Progetto-mondo e allo stesso tempo volutamente intimo questo dei Deadburger (Vittorio Nistri a tastiere ed elettronica, Simone Tilli alla voce, Alessandro Casini alle chitarre e Carlo Sciannameo al basso), quartetto toscano che suona dalla metà dei Novanta e con all'attivo un box-set, La fisica delle nuvole, 2013, piuttosto sui generis contenente musiche pop al confine tra poetica cantautorale, sperimentazione e musica colta, ma sempre interpretata in chiave rock e barricadera che fa tanto anni Novanta: il tiro deciso della complessa “La Chiamata” ci dà piena conferma di quelle determinate atmosfere.
«La Chiamata è la seconda faccia del dittico Mirrorburger. Rispetto al box La Fisica Delle Nuvole, è l'altro lato dello specchio».
Se nell'album precedente il risultato era particolarmente notevole, peculiare la mescolanza stilistica che includeva reminiscenze minimaliste à la Philip Glass esaltate da speciali ospitate, questo La Chiamata (Snowdonia) può essere visto come una conferma di quella favorevole congiuntura astrale, solo un po' più generalmente aggressivo nei suoni. Ad esempio anche qui non manca la voce dell'amata Lalli (ex Franti): inconfondibile e sempre bello il suo timbro in “Blu quasi trasparente”.
La formula, rispetto al passato, sembra dunque farsi più diretta e meno delicata in molte sue parti (vedi il rock su di giri di “Onoda Hiroo”); le cose però, quando girano con meno foga, vedono la band avventurarsi in territori più avventurosi e dark, l'arrangiamento elegante e felino di “Un incendio visto da lontano”, con quel cantato che rasenta il soul.
Menzione anche per la riedizione piuttosto coraggiosa e selvaggia di “Tryptich”, in origine di Max Roach, con, non a caso, ospiti del calibro di Cristiano Calcagnile e Zeno De Rossi (Guano Padano) alle percussioni, con quei cori in stile Mr. Bungle non si dimenticano facilmente. Una delle tracce simboliche del percorso a zig zag effettuato dai quattro è “Tamburo sei pazzo” che parte col prestigioso featuring di Alfio Antico per poi trasformarsi in un mutante divertissement etno-pop.
I Deadburger dimostrano di saper mescolare note e performance partendo da un concept ampiamente raccontato nel corposo e fantasioso booklet (splendidamente illustrato dal fido Paolo Bacilieri). Insomma la band non fa altro che confermare un elemento di riflessione parecchio importante di questi tempi: fare dischi col contagocce, pensarli, partorirli dopo una lunga e attenta gestazione – tutti gesti volutamente anacronistici oggi, dove ormai un artista, o presunto tale, può far uscire anche due/tre lavori all'anno. Bentornati.
Restiamo in Toscana, o meglio, a cavallo tra Toscana ed Emilia Romagna dato che i membri provengono da queste due regioni confinanti. Sono proprio gli stessi Deadburger a integrare Tinnitus Tales Tour (Sussidiaria), corposa raccolta di pezzi registrati dal vivo da Le Forbici di Manitù, band di Vittore Baroni (già penna per "Rockerilla" e "Rumore", ora per "Blow Up"), Andrea Landini, Manitù Rossi ed Enrico Marani; in verità la line-up quì è diversa e comprende oltre a Baroni e Marani anche Gabriella Marconi al flauto e Stefano Menozzi alle tastiere. La registrazioni sono catturate presso la GAMC di Viareggio, città dove lo stesso Baroni vive e opera.
"Il dentista di Tangeri" è una sorta di ballata rock dove i Deadburger gigioneggiano fino a far diventare il tutto una sorta di rito carnascialesco, pure piuttosto inquietante; molto belli pure i fiati di "Wormhole" e la melodia decisa e sbilenca di "Marcia degli acufeni". Tinnitus Tales Tour procede spedito fino a diventare una compilazione ragionata ed arricchita grazie agli interventi di vari amici, tra questi Fabrizio Tavernelli (Acid Folk Alleanza), che in "Insonui" omaggia chiaramente Robert Wyatt immergendolo in un dopomondo sognante e sordo.
Una prova di pop elegante e da camera è "Hyperbaric Rendes Vouz", in cui il flauto regna sovrano; stessa sorte, ma da un versante più art-rock, in "Tinnitus Tales", dove il giro melodico è notevole. Sognanti e piuttosto alieni sono anche gli interventi di Samora (lo stesso Enrico Marani) in “Tinnito multiplo” e di Lettera 32, cioè Daniele Carretti, in “Tintinnio”, mentre la perfezione pop di "Everyone Is Thinking Of Me" è la prova provata che il gruppo tosco-emiliano le canzoni le sa scrivere, eccome...
Tinnitus Tales Tour è in sostanza una rimpatriata utile a saggiare lo stato dell'arte delle Forbici di Manitù, certamente un'uscita del genere non lascerà indifferenti i più incalliti collezionisti di stramberie musicali che, per fortuna, periodicamente fuoriescono dal magico e bistrattato underground musicale di casa nostra.