Musica concreta da vedere

Pop Mirage è la terza uscita per il duo La Vague

Articolo
pop

La Vague
Pop Mirage
Mia Records

Fanno tutto loro in questo cd Francesca Pirami e Alessandro Corsi, cioè La Vague. In due scrivono testi e musiche, in due usano un bel numero di strumenti ed elettronica, lei canta in tutte le tracce, in italiano ma anche inglese e francese. La grafica di copertina è già un messaggio: da un mucchio di spazzatura, plastiche multicolori può nascere qualcosa? Un angelo che vola? La bellezza? Forse, o è solo un miraggio?

Dopo La Vague (2008) e Cabaret Electric (2012), lavori caratterizzati dall’andamento di una originale idea di teatro musicale, laboratorio artigianale che nella forma canzone attinge a svariati stimoli (rock, pop, blues, funk, jazz), Pop Mirage conferma il carattere onnivoro di una musica mobile, eclettica, ma qui più attenta all’aspetto compositivo.

Attraverso un montaggio pulsante curato fin nel più piccolo dettaglio, sovraincisioni, distorsioni, elettronica, uso di strumenti singolari o autocostruiti (kazooto, Reso bass, mbira, beatbox...) la tavolozza di colori, suoni, ritmi a disposizione è ampia. I due de La Vague la esplorano non solo con talento strumentale e vocale, ma anche con il giusto disincanto, leggerezze e sprazzi di sana ironia. Su questa strada cabaret, teatro brechtiano, sapori blues, amori mai traditi (Tom Waits, Erykah Badu, Edith Piaf) non risultano isole lontane ma vanno a formare un arcipelago variegato nelle forme ma coerente nell’ideazione stilistica. Il miraggio di un mondo migliore, l’utopia, sono forse gli ultimi mezzi che abbiamo a disposizione per scorgere una luce in fondo al tunnel. Strumenti delicati da maneggiare, Francesca Pirami e Alessandro Corsi, cioè La Vague, lo sanno e ci provano con coraggio.

Nella vostra musica l’uso di stili e linguaggi diversi è spesso finalizzato, nelle due prime produzioni in modo più netto, alla costruzione di uno spazio scenico, un trasformismo dove corpo e gesto, oltre suono e parole, assumono un ruolo decisivo. Da dove prende le mosse questa scelta comunicativa?
FRANCESCA: «La voglia di creare un connubio, una continuità fra musica e azione scenica è ciò che ha messo le basi a questo progetto. Quando ci siamo conosciuti Alessandro ricercava un aspetto scenico nella sua musica originale mentre io lavoravo sia dal punto di vista attoriale che musicale proprio sull’unione dell’aspetto visivo e di quello sonoro-musicale. Abbiamo quindi deciso di iniziare un percorso in cui la creazione dei brani originali e le prove musicali in studio erano affiancate da prove settimanali in teatro in cui “muovere” la musica nello spazio scenico. Da questa ricerca iniziale è nato un universo comune di immagini, personaggi, sensazioni, mood… crocevia di tempi, luoghi-non luoghi, personaggi e apparizioni, una poetica che continua a permeare il nostro percorso che negli anni si è comunque evoluto e arricchito di nuovi stimoli sia musicali sia visivi. In realtà ciò che sta avvenendo negli ultimi anni è un processo differente. Non abbiamo più in mente l’azione scenica quando scriviamo, anche se sicuramente il nostro modo di scrivere è “concreto”: la melodia e le parole agiscono nella musica con una forte corrispondenza ad un’emozione, un’immagine, una visione di sé, e in questo senso i brani non sono mai astratti. Alcuni dicono che ascoltare i nostri brani è un po’ come guardare dei film!».

Interessante è anche l’aspetto strumentale che caratterizza ogni brano come un mondo sonoro ben definito. Nei cd precedenti mettevate in gioco delle collaborazioni, in Pop Mirage siete soli e vi alternate a vari strumenti spesso inusuali o artigianali. È un modo per avere tutto sotto controllo?
ALESSANDRO: «Fin dall’inizio la fase compositiva del progetto riguardava esclusivamente me e Francesca. Le collaborazioni, che comunque tuttora abbiamo nei live, arricchiscono il nostro mondo sonoro e umano e ci danno l’opportunità di aprirci all’improvvisazione oltre che a nuove soluzioni per brani già scritti. Quindi sì, la fase del concepimento è di appannaggio esclusivo della coppia… Ma quando il figlio nasce è bene che cresca anche con gli altri!».



"Pop Mirage", brano rap che dà il titolo al cd, lo si può leggere come un tentativo di focalizzare aspetti sociali della contemporaneità?
FRANCESCA e ALESSANDRO: «Sicuramente è il tentativo di mettere a fuoco un miraggio. Il testo-fiume, una specie di flusso di coscienza, è nato pensando di rimanere una “prefazione” stampata nel booklet dell’album in cui parlare liberamente di quello che per noi significa Pop Mirage. Contemporaneamente ci siamo appassionati all’elettronica e il testo ha cominciato a prendere la forma di una cantilena-mantra che veicolava tutti i concetti che ci hanno portato alla necessità di scrivere un terzo disco. Pop Mirage: il miraggio popolare, l’illusione di avere ben chiaro il punto di vista dal quale vedere e capire il mondo, una visione univoca che porta alla necessità di catalogare tutto. Il miraggio svanisce o compare spostando il punto di vista decontestualizzando una parte del tutto, il dubbio a volte salvifico sfoca l’obiettivo e mette a fuoco il singolo. Il singolo individuo, sempre più isolato dagli altri simili, catalogato nei suoi bisogni, i cui sogni sono target per ricavare un profitto. E i sogni sono sempre più vicini… la perfezione fisica, l’eterna giovinezza, la popolarità, i famosi 5 minuti di gloria, miraggi a fuoco che abbagliano un quotidiano intorpidito, sbiadito, in cui delegare la responsabilità della propria vita. La crisi, la paura, il terrore, tutti motivi per delegare la propria libertà a chi sa bene come usarla a suo vantaggio. E anche il ribelle può acquistare il suo “outfit” e catalogarsi alternativo salvo sentire anche solo il profumo di quel miraggio di popolarità che nasconde una torta di cui tutti vorrebbero una fetta. Eppure c’è una zona d’ombra in cui tracciare un solco nella verità di ciò che si sente, ci sono migliaia di solchi che lentamente bonificano un terreno contaminato e lo rendono fertile, tracce che si collegano sempre più creando un disegno così grande che solo fino a poco tempo fa risultava invisibile. È tutto più scarno fuori dall’abbaglio, eppure il potere personale aumenta in un collegamento diretto con l’altro. Di fatto è la prima volta che mettiamo in musica un nostro pensiero sulla società!».

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

pop

Una riflessione sulla vita di Quincy Jones, scomparso a 91 anni

pop

Che cosa non perdere (e qualche sorpresa) a C2C 2024, che inizia il 31 ottobre

pop

Fra jazz e pop, un'intervista con la musicista di base a Londra