Sognando Mahagonny

Terzo titolo del Novecento nell'attuale stagione lirica genovese, dopo il trittico di Berio e "The Banquet" di Panni, "Ascesa e caduta della città di Mahagonny" ha ottenuto un caloroso successo di pubblico. Bello spettacolo per la direzione di Bruno Bartoletti, la regia di Graham Vick e il cast dominato da Karan Armstron Marie Mclaughline e John Treleaven.

Recensione
classica
Teatro Carlo Felice Genova
Kurt Weill
10 Aprile 2001
Dopo i successi delle passate stagioni, in "Cardillac" di Hindemith e in "Death in Venice" di Britten, Bruno Bartoletti è stato l'artefice di uno dei migliori spettacoli dell'attuale stagione del Carlo Felice, "Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny". L'opera di Weill e Brecht è lavoro estremamente complesso, tortuoso e, forse, anche alquanto dilatato. Weill e Brecht nell'inventare la città-paradiso, la città dell'oro dove, con il denaro tutto è permesso, denunciano in maniera cruda e grottesca la degenerazione della società. La partitura contiene elementi di indubbio interesse. Varia la scrittura vocale, dal melologo all'aria più o meno lirica a declamazioni intonate. Frequenti i concertati e i momenti corali, in uno stile che oscilla fra il popolare e il colto. In orchestra emergono con felici esiti timbri isolati in un'atmosfera che alterna episodi finemente amalgamati a punte assai taglienti. Accanto alla direzione di Bartoletti, eccellente per coerenza, rapporti fonici, approfondimento espressivo dei singoli pezzi, occorre citare la regia creata una decina d'anni fa da Graham Vick per il Maggio Fiorentino (direttore artistico, non a caso, era Bartoletti) e qui ripresa da Franco Ripa di Meana. La scena di Maria Bjornson prevede un fondale a nicchie, ognuna contenente un interno di casa, materiali poveri e moderni, con due riferimenti forti, un gigantesco cactus (sopra, appollaiato un avvoltoio, inquietante) e un bisonte. Vick ricrea con violenza d'immagini la amoralità di Mahagonny, gioca sulla coralità, inventa soluzioni d'effetto, muove i personaggi abilmente, ma sa anche bloccare il palcoscenico in quadri di indubbia suggestione. La decadenza, nel terzo atto, è palpabile nel generale invecchiamento (bisonte e avvoltoio sono due scheletri) dei personaggi che, come tanti birilli in un crescendo tragico cadono a turno, scandendo inesorabilmente la fine della loro città proibita. Il cast è parso globalmente eccellente. Da lodare Karan Armostrong e Marie McLaughline, e, soprattutto, John Treleaven. Si segnalano, infine Timothy Nolen, John Duykers, Riccardo Ferrari, Dimitri Kharitonov, Ugo Benelli e la voce narrante Aldo Ottobrino. Una citazione particolare meritano le sei artiste del coro (Marina Mariotti, Dania Palma, Paola Porcile, Rossella Puggioni, Rita Scilipoti e Elisabetta Valerio) disinvolte nel risolvere la parte vocale e nell'esibirsi in abiti decisamente ridotti.

Interpreti: Armstrong, Treleaven, Mclaughlin, Nolen, Duykers, Ferrari, Kharitonov, Benelli

Regia: Graham Vick ripr. da Franco Ripa di Meana

Scene: Maria Björson

Costumi: Maria Björson

Orchestra: Orchestra del Teatro Carlo Felice

Direttore: Bruno Bartoletti

Coro: Coro del Teatro Carlo Felice

Maestro Coro: Ciro Visco

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