La pietas partenopea ad Amsterdam

La Cappella Neapolitana di Antonio Florio preannuncia la Settimana Santa con un intenso concerto al Concertgebouw di Amsterdam

Cappella Neapolitana al Concertgebouw
Recensione
classica
Concertgebouw, Amsterdam
Cappella Neapolitana
24 Marzo 2018

Quando si parla della Passione secondo Giovanni si pensa subito a Bach e così per lo Stabat mater, che è indissolubilmente associato al nome di Pergolesi. Ma in entrambi i casi esistono degli importanti precedenti che illustrano e illuminano la storia musicale del fulcro della narrazione evangelica e della celebre sequenza attribuita a Jacopone da Todi, come ha dimostrato la Cappella Neapolitana diretta da Antonio Florio nel concerto presentato il 24 marzo nel “tempio” della musica olandese (ne abbiamo parlato qui)

Il suo programma, concepito a ritroso sia dal punto di vista cronologico delle composizioni che da quello della narrazione della morte di Cristo, è iniziato con lo Stabat mater di Alessandro Scarlatti, commissionato dalla Nobile Confraternita de' Cavalieri della Vergine dei Dolori di Napoli, opera tardiva dell’autore considerato uno dei più illustri rappresentanti della scuola napoletana.

Nei diciotto brevi movimenti in cui è diviso si alternano e si uniscono due voci accompagnate da due violini e dal continuo, riflettendo l’esperienza di operista e di autore di centinaia di cantate da camera del compositore di origine siciliana. Nella parte iniziale della sequenza che descrive lo stato della Madre ai piedi della croce predomina il sentimento di afflizione, efficacemente espresso dalla coppia di arie, del soprano e del contralto, precedute e seguite dai loro duetti. 

La partecipazione emotiva dei versi interrogativi nei quali si invoca la compassione di fronte all’immagine della Vergine dolente è sottolineata attraverso una intensificazione ritmica del discorso musicale, a partire dall’impeto dell’aria “Quis est homo qui non fleret”, che si attenua momentaneamente con la dolcezza affettuosa di “Eia mater fons amoris”, per poi tornare a progredire con le energiche invocazioni rivolte alla Madre.

Nella parte conclusiva due brevi e intensi ariosi precedono il dolente duetto finale “Quando corpus morietur” che si conclude con un vigoroso e melismatico "Amen". L’opera venne eseguita annualmente nella Chiesa di San Luigi di Palazzo per poi essere sostituita più tardi da quella commissionata dalla stessa confraternita a Pergolesi, che la utilizzò come modello sia per l’organico strumentale, archi e continuo, che per quello vocale. Il compositore e teorico tedesco Heinichen definì la armonia di Scarlatti “stravagante e irregolare”, ma è proprio la ricchezza delle idee melodiche e la relativa autonomia del concertato dei violini dalle parti vocali a rendere interessante il suo Stabat, che è stato interpretato in modo impeccabile ed elegante da Roberta Invernizzi e Sara Mingardo accompagnate dagli ottimi strumentisti della Cappella Neapolitana.

Dopo una pausa, d’obbligo nel Concertgebouw dove il pubblico arriva in largo anticipo amando discutere e ristorarsi prima e durante il concerto nei caffè che sono all’interno della sua struttura, il pubblico è stato colto di sorpresa da una composizione eseguita per la prima volta in Olanda che è stata un’autentica rivelazione. Mentre lo Stabat di Scalatti è databile tra il 1723 e il 1724, la Passio Domini nostri secundum Johannem di Gaetano Veneziano è stata scritta attorno al 1685. Il disco con quest’ultima composizione, co-prodotto dal Collegio Ghislieri e registrato a Pavia, è stato pubblicato due anni fa, ed è il primo con la nuova denominazione di Cappella Neapolitana dello storico gruppo musicale di Antonio Florio.

Se già l’incisione di questo capolavoro della musica barocca era stato accolto con molto favore dalla critica nazionale e internazionale, la sua esecuzione dal vivo rafforza l’impressione della straordinaria qualità della musica del compositore di origine pugliese che si formò a Napoli nel Conservatorio di Santa Maria di Loreto con Francesco Provenzale e che divenne maestro della cappella vicereale sostituendo Scarlatti, la cui Passione secondo Giovanni venne scritta nello stesso periodo e per lo stesso ambiente musicale su una struttura simile ma in uno stile differente.

La composizione scoperta e revisionata da Florio è conservata nell’archivio dell’Oratorio dei Girolamini ed appartiene a un’epoca nella quale a Napoli fiorivano musiche da ogni parte (oltre a quelle per la corte, vanno considerate anche le altre destinate alle numerose chiese, confraternite e palazzi che accoglievano i musici formati nei suoi quattro conservatori storici). Le cerimonie per la Settimana Santa, particolarmente intense in terra iberica, trovarono terreno fertile nella città governata dagli spagnoli: come ha affermato Dinko Fabris, la Passio di Veneziano risente della tradizione penitenziale particolarmente viva nella società napoletana del tempo. Ma nonostante ciò la sua musica sorprende fin dalle note iniziali, che sembrano richiamare vigorosamente l’attenzione degli ascoltatori annunciando il racconto della morte di Cristo dell’evangelista Giovanni.

Nonostante la drammaticità degli eventi narrati, dalla condanna alla crocifissione, nella continua alternanza di ariosi e recitativi accompagnati sia dal solo basso continuo che dagli archi, prevalgono le tonalità maggiori. Si tratta di una musica di altissima ispirazione che lungo il procedere della narrazione si infittisce di commoventi accenti sonori, con continui cambi di tempo e una straordinaria sottolineatura delle frasi più incisive del testo in latino che segue alla lettera le parole del Vangelo. Le parti staccate della fonte originale prevedono un organico adeguato a quello della Cappella Reale, ossia due violini, due violoncelli, liuto, contrabbasso e organo, a cui sia nella registrazione discografica che nel concerto sono stati aggiunti altri violini, due viole, due tiorbe e un cembalo.

La accurata direzione di Florio ha mantenuto una costante e incalzante tensione espressiva valorizzando tutte le articolazioni ritmiche e melodiche di questo intenso affresco barocco esaltato dalle eccellenti voci dei tre solisti, Raffaele Pe, Luca Cervoni e Marco Bussi, che hanno interpretato l’Evangelista, Cristo e Pilato, riuscendo a evidenziare le innumerevoli sfumature e i toccanti accenti di questa emozionante narrazione. Alle loro spalle il Coro Ghislieri ben preparato da Giulio Prandi ha rappresentato con i pochi ma incisivi interventi previsti nella partitura la “turba” del popolo dei Giudei, e le sue nove voci sono apparse moltiplicate dalla prodigiosa acustica della sala grande del Concertgebouw.

Il concerto, replicato il giorno seguente con altrettanto successo nel Muziekcentrum De Bijloke di Gand in Belgio, dimostra quanto ci sia ancora da scoprire e da ascoltare fra i tesori musicali del Seicento.

Cappella Neapolitana e Coro Ghislieri diretti da Antonio Florio
Roberta Invernizzi - soprano
Sara Mingardo - contralto
Raffaele Pe - controtenore
Luca Cervoni - tenore
Marco Bussi - basso

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Al Teatro Sociale di Rovigo va in scena La voix humaine e a Padova l’OPV propone L’histoire de Babar

classica

A Santa Cecilia, all’Opera e al Teatro Olimpico tre diverse edizioni del balletto di Čajkovskij

classica

A Piacenza la stagione d’opera si apre con successo con una Madama Butterfly dall’efficace segno musicale