Jamie xx
In Colour
Young Turks
Il ventiseienne Jamie Smith nasceva mentre in Gran Bretagna stava fiorendo la primissima stagione dei rave ed era bambino quando le radio pirata diffondevano nell'etere i nuovi ritmi urbani. Eppure a quelle atmosfere e a quei suoni si riferisce - in modo evidentissimo nell'iniziale "Gosh" - il suo album d'esordio da solista, in libera uscita dal gruppo - The xx, appunto - con cui si è affermato alla fine del decennio scorso, essendone produttore e delegato ad armeggiare con le apparecchiature elettroniche. Il trio vive comunque in armonia e, anzi, sta lavorando al prossimo disco, cosicché nella circostanza gli altri due soci - Romy Madley-Croft e Oliver Sim - non gli fanno mancare il loro sostegno, figurando ospiti in tre brani fra i più significativi della raccolta. Sim canta e suona la chitarra in "Stranger in a Room", che mette in scena un garbato minimalismo esistenzialista affine allo spirito della band madre. Romy, invece, compare in voce in "SeeSaw", che affascina col suo spleen in dimensione house, cui contribuisce in veste di coproduttore Four Tet, e soprattutto nella contagiosa "Loud Places", che concilia leggerezza e carica ritmica come forse solo il canadese Caribou sa fare oggigiorno, riesumando il coro di "Could Heaven Ever Be Like This" di Idris Muhammad, rare groove datato 1977 che rivela la sapienza da Dj del protagonista.
Siamo dunque nell'alveo della club culture, osservata però da un'angolazione laterale, un po' alla maniera di Burial, rispetto al quale - tuttavia - Jamie xx esibisce vocazione maggiormente "pop", come dimostra ad esempio "I Know There's Gonna Be (Good Times)": solare numero di R&B con interventi del rapper di Atlanta Young Thug e del vocalist giamaicano da dancehall Popcaan. Pulsano luci stroboscopiche e la musica satura i sensi, ma senza che vada smarrito il fattore umano: "Frequento posti rumorosi/in cerca di qualcuno/che mi faccia sentire tranquilla/e mi porti a casa", recita eloquentemente il testo di "Loud Places".