Milano, Mercoledì 9 Giugno 2010
I vertici della Confindustria Cultura Italia si sono riuniti a Milano per presentare alla stampa una relazione sullo stato dell'industria culturale italiana e discutere della svolta digitale e l'innovazione nel settore. Il Presidente Paolo Ferrari ha aperto l'incontro leggendo un messaggio di Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria, assente per impegni istituzionali: «Il settore della cultura [...] ha le potenzialità per essere un'industria vera e propria, generare profitto [...]. Il Bel Paese da sempre attrae turisti ed esporta cultura, anche attraverso le opere di nostri grandi artisti del passato [...]. È necessario puntare sull'innovazione». Una premessa che scricchiola: prima di parlare di profitti servirebbe mettere a punto un sistema di distribuzione che tuteli le produzioni indipendenti, per esempio, e invece di tirare in ballo il solito glorioso passato sarebbe opportuno osservare le vie più intelligenti e coraggiose battute nel campo dell'innovazione digitale. In questo senso il presidente dell'AIE, con un intervento simile a quello del presidente di Univideo, ha sostenuto che «il diritto d'autore è stato messo in crisi dal concetto di accesso gratuito alla cultura», ignorando che il fenomeno delle licenze Creative Common sta - di fatto - affermando il contrario, ad esempio - per restare nell'ambito italiano - con il collettivo Wu Ming. Paolo Ferrari, anche presidente dell'ANICA, Gisella Bertini Malgarini (ANES) ed Enzo Mazza (FIMI) hanno poi denunciato, rispettivamente, gli scarsissimi investimenti attuati sulla cultura in Italia, la soppressione delle agevolazioni postali e le dichiarazioni populiste del Ministro dell'Interno sul tema dei download illegali.
Su un punto si sono trovati tutti concordi: le norme contro la pirateria informatica in Italia sono ottime, ma non vengono applicate. Forse grazie ai forti interessi delle compagnie telefoniche? Questo appunto di un giornalista presente in sala non ha trovato valide risposte, si è anzi deviata la discussione tirando in ballo la priorità che la Polizia Postale ha riguardo la repressione della pedo-pornografia. Una conferenza che ha messo in luce come i vertici dell'industria culturale ignorino una buona parte del mercato, spesso quella più intraprendente nei confronti delle nuove tecnologie.
I vertici della Confindustria Cultura Italia si sono riuniti a Milano per presentare alla stampa una relazione sullo stato dell'industria culturale italiana e discutere della svolta digitale e l'innovazione nel settore. Il Presidente Paolo Ferrari ha aperto l'incontro leggendo un messaggio di Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria, assente per impegni istituzionali: «Il settore della cultura [...] ha le potenzialità per essere un'industria vera e propria, generare profitto [...]. Il Bel Paese da sempre attrae turisti ed esporta cultura, anche attraverso le opere di nostri grandi artisti del passato [...]. È necessario puntare sull'innovazione». Una premessa che scricchiola: prima di parlare di profitti servirebbe mettere a punto un sistema di distribuzione che tuteli le produzioni indipendenti, per esempio, e invece di tirare in ballo il solito glorioso passato sarebbe opportuno osservare le vie più intelligenti e coraggiose battute nel campo dell'innovazione digitale. In questo senso il presidente dell'AIE, con un intervento simile a quello del presidente di Univideo, ha sostenuto che «il diritto d'autore è stato messo in crisi dal concetto di accesso gratuito alla cultura», ignorando che il fenomeno delle licenze Creative Common sta - di fatto - affermando il contrario, ad esempio - per restare nell'ambito italiano - con il collettivo Wu Ming. Paolo Ferrari, anche presidente dell'ANICA, Gisella Bertini Malgarini (ANES) ed Enzo Mazza (FIMI) hanno poi denunciato, rispettivamente, gli scarsissimi investimenti attuati sulla cultura in Italia, la soppressione delle agevolazioni postali e le dichiarazioni populiste del Ministro dell'Interno sul tema dei download illegali.
Su un punto si sono trovati tutti concordi: le norme contro la pirateria informatica in Italia sono ottime, ma non vengono applicate. Forse grazie ai forti interessi delle compagnie telefoniche? Questo appunto di un giornalista presente in sala non ha trovato valide risposte, si è anzi deviata la discussione tirando in ballo la priorità che la Polizia Postale ha riguardo la repressione della pedo-pornografia. Una conferenza che ha messo in luce come i vertici dell'industria culturale ignorino una buona parte del mercato, spesso quella più intraprendente nei confronti delle nuove tecnologie.