La terza e penultima tappa del quarantennale del Festival di Ambronay
Da Savall a Rousset negli ultimi giorni del Festival.
Una grande attenzione al territorio e ai suoi abitanti, di tutte le fasce d’età, unita a una visione internazionale e cosmopolita. Sembra questo il segreto del successo del progetto nato nel 1980 prima ancora del restauro della imponente Abbazia di Ambronay, sulla scia dell’interesse verso la musica antica e in particolare barocca, sfociato poi nella costituzione nel 2003 del Centre culturel de rencontre (https://www.ambronay.org/) che ha reso progressivamente Ambronay uno dei poli importanti della cultura musicale europea. Non è solo la commistione di locale e globale, e la capacità di mettere in rete e di ottenere il sostegno di istituzioni pubbliche e di organizzazioni private, ma anche la sinergia tra produzione, fruizione, formazione e ricerca a dare dei risultati concreti e interessanti. La quantità di volontari che collaborano alla realizzazione del Festival dà la misura della affezione del territorio del Dipartimento dell’Ain e più in generale della vicina citta di Lione verso l’Abbazia e le sue attività musicali che accolgono sia musicisti affermati e famosi, che giovani esordienti.
Il terzo e penultimo fine settimana del festival che celebra i suoi quaranta anni di vita è iniziato giovedì 26 settembre con il concerto “interattivo” Révisez vos baroques dell’ensemble franco giapponese Les Contre-Sujets, che si è svolto extra-muros nella ex scuderia di una signorile tenuta del comune di Bourg en Bresse. Nelle pause tra le esecuzioni di musiche di Handel, Lully, Purcell, Telemann, Ravel e Takemitsu, il flautista fondatore del gruppo Samuel Rotsztejn in qualità di cerimoniere ed intrattenitore ha posto una serie di quesiti al pubblico distribuendo copie di un foglio con un grande codice QR che posizionato su uno dei suoi quattro lati gli consentiva di scansionare al volo le risposte degli spettatori suddivisi in piccole squadre di cinque persone, ognuna delle quali contrassegnata dal nome di un famoso compositore. Ma se il concerto era rivolto al pubblico adulto, piuttosto competente a giudicare dai risultati dei quiz, l’aspetto giocoso dell’immaginario musicale si è manifestato nella giornata seguente pensata soprattutto per i giovanissimi, dai tre anni in su, incantati dallo spettacolo L’Oreille à tiroirs dell’ensemble Les Lunaisiens diretto da Arnaud Marzorati, costruito attorno ad un grande orecchio con dei cassetti, dai quali come in un libro pop up emergevano figure che rappresentavano le sette note musicali evocate progressivamente attraverso un poetico racconto sonoro e vocale. Oltre a due rappresentazioni dello spettacolo nel corso della giornata dedicata all’infanzia e la musica, si è svolta anche la conferenza di Edouard Gentaz, professore dell’Università di Ginevra, sul ruolo precoce delle emozioni nello sviluppo psicologico, sociale e affettivo del bambino in tenera età, con una riflessione finale sulla scambio di buone pratiche fatta tra docenti, operatori e artisti che hanno partecipato all’evento.
A seguire le arie d’opera e le musiche strumentali proposte dall’ensemble Amarillis diretto da Héloïse Gaillard e dal mezzo-soprano Stéphanie d’Oustrac che hanno progressivamente stregato il pubblico con il concerto Éclats de folie nel quale si sono alternati i diversi stati d’animo della follia amorosa con il suo vortice di sentimenti contrastanti. Il programma costituito da musiche di diversi autori vissuti a cavallo tra XVII e XVIII secolo è apparso come un condensato di ardori, esaltazioni, turbamenti e lacerazioni espressi con grande intensità emotiva soprattutto nelle arie di André Cardinal Destouches tratte dalla cantata Sémélé e dall’opéra ballet Le Carnaval et la Folie, nella cantata di Handel Ah! Crudel nel pianto mio con i suoi virtuosistici contrasti poetici e vocali, e infine nell’aria di follia per eccellenza “From Rosy bowers”, l’ultima musica di scena scritta da Purcell per il Don Quixote di Thomas D’Urfey. Alla fine del concerto, che si potrà ascoltare sul sito di France Musique (https://www.francemusique.fr/) a partire dal 22 ottobre, i lunghi applausi sono stati ricambiati con una ispirata esecuzione del celebre lamento di Didone “When I am laid in earth”, una vera e propria catarsi la cui struggente malinconia ha pacificato l’animo degli spettatori.
