La migliore musica pop, rock, indie ed elettronica del 2019 nella Top 20 degli album usciti in quest'anno solare, tra canzoni e drone music, soul e dub versions. Dall'Australia al Texas, dall'Africa alla Norvegia, dalla Nuova Zelanda al Regno Unito, ecco il meglio dei dischi del 2019.
I MIGLIORI DISCHI POP DEL 2019
I MIGLIORI DISCHI JAZZ DEL 2019
I MIGLIORI DISCHI WORLD DEL 2019
LE 10 MIGLIORI OPERE LIRICHE DEL 2019
I 10 MIGLIORI CONCERTI DI CLASSICA DEL 2019
1. Nick Cave & The Bad Seeds, Ghosteen, Ghosteen Ltd
Un capolavoro segnato, più ancora del precedente Skeleton Key, dalla scomparsa del figlio Arthur: il “fantasmadolescente” del titolo. Tra atmosfere fiabesche e scorci biblici, scorrono canzoni a cuore aperto che testimoniano l’avvenuta metamorfosi di Re Inkiostro: disposto ora a mostrarsi vulnerabile, rivelando così la propria grandezza.
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2. Helado Negro, This Is How You Smile, RVNG INTL.
Uscito a marzo, è il sesto album dell’artista statunitense Roberto Carlos Lange: nato a Miami da genitori ecuadoriani ma residente a New York. Testi in inglese e spagnolo, chitarra acustica e loop elettronici discreti a supporto della voce: un disco che arriva piano, però quando arriva non va più via.
3. FKA Twigs, Magdalene, Young Turks
Diva problematica, la trentunenne Tahliah Debrett Barnett ha scelto come spirito guida dell’album Maria Maddalena, puttana devota nell’esegesi maschilista dei Vangeli, volendo esprimere spleen d’amore ed erotismo spregiudicato attraverso una forma astratta di black music.
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4. Big Thief – U.F.O.F./Two Hands, 4AD
Due album in cinque mesi, a dimostrazione dello stato di grazia del gruppo newyorkese Big Thief: gemelli definiti rispettivamente “celeste” e “terrestre”, entrambi composti da canzoni ovattate all’interno delle quali la splendida voce di Adrianne Lenker rivela lentamente trappole in cui si cade volentieri.
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5. Holly Herndon, PROTO, 4AD
La trentanovenne statunitense aggiorna nel terzo album l’indagine sugli effetti delle nuove tecnologie compiuta nei precedenti e sperimenta l’interazione fra essere umani e intelligenza artificiale ricollocando in ambiente digitale codici remoti del folklore americano. Una sorta di umanesimo prossimo venturo (ascoltato anche dal vivo a Club to Club 2019).
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6. Jamila Woods, LEGACY! LEGACY!, Jagjaguwar
Nel suo secondo lavoro, la trentenne artista e attivista di Chicago disegna un avvincente affresco della cultura afroamericana, onorandone le icone – da Sun Ra a Basquiat – e alternando sul piano musicale soul, R&B, jazz e hip hop con elegante disinvoltura.
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7. Blick Bassy, 1958, No Format
Uno dei personaggi chiave nell’attuale scena africana: blues, musica tradizionale, folk contemporaneo e bossa nova contribuiscono a un risultato finale straordinario. Svetta su tutto la voce di Bassy, un sospiro evocativo e appassionato che rende universalmente comprensibile la lingua Bassa.
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8. Flying Lotus, Flamagra, Warp
Il sesto album del produttore californiano Steve Ellison è il più ambizioso da lui realizzato finora. Opera complessa, onorata dai cammei di Herbie Hancock, George Clinton e David Lynch, mette in vetrina hip hop visionario, jazz avveniristico e gospel del XXI secolo.
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9. Aldous Harding, Designer, 4AD
Se cercate originalità, questo è il disco giusto. Prodotta nuovamente da John Parish, la cantautrice neozelandese ha realizzato un’opera di misteriosa bellezza, fatta di canzoni dai testi inusuali che generano un’apprensione ineffabile.
