Geometrie variabili per Marmaduke
Libera improvvisazione, brani vecchi e nuovi e dialoghi in duo a Padova Jazz
Recensione
jazz
Anche questa generosa e riuscita dodicesima edizione del Padova Jazz Festival ha voluto regalare in chiusura un concerto gratuito che slabbra l'idea di jazz e l'accosta a diverse tendenze della musica improvvisata. Marmaduke nasce ad inizio 2009 dall'incontro fra Maurizio Brunod e Alexander Balanescu, integrando quindi personalità e mondi sonori diversi: un collaboratore storico di Brunod, qui in veste di batterista, Massimo Barbiero, e il pianismo jazz, personale e bluesy, di Claudio Cojaniz, volentieri ironico, a tratti barocco nell'accentuare i pieni. Il concerto dal vivo mantiene l'immediatezza e l'andamento altalenante del cd appena uscito. Gli spazi di libera improvvisazione si alternano alla rivisitazione di brani tratti da repertori consolidati, come "Mostar" e a dialoghi in duo, riproponendo l'intesa fra le dinamiche elettriche di Brunod e il percussionismo ricco di sfumature sui piatti di Barbiero. Convince soprattutto la capacità di Balanescu di dare al suono del suo violino torsioni sempre diverse in funzione degli interlocutori, si tratti di "Lune #11" con Claudio Cojaniz o di "Clown Song", con la chitarra classica di Brunod, meno inventiva della sorella elettrica. Altrove il quartetto alterna felici idee e momenti di ascolto reciproco a momenti più scontati dal sapore blues o rock, spesso troppo densi di ostinati che li costringono a volumi alti e ad una certa prevedibile ridondanza: non a caso si aprono spazi poetici quando la batteria cede il passo alle note ben scelte e alle pause del vibrafono.
Interpreti: Alexander Balanescu, violino Massimo Barbiero, batteria e vibrafono Maurizio Brunod, chitarra elettrica e classica Claudio Cojaniz, piano
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