La cultura musicale italiana è stata la protagonista della giornata di sabato 28 settembre a partire dallo splendido concerto pomeridiano dell’Imaginarium Ensemble diretto da Enrico Onofri interamente centrato sul divenire della sonata nell’arco temporale dell’era barocca. Con grande maestria e con una nitida articolazione del fraseggio musicale il violinista ha dimostrato come la sonata con la sua cantabilità abbia raggiunto vette di lirismo espressivo al pari della musica vocale, partendo dagli antecedenti e dalla essenzialità meditativa di una Ricercata di Aurelio Virgiliano e dalle diminuzioni del madrigale di Palestrina Vestiva i colli di Francesco Rognoni fino ad arrivare al virtuosismo della Sonata in re minore RV 12 di Vivaldi e della Sonata in sol minore n° 5 di Francesco Maria Veracini. Nel testo di presentazione del percorso cronologico che ha compreso sonate di Marini, Stradella, Corelli e Bonporti, Onofri ha paragonato i diversi colori della lingua musicale italiana alle inflessioni dialettali dei luoghi di provenienza o di attività dei compositori prescelti, con l’intenzione di rappresentare un viaggio non solo nel tempo, ma anche nella geografia della penisola attraverso Venezia, Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli, quest’ultima rappresentata da La Suave melodia & su corrente di Andrea Falconiero.
Puramente italiano anche lo stile dell’opera Giulio Cesare in Egitto di Handel eseguita in forma di concerto da Les Talens Lyriques diretti da Christophe Rousset, sebbene, come ha ricordato durante la “mise en oreille” di presentazione il clavicembalista e direttore d’orchestra, la solidità della scrittura armonica e contrappuntistica sia frutto delle radici germaniche del compositore che è stato portavoce della cultura musicale dell’opera italiana in Inghilterra. Giulio Cesare venne messa in scena nel King’s Theatre di Londra nel 1724 ed è considerata una delle migliori opere del compositore, con la sua profusione di arie e la varietà dei recitativi dei sei protagonisti del dramma, i romani Cesare, Cornelia e Sesto e gli egiziani Cleopatra, Tolomeo e Achilla. L’eccellente performance dell’orchestra grazie alla brillante concertazione di Christophe Rousset, e la qualità degli interpreti, in particolare il controtenore Christopher Lowrey (Cesare), il mezzo-soprano Anne Hallenberg (Sesto) e il basso Ashley Riches (Achilla) hanno tenuto costantemente viva l’attenzione del pubblico nella lunga serata dedicata all’intricato dramma musicale a lieto fine del compositore tedesco. L’opera registrata da France Musique verrà trasmessa la sera del 2 novembre e si potrà poi ascoltare per un mese sul sito dell’emittente radiofonica francese (https://www.francemusique.fr/evenements/40e-edition-du-festival-d-ambronay-du-12-septembre-au-6-octobre-2019).
Il terzo fine settimana del festival si è concluso domenica con il concerto da camera del controtenore Paulin Büngden, accompagnato al cembalo da Caroline Huynh Van Xuan, che ha intonato musiche inglesi, francesi, tedesche, spagnole e italiane per presentare i diversi volti dell’arte vocale del Seicento, e il grande concerto di Hesperion XXI e La Capella Reial de Catalunya diretti da Jordi Savall dedicato a Leonardo da Vinci. Le ventisei composizioni inserite nel programma, suddiviso in sette quadri in ordine cronologico, ciascuno a rappresentare i principali luoghi e anni in cui il celebre artista è cresciuto e ha operato, comprendeva musiche prevalentemente di Josquin Desprez e di Heinrich Isaac, mentre la maggior parte delle composizioni anonime proveniva dal Canzoniere di Montecassino, un codice musicale legato alla corte aragonese di Napoli. Probabilmente il percorso si sarebbe potuto costruire anche attraverso altre composizioni dell’epoca, ma la qualità dei musicisti e il prestigio di cui gode il musicista catalano, con la sua lunga esperienza di confezionatore di programmi musicali pensati come mostre sonore storico-artistiche, ha funzionato alla perfezione per questa edizione eclettica che riassume la storia di avventura iniziata quasi dal nulla che in quaranta anni è divenuta un modello di gestione culturale intelligente e creativa.
I festeggiamenti del quarantesimo anniversario saranno doppi nel prossimo e ultimo fine settimana, quando l’ensemble Les Arts Florissants fondato quaranta anni fa da William Christie eseguirà il Messiah di Handel, e quando sia le viole da gamba del consort L’Achéron diretto da François Joubert Caillet che gli strumenti a fiato storici di Les Sacqueboutiers con il contributo di alcuni jazzisti improvviseranno ornamentazioni e diminuzioni estemporanee su musiche rinascimentali e barocche, per ricordare che l’improvvisazione non è una invenzione della musica moderna, ma una realtà antica. Qualche presagio sul futuro del Festival si potrà ascoltare durante la rassegna dei giovani ensemble sostenuti dal progetto europeo Eeemerging , e il suo recente passato verrà ricordato attraverso l’esecuzione dell’oratorio Il diluvio universale di Michelangelo Falvetti eseguito da Cappella Mediterranea diretta da Leonardo García Alarcón, che da quando venne presentato per la prima volta ad Ambronay nel 2010 è stato eseguito in giro per il mondo cinquanta volte, e che farà certamente parte del racconto della storia del Festival che verrà illustrata dal suo fondatore e presidente Alain Brunet nel corso di una conferenza. Per concludere una edizione così importante non poteva mancare una recente scoperta, quella del Te Deum laudamus di Giovanni Bononcini che verrà eseguito per la prima volta in epoca moderna dal Coro e Orchestra Ghislieri diretti da Giulio Prandi (https://www.giornaledellamusica.it/news/quaranta-anni-di-musica-ad-ambronay).
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