L'anima di Isabelle Faust
La violinista inaugura la stagione dell'Associazione Alessandro Scarlatti, con il Giardino Armonico diretto da Giovanni Antonini
Ci sono violinisti che raccontano se stessi, altri che sfidano il violino, altri che illustrano la storia della letteratura di questo impareggiabile e diffusissimo strumento. Poi c'è Isabelle Faust, che queste tre dimensioni le possiede, ma, al contempo, le trascende raccolte in una: l' "umanità". Artista minuta e dal carattere gigantesco, per la quale non è adeguato parlare di tecnica, che pure è schiacciante, ma di un virtuosismo umano, vicino a noi, al pubblico. Faust, insieme con il Giardino Armonico diretto da Giovanni Antonini, inaugura la stagione dell'Associazione Alessandro Scarlatti, presso la nuova sede dei concerti al Teatro Sannazaro di Napoli, sala da suggestioni intime, da camera, con un confronto tra sinfonie di F. J. Haydn, in Sol maggiore detta Palindrome, in Fa minore detta La Passione, e due concerti per violino e orchestra, N. 1 e 5, di W. A. Mozart.
Sandro Cappelletto nelle note di sala si sbaglia nettamente: «Perché … si è creata una lingua della musica che costituisce ancora oggi il nucleo nettamente maggioritario dei programmi da concerto? Che ne sarebbe delle nostre stagioni senza Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert?» – a meno non se ne farebbe, ma ridimensionarli aprirebbe nuovi mondi. È la storia della musica occidentale che andrebbe riscritta, senza il punto di vista "adorniano", trasversale e muovendo da un mondo antecedente, più mediterraneo, italiano in particolare, che non è quello della tarantella e che già offriva l’elaborazione motivico-tematica ricordata da Adorno, modo maggiore e modo minore, movimenti veloci e lenti, vivacità e lirismo, piano e forte. E poi perché i sottotitoli non si davano alle composizioni prima che a Vienna e del Settecento?
Intanto, le sinfonie di Haydn escono piene di sorprendenti colori, l'Allegro nella prima è subito stupendamente graffiante nei contrasti tra fiati ed archi, divertentissimo nei dialoghi ed accenti il trio, meno brillante l'Adagio ma anche nella seconda è così - sembra quasi che Antonini non abbia nello spirito certi affetti e la troppa perfezione di tempo, intonazione e insieme di fraseggio rendono i tempi più lenti leggermente strutturati, pesanti e più noiosi.
È invece maestro del Presto, sa essere balzante anziché languido, e ogni esecuzione è un'avventura: piacere puro, fa davvero scuola. Il presto della seconda sinfonia è un perfetto equilibrio tra registro basso, ritmico ed energico, e il registro alto, che dosa un fraseggio sempre leggibile e godibile, mai un eccesso di fretta.
Altrettanto, l'aspetto centrale dell'esecuzione della violinista Faust risiedeva nel suo modo di fare musica, in maniera folgorante e diretta, con favolosa comunicativa. Il complesso tematico del primo concerto di Mozart usciva fresco, fluido e a tratti funambolico. Sotto le dita sottili e agili, armato di arcate guizzanti come fiamme, attimo dopo attimo non smetteva di suggestionare e colpire. Pubblico stregato da lei nel secondo tempo, quasi come se ci fosse stato bisogno di conoscersi prima e piacersi poi. Il violino non diventa ma è emanazione diretta dell'anima, protagonista di un racconto vero. Non fatica a trasformare la materia vibrante dello strumento, la risveglia, ne plasma l'energia sonora con metamorfosi timbriche. Nel Concerto n. 5 volge fluida l'interpretazione dal fraseggio fitto, sonoro nei passaggi tematici dove le note escono sincronizzate con l'orchestra, il tutto mai forzato o discontinuo. Pagine cesellate come cristalli per Haydn, sempre autoironico, e Mozart, apollineo - mai accomodante e compiacente l'interpretazione di Antonini e Faust. Pubblico esaltato, lunghi applausi e un bis.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln