In viaggio all'UlisseFest con Stefano Bollani

Stefano Bollani, un apolide della musica con il cuore in Sudamerica, racconta perché viaggia, in vista del concerto del 14 luglio a Rimini per UlisseFest

Stefano Bollani Ulisse Fest
Stefano Bollani (foto di Valentina Cenni)
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jazz

Stefano Bollani sarà all'UlisseFest di Rimini – la rassegna di Lonely Planet interamente dedicata al viaggio – il prossimo 14 luglio. Lo abbiamo intervistato per provare a rispondere alla domanda che guida la terza edizione del festival: «Perché viaggiamo?».

Se c’è un musicista che può incarnare l’idea del viaggio – viaggio erratico ed estemporaneo, creativo e trasversale, fisico e mentale, scanzonato e apolide – questo è Stefano Bollani. Chi scrive – più vecchio di un anno del musicista di origini milanesi – lo ha seguito lungo tutto il tragitto di una carriera florida e originale, a partire da quando è passato dall’essere l’ex turnista di Raf e Jovanotti a venire presentato come il nuovo giovane pianista di Enrico Rava. Un percorso lungo più di vent’anni, nel quale Bollani ha messo il suo innegabile talento – ancora oggi il suo pianismo è nutrito, oltre che da una tecnica fluidissima, da una innata musicalità – al servizio di un personaggio che ha travalicato il recinto del “musicista” per perlustrare le frontiere delle dimensioni mediatiche le più diverse.

Tutto questo cercando di non rimanere ingabbiato in nessuna delle sue mille incarnazioni: pianista-imitatore, tra l’altro, per Renzo Arbore (il suo Battiato di “Hai mai letto Kundera” rimane un classico), conduttore radiofonico e televisivo, autore di canzoni, e così via.

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Oggi il viaggio di Stefano Bollani prosegue, tra progetti discografici e concerti che prendono le dimensioni strumentali più disparate – dal classico trio jazz a grandi formazioni orchestrali con pianoforte solista – fino a coltivare in maniera sempre più assidua il duo pianistico: dopo il recente debutto con Gonzalo Rubalcaba, il prossimo 22 luglio sarà alle Terme di Caracalla con un altro pianista cubano come Chucho Valdés. Un tour costante, insomma, senza sosta, quello che porterà Bollani anche al Teatro Amintore Galli di Rimini, domenica 14 luglio, in occasione della serata finale dell’UlisseFest – La Festa del Viaggio, dove ritroverà un altro vecchio compagno di viaggio, il mandolinista Hamilton De Holanda.

Stefano Bollani Ulisse Fest
Foto di Valentina Cenni

Bollani, che cos’è per te il viaggio?

«Il viaggio è una rappresentazione esteriore di qualcosa che facciamo dentro di noi continuamente».

«Il viaggio è una rappresentazione esteriore di qualcosa che facciamo dentro di noi continuamente».

«Decidiamo che ci interessa arrivare a un punto B partendo da un punto A e costruiamo percorsi, ponti, deviazioni per arrivare lì nella maniera più formativa e stravagante possibile. Il punto B può anche essere obiettivo comune di un sacco di gente ma ognuno decide il proprio percorso dunque ogni viaggio è completamente diverso dall’altro».

Hai debuttato lo scorso 19 giugno a Buenos Aires con il tuo Concerto Verde per pianoforte e orchestra da camera, che mi pare una sorta di ideale tappa successiva rispetto al Concerto Azzurro, altro lavoro per pianoforte e orchestra presentato in prima assoluta all'Opera Firenze un paio d’anni fa. Ci parli di questa sorta di viaggio nei colori dei chakra?

«Come si immagina facilmente, il viaggio potrebbe continuare ancora per un po’. Intanto questi due colori sono stati usati per dipingere due affreschi per pianoforte e orchestra molto diversi fra loro. Il chakra azzurro sovrintende alla gola, cioè alla comunicazione. Per questo il Concerto Azzurro è denso, pieno zeppo di informazioni che strabordano da ogni parte ed è stato arrangiato dal geniale Paolo Silvestri. Il Concerto Verde invece è più intimo, dedicato al chakra del cuore; per questo ho scritto io l’intera partitura».

A te piace mischiare le carte, non solo quelle relative ai generi musicali: salti da un contesto all'altro, vestendo di volta in volta i panni di intrattenitore televisivo con trasmissioni come Sostiene Bollani su Rai Tre, quelli di mattatore radiofonico con programmi quali Il Dottor Djembè, condotto su Radio3 con David Riondino, fino a incarnarti nel cartoon Paperefano Bolletta che, al fianco del tenore Arcibaldo Confusoni, ha celebrato nel 2009 i 60 anni di pubblicazione di Topolino in formato pocket. Qual è lo scopo di questa continua esplorazione mediatica?

«Il divertimento. Credo sia lo scopo della vita stessa. Siamo qui, incarnati su questo pianeta in questo momento, per giocare col ruolo che la nostra anima si è data e divertirci nell’imparare sempre più cose».

Tu hai anche pubblicato diversi libri: in uno di questi – Il monello, il guru, l’alchimista e altre storie, uscito nel 2015 per Mondadori – passi in rassegna alcuni archetipi di musicisti che, in quale modo, ti hanno accompagnata nel tuo percorso. Uno di questi, l'apolide, parla della figura di Astor Piazzolla ma mi pare che ti assomigli parecchio, specie quando sostieni che lo stesso “Piazzolla ha rappresentato in pieno l'annoso dibattito tra musica popolare e non”. Mi sbaglio?

«Per nulla! A dire il vero, anche senza essere junghiani di professione, si intuisce che tutti i musicisti di cui parlo nel libro li sto cercando dentro di me… Li sento vicini, dunque amici e sodali, e ognuno per un motivo diverso. Nel libro cerco di spiegare a me stesso i diversi motivi per cui sono attratto da Nino Rota, João Gilberto [musicista, tra l’altro, recentemente scomparso], Piazzolla e tutti gli altri».

«Il divertimento. Credo sia lo scopo della vita stessa».

«Nello specifico della tua domanda, il dibattito fra cultura “alta” e cultura “bassa” è un problema recente nella storia del mondo. Proprio per questo, credo che ce ne potremo liberare presto, essendo termini inventati per dividere una cosa che non ha confini così netti».

In occasione della serata che chiuderà questa edizione di UlisseFest sarai in duo con Hamilton De Holanda, musicista carioca con il quale hai realizzato nel 2013 l'album ECM O que serà: questo lavoro sarà alla base del concerto o si tratta di un nuovo progetto?

«Hamilton e io non suoniamo insieme da più di due anni, mi sembra incredibile considerato quanto ci sentiamo “parceiros” (termine brasiliano che tradurrei con “compari”). Non vedo l’ora di iniziare il tour; ne approfitteremo per suonare brani che non abbiamo mai inciso, dunque diciamo che il disco è un punto di partenza ma il percorso sarà ben differente».

Tornando alla dimensione del viaggio, la tua carriera internazionale ti porta a confronto con diversi paesi e differenti culture: qual è il luogo, al di là dell'Italia, nel quale ritorni più volentieri?

«In questo periodo, è il Sudamerica. Oltre il Brasile, che amo e frequento da più di dieci anni, sento un legame con l’Argentina, dove sto andando una volta all’anno a presentare tutti i miei progetti musicali».

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