Il talento di Father John Misty

Nuovo album per l'ex Fleet Foxes, sulla scia della grande canzone americana

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Father John Misty
I Love You, Honeybear
Sub Pop

Alzi la mano chi non ha avuto un'infatuazione per il primo (e omonimo) album dei Fleet Foxes! Uscito nel 2008, vedeva la band di Seattle dell'allora giovanissimo Robin Pecknold offrire uno spettacolare concentrato di romanticismo bucolico, che reinterpretava le ballate folk dei monti Appalachi e i tardi anni Sessanta più o meno psichedelici di Crosby Stills & Nash, Love, Buffalo Springfield e - soprattutto - Beach Boys. La band venne catapultata di colpo tra le star internazionali della musica indie: in modo talmente repentino, da lasciare Pecknold piuttosto frastornato, come si poté constatare nel tour che allora toccò anche l'Italia. Non è forse un caso che il miracolo non si ripeté: uscì ancora un album nel 2011, bello ma non folgorante, e poi (per ora) più nulla. Le ultime notizie dicono che Pecknold starebbe studiando alla Columbia e scrivendo le musiche di uno spettacolo teatrale, Wyoming.



Tornando, però, ai Fleet Foxes del debutto, i più attenti ricorderanno che alla batteria c'era J. Tillman, autore già allora di album scarnificati e dolorosi all'insegna del folk alternativo (e della chitarra acustica), paragonati spesso a Nick Drake, al primo Neil Young, ma anche a Bonnie Prince Billy. Lasciati i Fleet Foxes all'inizio del 2012, Tillman scelse per la nuova carriera solista il nome d'arte di Father John Misty. Dopo l'esordio con Fear Fun (2012), ecco arrivare il secondo album, I Love You, Honeybear. Se il primo nacque in un periodo difficile, quest'ultimo celebra le gioie del matrimonio (con la fotografa Emma Elizabeth Garr), senza però dimenticare che la vita è comunque un affare complicato da affrontare spesso con una risata amara. In bilico tra l'autobiografico e il teatrale, gli undici pezzi (che hanno ricordato a molti Randy Newman, John Lennon o il primo Elton John), si muovono tra ricchi arrangiamenti orchestrali, soft rock e atmosfere intimiste, tra suoni che ricordano il vecchio J. Tillman e sorprese, come i suoni mariachi di "Chateau Lobby #4 (in C for Two Virgins)", il synth-pop di "True Affection" o il quasi glam-rock di "The Ideal Husband". Da applauso.

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