Musica torrenziale

Il minimalismo massimalista del sessantasettenne pianista di origine ucraina Lubomyr Melnyk

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Lubomyr Melnyk
Rivers and Streams
Erased Tapes

La storia che si rivela approfondendo il caso enunciato discograficamente da Rivers and Streams, secondo album del quasi sessantottenne Lubomyr Melnyk edito dall'indipendente britannica Erased Tapes (la stessa che pubblica i giovani compositori "neoclassici" Nils Frahm e Ólafur Arnalds), ha contorni romanzeschi.

Figlio di genitori ucraini espatriati in Germania dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e cresciuto in Canada, Melnyk è un perfetto prototipo dell'outsider incompreso. Filosofo per studi universitari e musicista per passione, ha vissuto a lungo un'esistenza di stenti: bohémien negli anni Settanta a Parigi, dove collaborò con la coreografa Carolyn Carlson, e in seguito artista spiantato nella patria adottiva, a causa dell'ostracismo praticato nei suoi confronti dai circoli accademici. In quel periodo formulò i principi di quello che chiama "continuous music", teorizzati nel saggio Open Time (1981) e concretizzati nel 1979 in KMH: Piano Music in the Continuous Mode (che nei tardi anni Ottanta il "Village Voice" incluse in una lista dei "dieci dischi di cui non si può fare a meno"). Dichiarando quali fonti d'ispirazione Beethoven, Chopin e Mozart, ma indicando nell'In C di Terry Riley la scintilla che accese la sua immaginazione, Melnyk crea musica che affronta il minimalismo - sono percepibili echi dei lavori per piano di LaMonte Young e Charlemagne Palestine - con impeto massimalista.



La sua velocità di esecuzione è da Guinness dei Primati, infatti: 19 note e mezza al secondo per ciascuna mano, con una media di 13 sulla scala dell'ora (fa testo la performance registrata nel 1985 a Sigtuna, in Svezia). Il risultato del suo approccio alla tastiera, non virtuoso bensì travolgente, per di più enfatizzato dalle risonanze dovute all'uso insistito del pedale tonale, non può lasciare indifferenti. E a corollario di ciò, Melnyk sostiene trattarsi addirittura della prima vera innovazione pianistica dai tempi di Scarlatti! Lasciamo ai dotti il compito di confutarne tesi e relative applicazioni («Per loro sono come un cane che sa fischiare», spiega l'interessato), limitandoci a misurare gli effetti all'ascolto. Che sono sorprendenti, in Rivers and Streams: dagli arpeggi incalzanti dell'iniziale "Parasol" all'ambientazione astratta della successiva "The Pool of Memories", immortalata dal vivo dentro una chiesa londinese. E se in "Sunshimmers" e "Ripples in a Water Scene" la trama è ravvivata dal dialogo con la chitarra di Jamie Perera (coproduttore del disco insieme al fondatore di Erased Tapes Robert Raths), nei due movimenti della fluviale "The Amazon" - tema conduttore dell'opera è appunto l'acqua nelle sue varie forme - affiora il suono spaesante del taegŭm suonato dalla flautista coreana Hyelim Kim. Sembra l'esplorazione di un mondo nuovo (per chi volesse saperne di più: www.lubomyr.com): esperienza notevole, dunque.

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