Il mestiere di sovrintendente non si improvvisa
Bianchi lascia il Maggio Musicale Fiorentino
Ciò suonava come una sconfessione di molte delle azioni intraprese e attuate da Bianchi nei mesi e negli anni passati, all'insegna dello slogan “teniamo la barra dritta” (così nell'allocuzione rivolta al pubblico in occasione della prima del “Faust” recensito da chi scrive su questo sito). Dritta, se ci è consentito, anche a costo di andarsi a schiantare sugli scogli. Ricordiamo che sia la precedente sovrintendente Francesca Colombo che Bianchi hanno effettuato licenziamenti che le magistrature competenti hanno finito per giudicare arbitrari e che hanno comportato costosi reintegri e cospicui risarcimenti, e che Bianchi in particolare si è segnalato per una visione del proprio ruolo che ci contentiamo garbatamente di definire monocratica. Fra le sue azioni da commissario la cassazione della coproduzione con altri prestigiosi teatri e festival di “Written on skin” di George Benjamin, rivelatasi poi una delle più riuscite e circuitate operazioni di teatro musicale contemporaneo degli ultimi anni. Quindi, come sovrintendente, la guerricciola di logoramento a Mehta, la guerra aperta coi sindacati (che però hanno le loro colpe e le avranno finché CGIL e FIALS non riescano a mettersi d'accordo su qualcosa), i costosi e per ora improduttivi investimenti in materia di comunicazione, a partire da quel famoso e brutto video sull'Opera di Firenze che avrebbe dovuto diventare (a detta dell'allora responsabile della comunicazione, Paola Calvetti) “virale” in tutto il mondo, e che su youtube registra 2632 visualizzazioni. Per non dire delle “incomprensioni” con i commissari governativi incaricati di verificare i piani di risanamento presentati dall'Opera di Firenze. Forse anche questi commissari, come tanti di noi, si chiedevano il perché di certe spese, figure, cariche, aumenti di stipendio ai dirigenti (se ne è molto parlato nel 2016), quando, come prima cosa, si era imposto ai dipendenti di stringere la cinghia e di parecchi buchi.
Però oggi, proprio nell'atto di dimettersi, Francesco Bianchi dice una cosa giusta, sacrosanta, importante: vuole tornare a fare il suo lavoro, il lavoro che sa fare, il banchiere. Imparate, imparate, voi che dovrete nominare il prossimo sovrintendente. Perché, contrariamente a quello che pensano i politici, fare il sovrintendente di un teatro come questo non è un “incarico” per qualche uomo di gestione, o di cultura, o di prestigio, o di buone entrature politiche. E' un mestiere, anche se è vero che oggi in Italia ci campa benissimo qualche “mestierante”, soprattutto di quella specie di mestieranti che sembrano così bravi a insegnarlo agli altri, il mestiere. E a Firenze l'ultimo sovrintendente che sapesse fare questo mestiere è stato Francesco Ernani. Che se ne è andato da qui, se la memoria non ci inganna, alla fine degli anni Novanta. E' forse inutile mettersi a cercare in tutta fretta sovrintendenti solidi e sperimentati nel mestiere qui in Italia: c'è da temere che non verrebbero. E allora, almeno per forma e per decoro, un bando regolare in cui per una volta chi sa o pensa di avere le carte in regola possa farsi avanti. Questa sì che sarebbe una novità, per Firenze. Perché altrove è stato già stato fatto.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.