Il tempo scorre a Vienna
Scala: successo per Der Rosenkavalier diretto da Zubin Mehta
Recensione
classica
Zubin Mehta ha ripetuto l'exploit della serata straussiana del maggio scorso perché il suo Der Rosenkavalier è stato di una fluidità e leggerezza esemplari, con contrasti sonori di misurata eleganza. Mentre chi scrive deve ricredersi su Krassimira Stoyanova, che in quella occasione aveva sollevato qualche perplessità nei Vier letzte Lieder, perché ha dimostrato di essere una Feldmarschallin di gran classe, dalla voce calda e sicura. Ottime anche Sophie Koch (Octavian) e Christiane Karg (Sophie), quest'ultima capace di teneri atteggiamenti adolescenziali. Günther Groissböck ha tratteggiato la fanfaronaggine di un barone Ochs ancora giovanile, talvolta con eccessiva gestualità, ma sempre consona al personaggio. Lo spettacolo, coprodotto col Festival di Salisburgo dove andò in scena due anni fa, è firmato dal regista Harry Kupfer e dallo scenografo Hans Schvernoch, che hanno ambientato la vicenda agli inizi del Novecento. La presenza di un grammofono a tromba nella camera della Feldmarschallin e delle sedie Secession in casa di Faninal (Adrian Eröd) non lasciano dubbi che si sia alla vigilia della Prima Guerra Mondiale che tra poco spazzerà via tutto quel mondo. E il trascorrere del tempo e la sua relativa nostalgia, che non è solo appannaggio della Feldmarschallin, si fa anche immagine concreta perché sul fondale vengono proiettate immagini in bianco e grigio della Vienna che fu. Nel primo atto si vedono scorci della Hofburg dalla camera da letto, nel secondo c'è un succedersi di facciate, interni di palazzi e serre gigantesche, nel terzo uno scorcio della ruota del Prater. Presto nascosta dalla locanda che viene letteralmente composta a vista, per poi lasciare il posto alla veduta di un parco dove è cantato il meraviglioso terzetto, prima che la Feldmarschallin e Faninal partano in limousine. Il valletto non è però un bambino, ma un giovanotto di colore che quando torna a recuperare il fazzoletto dimenticato, lo annusa con trasporto. Lasciando il sospetto che tra lui e la Feldmarschallin potrà succedere qualcosa. I costumi, firmati da Yan Tax, sono naturalmente primo Novecento, tranne uno settecentesco, quello del tenore italiano. Insomma uno spettacolo perfettamente riuscito in ogni dettaglio, accolto con grandi ovazioni per tutti a fine serata. In specie per Zubin Mehta.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento
classica
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.