Il corpo-voce di Natasha Atlas

Per i concerti "notturni" di Settembre Musica MITO, a Torino il concerto della cantante di cultura araba Natasha Atlas, con un cammeo finale di danza del ventre

Recensione
classica
Torino Settembre Musica Torino
14 Settembre 2007
Certi nomi dicono tutto di un destino: Natasha Atlas, cittadina di Bruxelles attualmente, discende da una famiglia egiziana che è migrata per alcune generazioni in Marocco e in Palestina, ed è le catene marocchine dell'Atlante, è una vita tracciata sull'atlante di mezzo Mediterraneo e mezza Europa (la giovinezza l'ha trascorsa a Northampton, UK, e si sente dal suo inglese fluente da pub). Piccolina, formosa, ha un bell'accoccolarsi su un trampolo e inchiodare il suo corpo per buona parte del concerto dietro la voce sofisticata, ma il raq sharki (la danza del ventre) che ha appreso da fanciulla e che esibiva quando cantava con i favolosi Transglobal Underground (una delle prime vere band di vera world music), le vibrava addosso lo stesso, nonostante la staticità strumentale dell'ensemble che la accompagnava, prodotto e diretto con classe cameristica da Harvey Brough (elegante e virtuosa in particolare Clara Sanabras a chitarra barocca, oud e seconda voce, e il percussionista Aly Abdel Alim, voce maschile). Così al bis Natasha, che ha cantato per il concerto con la sua virtuosa voce arrangiamenti del repertorio arabo (vintage i due omaggi novecenteschi alla diva libanese Fairuz e all'attore e cantante egiziano Abdel Halim Hafez), si appartava tra i vapori, le belle forme disciogliea un po' di più tra i veli, come una maomettana Tosca, e danzava finalmente il sublime incanto della più mistica tra le danze erotiche.

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