Il video racconto di CHAMOISic IX
L'edizione 2019 di CHAMOISic
CHAMOISic si è affermato negli ultimi anni fra i festival più originali della scena nazionale, vuoi per la location (siamo in Val d'Aosta, a 1815 metri di altezza, si arriva a piedi o in funivia), vuoi per il programma a cura di Giorgio Li Calzi (anche direttore artistico del Torino Jazz Festival), che mescola tutte insieme musiche di ricerca, world music, jazz, elettronica...
In vista dell'edizione del decennale, il prossimo luglio, abbiamo fatto qualche domanda a Giorgio Li Calzi.
La formula “festival + montagna” si è affermata molto nell’ultimo decennio in Italia, e sembra funzionare. Che cosa differenzia Chamoisic dagli altri festival di questo tipo?
«Ti riporto una cosa che ho scritto recentemente sulla passata edizione di CHAMOISic, e cioè che ogni anno, confrontandomi con il gruppo organizzativo del festival (siamo in cinque, più un gruppo di comunicazione, più un'associazione che produce il festival), mi viene il pensiero scherzosamente sadico di posizionare i musicisti sui picchi e lasciarli rosolare dal sole dei 2000 metri per fare delle belle foto, prassi abbastanza usuale per i festival in alta quota. Ma poi, per qualche motivo, prevale il rispetto per la musica e i musicisti. Perché il nostro è un festival che parte fondamentalmente dalla musica, e anche dal dialogo con il territorio in cui viene ospitato, oltre che brillare per un programma poco ortodosso».
Quella del 2019 sarà la decima edizione. Come è cresciuto il festival in questi anni?
«Il festival è cresciuto grazie a piccoli passi, anno dopo anno. Piccoli passi ma significativi, per cui ogni conquista è sempre stata una grande conquista: la fiducia del pubblico innanzi tutto, perché il pubblico scommette nel festival letteralmente con noi (non solo nei concerti, ma anche nella location del concerto, che spesso cambia per via del maltempo). Poi la fiducia delle istituzioni, la Regione Valle D'Aosta e sei comuni oltre a Chamois che aderiscono al festival, sindaci e assessori che al di là della loro fede politica credono nella forza di un evento culturale; abitanti e operatori dei Comuni che si mettono in moto per l'evento, fondazioni bancarie con cui possiamo dire, senza voler apparire presuntuosi, di esserci confrontati ed essere cresciuti insieme; scambi e relazioni con partner locali e non, sponsor del territorio che credono nell'evento e che vogliono diventare parte attiva dell'evento (è successo l'anno scorso con CVA, Compagnia Valdostana delle Acque)».
«Proprio come questo video che presentiamo oggi, che racconta l'ultima edizione 2018: l'idea era proprio quella di partire dalle persone, dalla comunità che crea il festival».
«Proprio per via di questi piccoli grandi passi, l'edizione X immaginiamo che sarà una nuova piccola grande edizione. Inoltre il festival è partito nel 2010 da me, e Laura e Gigi Strocchi dell'Associazione Insieme a Chamois, associazione che specialmente negli ultimi anni sta impiegando nuove forze per promuovere non solo il festival ma anche il territorio di Chamois, un paese di 70 abitanti, a 1800 metri raggiungibile solo tramite funivia (ultima corsa serale è alle 22.30), che vive di turismo e che ha bisogno di nuove idee e proposte per poter sopravvivere durante tutto il resto dell'anno, cioè periodo turistico escluso». «Negli anni, comunque il team operativo si è allargato e oggi fanno parte del gruppo operativo (che lavora al festival per tutto l'anno), Fabio Battistetti, musicista-alpinista che segue la parte artistico organizzativa, Silvia Guerra che segue i bandi e Federica Pozzi che si occupa della segreteria. Ma in realtà tutti e cinque facciamo un po' tutto insieme. È anche molto cresciuto in questi anni il ruolo della comunicazione affidata a Ikigai Media, età media 29 anni, con Mario Martini, suo fratello Nicola, Fabio Russo, e Dario Timpani che firma i video. Proprio come questo video che presentiamo oggi, che racconta l'ultima edizione 2018: l'idea di partenza di Mario Martini era proprio quella di partire dalle persone, dalla comunità che crea il festival».
Qual è lo spettatore-tipo che si spinge fino a Chamois? Il nerd impallinato di musiche “strane”, l’appassionato di montagna...
«Il festival è partito da zero nel 2010 all'inizio di agosto, e ha raccolto, anzi ancora oggi raccoglie, un pubblico che è già lì in vacanza ma che segue sempre con più interesse i concerti. Sentire un signore di una certa età, di gusti musicali generici, che definisce easy un concerto sicuramente particolare come quello in solo (violino e voce) di Iva Bittová, è stato davvero un gol per noi. Negli anni il pubblico generico è cresciuto ulteriormente, e molto pubblico interessato viene da fuori per seguire il festival che certamente oggi raccoglie molti appassionati di montagna e di musica».
