Geometria delle passioni nel Trovatore di Verdi
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Recensione
classica
Ultimo titolo nel cartellone del Teatro lirico di Cagliari è stato il Trovatore, in un allestimento realizzato lo scorso anno per l'Opéra di Monte-Carlo e successivamente ripreso a anche Trieste. Spettacolo elegante e raffinato (ingiustamente fischiato dal pubblico), con la regia di Federico Tiezzi, le scene di Pier Paolo Bisleri, le luci di Giorgio Saleri, ha sfruttato l'ampio palcoscenico cagliaritano (molto più grande rispetto a quello di Montecarlo) per creare una dimensione scenica lunare, un'atmosfera di mistero e di paura. Un teatro fatto di gesti sobri, di movimenti compatti delle masse, che miravano più ad effetti di tabelaux visivi che a riferimenti realistici, di suddivisioni geometriche e cromatiche dello spazio scenico. Un teatro che è parso sublimare le passioni estreme dei personaggi di quest'opera, individuare una consonanza profonda con la sua assenza di dinamismo drammatico, le simmetrie della sua struttura quadripartita, la natura simbolica, archetipica di elementi spesso evocati come il sangue e il fuoco. Il risultato è stato una sorta di geometria delle passioni priva di enfasi e magniloquenza, inquadrata tra enormi pareti mobili e nere, che ritagliavano fondali rettangolari, caratterizzati in ciascuna scena da un colore dominante (il cielo di un intenso blu elettrico che faceva da sfondo all'aria di sortita di Leonora, e che diventava poi giallo-ocra scena di Azucena e degli zingari, la verde carta topografica nella scena dell'accampamento dei soldati, lo squarcio rosso, verticale, che accompagnava la "pira"). Scene comunque immerse nella penombra, illuminate dai bagliori metallici delle armature o punteggiate da pochi dettagli: il profilo della luna nei giardini del palazzo, la madonna aureolata di neon nella scena del convento; il grande plastico della battaglia, con i soldati del conte di Luna intenti a muovere le pedine in vista dell'attacco al fortilizio; i (meno interessanti) figuranti in controluce e pose plastiche. Manrico era il tenore cinese Warren Mock, cresciuto musicalmente negli Stati Uniti, che ha già sostenuto questo ruolo a Martina Franca (registrato anche in un cd della Dynamic del 1998): un Trovatore un po' monocorde nell'espressione e con una pronuncia non felicissima, ma che ha sostenuto più che dignitosamente la sua parte, e con grande sicurezza nell'acuto della pira. Susan Neves, che lo scorso anno aveva fatto il suo debutto italiano (come Abigaille) proprio a Cagliari, è stata una Leonora dalla voce imponente ma disomogenea, con i suoi momenti migliori nell'ultima parte dell'opera. Morbida, di prima qualità, invece la voce di Roberto Frontali, ben immedesimato anche scenicamente nella parte del Conte di Luna, capace di valorizzare tutte le indicazioni espressive che Verdi ha inserito nella sua parte, estraendone un personaggio non truce, ma nobile e mosso da passioni profonde. I difetti maggiori li ha mostrati Elisabetta Fiorillo, una Azucena dotata certo di una voce possente nel grave, ma troppo instabile, oscillante, spesso crescente nel registro di testa, per non dire del suo apparire in scena sempre come una forsennata, senza sottolineare la natura ambigua del suo personaggio, a metà strada tra la psicotica e la chiaroveggente. Buona la prova del coro, diretto da Paolo Vero, e la direzione di Renato Palumbo che, a parte qualche eccesso di enfasi e qualche tempo troppo rapido, ha colto benissimo gli effetti vellutati dell'orchestrazione.
Interpreti: Frontali/ Horiuchi (1-3/6), Neves/ Lukacs (1-7/6), Fiorillo / Dever (1-3/6), Mock/ Kulko (1-3/6), Zanellato/ De Grandis (1-3/6), Di Vico /Capellani (1-3/6)
Regia: Federico Tiezzi
Scene: Pier Paolo Bisleri
Costumi: Giovanna Buzzi
Orchestra: Orchestra del Teatro Lirico
Direttore: Renato Palumbo
Coro: Coro del Teatro Lirico
Maestro Coro: Paolo Vero
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