Francesco d'Avalos (1930-2014)

La scomparsa del compositore

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Aveva attraversato il Novecento con distaccata curiosità, collezionando memorie in grandi scatole e annotando personaggi ed episodi che oggi si possono gustare nella sua Autobiografia, uscita pochi mesi fa per cura di Daniela Tortora (Aracne editore). Aveva acquisito una stima grande come insegnante e più come direttore d'orchestra, eppure pochi avevano capito che Francesco d'Avalos era semplicemente uno dei più grandi compositori vissuti nel pieno Novecento, anche perché rare erano le esecuzioni delle sue musiche, la cui redazione era durata a volte per decenni. Era nato a Napoli nel 1930 col titolo di principe, discendente di una delle famiglie aristocratiche più importanti dell'Europa dalla fine del secolo XV, ed è scomparso il 26 maggio scorso nell'imponente palazzo cinquecentesco della famiglia, in via dei Mille, dove lo aveva ritratto Werner Herzog nel suo film dedicato a Gesualdo nel 1995.

La sua educazione musicale era stata irregolare: il suo principale maestro a Napoli fu Renato Parodi, mentre sul piano culturale rivendicò sempre gli insegnamenti ricevuti da padre Ugo Capone, barnabita, e Giorgio Punzo e inoltre dal marchese La Via per gli interessi esoterico-filosofici. Quando il giovane Henze si stabilì a Napoli, tra i due coetanei nacque una intensa e duratura amicizia che prescindeva dalle forti divergenze ideologiche. Fu Henze a introdurre d'Avalos, che aveva già ricevuto lezioni di direzione d'orchestra da van Kempen, nell'ambiente tedesco delle post-avanguardie, portandolo a Darmstadt e presentandolo a una serie di personalità del tempo (su quasi tutti, compreso Adorno, possiamo leggere i giudizi a volte taglienti del napoletano). Dal 1958 divenne allievo di composizione di Celibidache, cui restò molto legato ma anche in questo caso senza nascondere gli elementi distintivi. Dal 1972 d'Avalos fu invitato da Nino Rota a insegnare composizione al Conservatorio di Bari e poi dal 1979 al 1998 ha insegnato Alta Composizione al Conservatorio di Napoli: in entrambi gli istituti ha scoperto ed entusiasmato decine di allievi tuttora in attività. Più tarda ma di alto profilo internazionale fu invece la sua carriera di direttore d'orchestra, come dimostra la ventina di incisioni discografiche realizzate in gran parte con la Philarmonia Orchestra di Londra (integrali di Brahms, Clementi, Mendelssohn, e soprattutto di Martucci). Alcune sue pagine orchestrali e cameristiche sono state eseguite durante mezzo secolo di attività ma fu il primo allestimento scenico del suo dramma musicale Maria di Venosa (dedicata alla sua antenata uccisa dall'altro principe musicista Carlo Gesualdo), al Festival di Martina Franca nel 2013, a far scoprire al grande pubblico il valore assoluto della sua musica (per inciso l'opera era stata commissionata dal teatro San Carlo che però non l'ha mai allestita: un omaggio postumo sarebbe doveroso). Nel frattempo Francesco Libetta aveva potuto registrare una edizione integrale in disco della produzione pianistica di d'Avalos, e si stavano programmando esecuzioni delle molte opere ancora inedite, tra cui la favorita dall'autore è il dramma Qumran, la cui stesura fu cominciata negli anni '60 dopo la scoperta dei rotoli del Mar Morto, ed è proseguita fino al 2000. Dotato di una conoscenza vasta e profonda del repertorio musicale europeo, d'Avalos aveva sviluppato una sua propria via alla composizione alternativa sia all'avanguardia seriale sia al passatismo tonale. La musica tuttavia costituiva solo una piccola parte dei suoi interessi, che erano in gran parte assorbiti dalla visione filosofica della storia (in parte esposta nel suo libro La crisi dell'occidente e la presenza della storia, Bietti 2005, che è però rimasto quasi ignorato). L' Autobiografia si conclude nel 1957 con la laconica osservazione che dopo quella data non era successo più nulla di veramente importante nella sua vita. Per nostra fortuna ha vissuto e prodotto arte per altri sessant'anni.

Dinko Fabris

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