A Chamois non proponi musiche “facili” (se questo concetto ha un senso) o comunque i famigerati “nomi” che sono spesso richiesti dalle amministrazioni che mettono i soldi… È solo una questione di location affascinante, o pensi di aver in qualche modo “educato” il pubblico, in questi anni, a venire e fidarsi delle tue scelte?
«Consideriamo i concerti nel comune di Chamois: sicuramente la location fa moltissimo, perché quando sei nell'unico Comune italiano raggiungibile solo da funivia in cui le auto non possono circolare, il senso di comunità aumenta in maniera esponenziale. Ma abbiamo un altro elemento che ci aiuta a produrre un programma coraggioso: e cioè a Chamois non facciamo mai un solo concerto durante la giornata, e quindi possiamo rischiare una performance più sperimentale, da abbinare a un altro concerto di respiro più popolare. Ad esempio nell'edizione 2018 abbiamo avuto nell'arco di un'unica giornata cinque differenti location a Chamois (lago, rifugio, piazza, chiesa, ristorante) che hanno ospitato cinque concerti di generi musicali differenti (glitch music, rap, jazz, rock, musica antica). Inoltre trovo interessante mettere insieme generi diversi, perché la cosa mischia il pubblico e crea dibattito».
«Trovo interessante mettere insieme generi diversi, perché la cosa mischia il pubblico e crea dibattito».
«Paradossalmente durante le varie edizioni, i concerti più difficili hanno lasciato un forte segno sul pubblico. È un po' come quando sbagli film al cinema e poi scopri che proprio quel film sbagliato, magari anche solo per indolenza, diventa un film che ti apre nuovi orizzonti. Potrei sembrare un operatore culturale nazi-talebano, ma è scientificamente dimostrato che un concerto, un evento artistico o una musica riescono a muovere pensieri, condizioni psico-fisiche e a creare endorfine. Quando si propone un evento culturale, è importante che nasca in armonia con la comunità in cui viene innestato, quindi è necessario non solamente proporre, ma anche ascoltare quali sono le necessità della comunità che ti ospita».
«Per finire, sappiamo tutti quanto è potente la musica. Anche perché è l'arte più immateriale, e quindi crea infinite possibilità di elaborazione e immaginazione. Quando il musicista suona per un ascoltatore, molto spesso svela una musica che è già stata precedentemente immagazzinata nel cervello dell'ascoltatore. Cioè l'emozione che suscita l'ascolto di una determinata musica nasce da un'emozione già consolidata nella nostra mente. Quindi il nostro ruolo, che è anche quello della stampa, è un po' quello di essere medium tra il musicista e il pubblico. Per quanto mi riguarda, io non sono nato "operatore culturale". Sono un musicista che ha sempre ascoltato musiche molto varie sin da bambino, dapprima andando ai concerti (fondamentali i concerti a Torino di Settembre Musica e di Musica 90, tra la fine degli anni settanta e i primi anni novanta, in cui ho assistito ai concerti di Andriessen, Ligeti e Steve Reich, e John Zorn, Meredith Monk e Nusrat Fateh Ali Khan) e poi facendo musica con musicisti rock, jazz e provenienti a Torino da tutto il mondo».
«Da quando facciamo CHAMOISic ho molto imparato sul campo e specialmente lavorando a stretto contatto con Laura Strocchi, una persona di grandi doti comunitarie e organizzative. Tutte le scelte artistiche sono discusse dal gruppo operativo e spesso non sono mie, ma dei componenti del team, seguendo la missione del festival, l'ascolto del territorio e la graduale crescita collettiva».
Che cosa ci dici della prossima edizione? Qualche anticipazione?
«La prossima edizione sarà a Chamois dal 19 al 21 luglio 2019 e nei weekend immediatamente precedenti in altri sei comuni della Valle D'Aosta».
«La prossima edizione sarà a Chamois dal 19 al 21 luglio 2019 e nei weekend immediatamente precedenti in altri sei comuni della Valle D'Aosta».
«Fino a due anni fa la prassi per il sostegno economico era quella partecipare ai bandi delle fondazioni bancarie il cui esito veniva comunicato solo a fine maggio, e per questo motivo non abbiamo mai avuto le tempistiche per organizzare il festival prima di agosto. Ma dall'anno scorso abbiamo vinto un bando triennale indetto dalla Compagnia di San Paolo: sapere di avere il principale sostegno economico anche nel 2019 e nel 2020 ci ha convinti ad anticipare il festival dal 19 al 20 luglio, in un periodo di minore affluenza turistica rispetto ad agosto: per il nostro festival sarà una nuova scommessa, ma per Chamois e gli altri Comuni del festival sarà sicuramente un beneficio».