Qualcuno deve cantare il dolore

One More Time with Feeling, il sofferto film sull'ultimo lavoro di Nick Cave & The Bad Seeds

Nick Cave One More Time with feeling
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Scorrono i titoli di coda, Arthur ed Earl, i figli gemelli di Nick Cave, cantano "Deep Water", il brano composto dal padre per Marianne Faithfull: in sala nessuno si alza, dopo essere stato investito per quasi due ore da un’onda emotiva a tratti quasi insopportabile.

One More Time with Feeling, presentato in anteprima all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, avrebbe dovuto essere originariamente un documentario sulla nascita del sedicesimo album album di Nick Cave con i suoi Bad Seeds (lo abbiamo recensito qui), ma la morte del quindicenne Arthur, avvenuta il 14 luglio dello scorso anno in seguito a un tragico incidente, l’ha trasformato nel racconto crudele, in un severo bianco e nero, della personale discesa nell’oscurità del dolore del cantautore australiano e della sua disumana fatica per portare a termine il disco.

Quello ripreso e intervistato dal regista Andrew Dominik è un Nick Cave schiantato dal dolore e dal senso di colpa che qua là affiora («Susie e io avremmo dovuto essere più attenti»), a tratti rabbioso nei confronti di chi gli manifesta la propria pietà, a tratti con gli occhi lucidi per la commozione.

Il film è stato girato sia in 3D sia in 2D: io ho preferito vederlo nella seconda versione, che mi ha restituito l’immagine di un uomo addirittura in 1D, come spalmato su fondali spesso bianchi, che nota davanti allo specchio i segni dell’invecchiamento comparsi negli ultimi mesi, che ha paura di perdere la voce («Sto perdendo la voce. Schediamola sotto la voce “cose perdute”: la mia voce, il mio iPhone, la mia capacità di giudizio»), che non sa come affrontare il trauma (parola che ricorre spesso nel film).

La maggior parte delle canzoni presenti nell’album Skeleton Tree (e dal momento dell’incidente Nick Cave sembra davvero un albero scheletrico) erano già quasi pronte, ma gli eventi hanno spinto Cave a una inevitabile revisione dei testi: lo stile narrativo è diverso rispetto al passato, non si preoccupa di raccontare storie compiute, è irregolare, a tratti ostico. Il film mette anche in evidenza il grande rapporto d’amicizia che lega Nick Cave a Warren Ellis, membro dei Bad Seeds dal 1995 e vero deus ex machina della parte più strettamente musicale del disco, l’uomo che, a detta dello stesso Cave, «sta cercando di tenere insieme le cose».

È un film che non va da nessuna parte, esattamente come la vita di Nick e di sua moglie Susie: «il tempo è un elastico, ti allontani dal nucleo ma poi ci ritorni con uno schianto».
La creazione artistica può occupare la mente e aiutare a elaborare un lutto? Cave sembra scettico al riguardo, anche se dice che «la gente che vuole i dischi li avrà». Sperando di essere smentito, l’impressione che ho ricavato dalla visione di questo film è che Skeleton Tree potrebbe essere il suo ultimo disco.
«Susie e io abbiamo deciso di essere felici, sarà la nostra vendetta», come se la felicità si potesse pianificare a tavolino. In ogni caso auguri, caro Nick, con tutto il cuore.

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