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10. James Blake, Assume Form, Universal
Il quarto album del trentenne produttore londinese raccoglie canzoni d’amore: sentimento che ne ha stemperato l’umore malinconico, ispirandogli un capolavoro a tinte pastello che completa la sua transizione dalla cameretta delle pene giovanili agli attici del mainstream contemporaneo.
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11. Lee Scratch Perry – Rainford / Heavy Rain, On-U Sound
Quando Perry incontra Adrian Sherwood scatta l’alchimia perfetta: maggio ci ha portato Rainford, album sorprendente per freschezza e solidità, e dicembre Heavy Rain, suo dub companion, con Brian Eno ospite. Viene onorato così il motto di On-U Sound: Disturbing the comfortable, comforting the disturbed.
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12. The Caretaker, Everywhere at the End of Time - Stage 6, History Always Favours The Winners
Premio alla carriera per James Leyland Kirby, giunto al capitolo finale del suo affascinante e spaventoso viaggio nella demenza, quello dove muore l’alter ego The Caretaker. Un’opera coraggiosa e monumentale: sei ore e mezza di ricordi confusi e sfuggenti, fonte d’insostenibile malinconia.
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13. Caterina Barbieri, Ecstatic Computation, Editions Mego
Italiana residente a Berlino, Caterina Barbieri ha realizzato un disco dal respiro internazionale in cui usa la musica per distorcere il tempo e lo spazio, utilizzando – dice lei – i sintetizzatori come fossero chitarre. Le stratificazioni sonore conducono l’ascoltatore in un viaggio mentale ricco di sorprese stimolanti.
14. KARYYN, The QUANTA Series, Mute
Un mosaico di musiche registrate fra Los Angeles, Berlino e Reykjavik dall’artista statunitense di origine armena, con radici familiari in Siria. Vi si condensano emozioni intense e argomenti densi: fisica quantistica, biologia molecolare, ascendenze etniche e traumi personali.
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15. Solange, When I Get Home, Columbia
Un album innovativo sul piano concettuale e drammaticamente moderno, fatto più di sensazioni che di canzoni compiute. Rendendo omaggio a Houston, sua città natale, Solange riafferma che il Sud ha qualcosa da dire ed è indispensabile stare ad ascoltarlo.
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16. Weyes Blood, Titanic Rising, Sub Pop
Al traguardo del quarto album, la trentunenne californiana Natalie Mering corona la propria carriera confezionando un’opera di opulento splendore: epica musica pop carica di ambizione, informata da una bizzarra attitudine anacronistica, al tempo stesso classica e innovativa.
17. Nilüfer Yanya, Miss Universe, ATO
Una delle rivelazioni britanniche dell’anno: fra R&B moderno, alt-rock, pop e canzoni scritte comme il faut, Yanya mette in mostra una sorprendente naturalezza melodica e una capacità non comune di cambiare registro vocale all’interno dello stesso pezzo.
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18. Sunn O))), Life Metal/Pyroclasts, Southern Lord
Dischi gemelli, distanziati fra loro da sei mesi e prodotti entrambi da Steve Albini, che valorizza il tipico metal “mentale” di Stephen O’Malley e Greg Anderson, fatto di granitici riff di chitarra in moviola. Un esercizio di “potenza non violenta”, a detta degli autori.
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19. Paolo Spaccamonti, Volume 4, Escape From Today
L’opera più matura del musicista torinese, che qui dispiega completamente le proprie qualità di compositore ed esecutore, creando un mondo di suggestioni sonore con rimandi alla settima arte in cui non servono parole: basta la sua splendida chitarra.
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20. Jenny Hval, The Practice of Love, Sacred Bones
Nel quinto disco a suo nome, la norvegese Jenny Hval esibisce un insolito smalto avant-pop, lasciandosi ispirare dall’eco dei rave anni Novanta per tratteggiare con algida sensualità un manuale musicale sulla “pratica dell’amore”, in verità meno rassicurante di quanto appaia a prima vista.
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