Tutti gli amici di Paolo Bonfanti
Elastic Blues festeggia i 60 anni di Paolo Bonfanti, nel segno delle molte declinazioni delle musiche americane
Dietro ogni musicista ci sono infinite storie, infiniti altri musicisti, infiniti percorsi che si sono incrociati nei dischi e sui palchi. Lo sa molto bene Paolo Bonfanti, che nel 2020 ha compiuto sessant’anni e che a partire dagli anni ottanta ha percorso in lungo e in largo palchi e dischi della scena blues nazionale.
Ora, fare un disco per il proprio “buon compleanno” – come vuole essere questo Elastic Blues – è operazione a forte rischio di autocelebrazione. La sensazione però si dissipa dopo pochi istanti, appena preso in mano il ricco libretto che accompagna il cd. Si leggono spesso sorridendo, gli aneddoti e le storie che Bonfanti raccoglie in queste ottanta pagine: sono storie di palco, di amicizie, di ascolti. Un omaggio, più che a se stesso, a quanti hanno incrociato il suo percorso.
In piena coerenza, il disco sembra raccontare proprio la stessa cosa, ed è stato messo insieme chiamando a raccolta amici e collaboratori lungo oltre tre decenni di carriera. Il risultato sono quindici tracce (più una reprise) che paiono una antologia delle mille possibili ramificazioni delle musiche americane del Novecento. Il blues, certo, elettrico e acustico (la chitarra di Bonfanti si presta generosamente a entrambe le declinazioni). Ma anche il jazz-funk di “A o canto” con i suoi riff angolosi, la cavalcata elettrica di “Alt!”… E poi le ballate acustiche, che sono probabilmente la parte migliore: la springsteeniana “Haze”, il country di “Heartache by Heartache”, “The Noise of Nothing”, “Hypnosis” (che ricorda Sun Kil Moon) e la deliziosa “Fin de zugno”, in genovese, dedicata alle manifestazioni genovesi del giugno 1960. «Tra i lanciatori di selciato c’erano anche mio padre e mia madre; e c’ero anch’io, un “coso” di quattro mesi che sballottava felice nel liquido amniotico», racconta Bonfanti.
Non c’è, giunti alla fine, un pezzo che suoni come un altro, ma non è un male, naturalmente. La presenza di Bonfanti – nel ruolo di regista, più che di festeggiato – tiene insieme il tutto e dirige il traffico degli ospiti. Partecipano tra gli altri – impossibile elencarli tutti – Lucio Fabbri, Yo Yo Mundi, AnanasnnA, Alter Echo String Quartet, i “riformati” Big Fat Mama, Aldo De Scalzi…
Se non ci fosse stato il Covid, probabilmente, Elastic Blues sarebbe stato anche (e forse soprattutto) una festa dal vivo. Non è stato così, purtroppo, e si è trasformato in una celebrazione (speriamo non postuma) del fare musica, la migliore delle “Unnecessary activities” che Bonfanti e la sua ciurma elencano nel brano omonimo.