Ute regina dei Peccati capitali
La Lemper porta anche a Bologna la sua celebrata interpretazione di Weill, galvanizzando orchestra e pubblico.
Recensione
classica
"I sette peccati capitali" di Bertolt Brecht e Kurt Weill nascono come balletto, un "ballet chanté" prodotto nel 1933 all'inizio dell'esilio parigino. Proposti in forma di concerto assumono l'aspetto di una carrellata di canzoni, con una voce femminile protagonista e un gruppetto di vocalists maschili.
Ute Lemper, si sa, è l'inteprete ideale di questo repertorio: la sua voce inconfondibile, ora calda ora tagliente, trova le screziature giuste per tali musiche sempre in bilico fra l'ironico e il grottesco. Ma non è tutto: Ute Lemper canta col corpo intero, ammiccando al pubblico, atteggiando la maschera facciale in modo burbero o sorpreso, conforme alla musica che le scorre attorno, accennando passi di danza sui ritmi irresistibili di Weill.
Anche l'orchestra, sotto la bacchetta del direttore ospite principale Carlo Rizzi, è parsa in gran forma, galvanizzata dalla prova dell'illustre interpreta, raggiungendo quella duttilità ritmica e timbrica che la partitura richiede. Ottimale poi il mixaggio fra la voce amplificata della Lemper e gli strumenti. Un vero trionfo ha accolto il termine dell'esecuzione.
La serata è stata completata da due poemi sinfonici: "I tiri burloni di Till Eulenspiegel" straussiani, in cui si sono particolarmente distinte le prime parti dell'orchestra, è le desuete "Vetrate di chiesa" di Ottorino Respighi, nell'ambito delle ripetute attenzioni che il teatro sta riservando al sempre un po' trascurato compositore bolognese (in due anni: un paio di opere e alcuni brani sinfonici). L'orchestra del Comunale, radunata per l'occasione a pieni ranghi, si è trovata come suo solito a pieno agio fra i clangori e la ridondanza di tali pagine.
Interpreti: Ute Lemper, soprano; Paolo Fanale e Gregory Bonfatti, tenori; Donato di Gioia, baritono; Michele Bianchini, basso.
Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Direttore: CARLO RIZZI
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