Yo Yo Mundi, gioia è rivoluzione
La rivoluzione del battito di ciglia è il nuovo, splendido, lavoro degli Yo Yo Mundi
Non è un principio apodittico, di quelli che non temono smentite e precisazioni: è una sensazione che pervade chi tiene in mano l'oggetto disco, e si prepara ad assaporarlo. O a restare magari anche parzialmente deluso. Un buon titolo difficilmente tradisce le aspettative: se è intenso, diretto, in qualche modo assertivo, per quanto vestito di poesia. Pensate a Anime Salve o La pianta del tè, o a Disoccupate le strade dai sogni. Il nuovo disco degli Yo Yo Mundi si intitola La rivoluzione del battito di ciglia, ed è un titolo che ti mette già in buona disposizione d'ascolto. Sembra alludere al fatto che, in piena crisi di ideologie (che significa poi il trionfo di quella ur-ideologia che è l'homo homini lupus in declinazione liberal-digitale, e fuori dai piedi tutto il resto), una scheggia di senso, di resistenza culturale nel senso nobile del termine, di riflessione che non sia un attimo o due di svogliatezza tra lo schermo dello smartphone e quello del pc possono esistere in un disco.
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Paolo Enrico Archetti Maestri, con la sua voce corazzata di inquieta fragilità con questo lavoro, nato in crowdfunding, ci regala forse i suoi testi più diretti, riusciti e poetici di sempre. Un gran disco, venato di folk rock e di nobile canzone d'autore. Con melodie schiette e dirette, con interventi di ospiti che occupano nicchie precise e preziose: sono Marino Severini dei Gang, Maurizio Camardi intrepido cavaliere della world music, Giorgio Li Calzi che ha sempre saputo mettere assieme ricerca e comunicativa, ed ancora Alan Brunetta, Gianluca Magnani, Donatella Figus, Gianluca Vaccarino, e molti altri musicisti partecipanti a fiati, tasti e corde.
Un disco “resistente”, nel sua panoplia di significati: che resiste alla canea montante di canzoni vuote e vacuamente rabbiose, che resisterà all'usura del tempo perché parla di resistenza a un orizzonte fatto solo di merci e supermercati, perché racconta di filari di vite e di vino saporito, di gentilezza vera e non di cortesia affettata da signori, di resistenti della Val di Susa, di “occhi tiepidi di cani”, di ninnananne da re-inventare, di sorrisi e carezze senza melassa e zuccheri sintetici aggiunti.
Con archi robusti e flessuosi arrangiati da Chiara Giacobbe, con una ritmica tanto precisa quanto discreta. Hanno passato la boa dei trent'anni gli YoYo Mundi, e questo è il diciannovesimo disco. Il fiato è ancora tutto nella cassa toracica, le scarpe per camminare buone, gli strumenti accordati, la mente lucida. Si parte un'altra volta.