” ha generato intorno a sé – producendo musiche inaudite – un mondo intero: letteralmente deus ex machina.

Arca Kick iiiii

 

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