In questi giorni di quarantena sembra essere tornato di moda il Do It Yourself: chiusi in casi, con accesso limitato alle merci che eravamo abituati a ricevere direttamente sull’uscio, molti hanno ripreso a cucinare, a cucire, a fare bricolage con quanto si ha a disposizione. È allora quasi un caso di serendipità imbattersi (era sullo scaffale da un po’, da prima del lockdown) in Punkouture. Cucire una rivolta, 1976-1986 di Matteo Torcinovich, pubblicato da Nomos Edizioni (€ 29,90, 256 pp.).
Il libro (che segue un altro titolo di Torcinovich, Pics Off! L’estetica della nuova onda punk. Fotografie e dischi 1976-1982, pubblicato sempre da Nomos nel 2016) è un favoloso catalogo fotografico di moda punk dal mondo, organizzato per temi («Vestire», «Capelli», «Make-up», «Calzature», «Accessori», «Shopping») che documenta la rivoluzione estetica (e, insieme, ideologica) del punk internazionale tra il 1976 e la fine degli anni Ottanta.
«Vestirsi punk è come suonare punk: chiunque può prendere in mano, suonare, comporre una canzone o inventarsi un look strabiliante con quello che trova».
Dunque, le boutique e le grandi firme (si pensi a Fiorucci in Italia) ma anche – appunto – il DIY. E allora spazio ai tutorial, alle illustrazioni, ai modelli da ritagliare. Il fascino maggiore di Punkouture è proprio (paradossalmente) quello di distogliere l’attenzione dalla musica, dai volti noti del punk, dalle sue icone riconosciute per focalizzarsi invece sulla cultura materiale: le pubblicità, le figurine da ritagliare, i cataloghi degli anfibi e delle T-shirt, i “modelli” di parrucchieri e boutique…
«Lo scopo è far inorridire il prossimo con abbigliamenti e acconciature. Per questo i ‘punk’ vanno in giro stracciati, si tingono i capelli di tre o quattro colori diversi, si ficcano spilloni nelle guance, non si lavano». "TV Sorrisi e Canzoni", 1977
Di pagina in pagina, Punkouture si rivela allora una guida preziosa per un mondo insieme alieno e noto (quante di queste idee sono poi filtrate nella moda successiva, in quello che è oggi familiare?). Un bestiario fantastico che, come gli antichi cataloghi di bestie bizzarre dovevano fare, solletica costantemente il lettore (per di più, minato da settimane di clausura) sul filo del dubbio: saranno esistiti veramente?