Mentrix, tra Iran ed Europa

Il primo album di Mentrix, artista iraniana multimediale di stanza a Berlino, tra femminismo sufi ed electronica industriale.

Mentrix
Disco
oltre
Mentrix
My Enemy, My Love
House of Strength
2020

Due mesi fa la mia attenzione fu catturata da un videoclip affascinante intitolato “Walk” pubblicato da Mentrix, nome a me sconosciuto. Fui incuriosito dalla descrizione: «Una narrazione cinematografica ideata da Mentrix e Gilles Estève che esplora i temi della femminilità, dell’unità, della solidarietà e della spiritualità, dal contrasto tra la fluorescente concretezza urbana di Teheran e gli orizzonti mozzafiato e simbolici dei deserti iraniani«.

Approfondendo scopro che dietro il nome Mentrix si cela Samar Rad, nata in Iran e spostatasi in Francia al seguito della famiglia all’età di otto anni, ritornata in Iran all’età di quattordici anni e obbligata a reimparare il farsi, passando dallo studio delle letterature latina e francese a quella araba e allo studio del Corano.

Ma non è finita: dopo un soggiorno in Inghilterra, adesso Samar vive a Berlino, dove è entrata in contatto con una delle scene elettroniche più vivaci del mondo.

Un mese più tardi è la volta di “Nature”: “Per il corpo la danza è come la pioggia per il deserto: può sopravvivere senza ma la desidera sempre, è la natura. Nell’incredibile paesaggio di Kavir-e-Lut nell’Iran orientale, Mentrix desidera trovare la propria natura”.

Ce n’è abbastanza per attendere l’album d’esordio, arrivato il 3 aprile.

Uno degli elementi che colpiscono maggiormente ascoltando MY Enemy, My Love è la presenza del daf, un tamburo a cornice con anelli metallici suonato con le dita, tipico dell’Iran, e vero propulsore dell’album: come spiega Mentrix, nel Sufismo questo strumento è sia «un richiamo al risveglio dell’anima» sia «un suono che comunica vacuità e desolazione».

«Il daf è la faccia oscura e quella luminosa della luna racchiuse in un solo strumento».

Oltre al daf compaiono altri strumenti tradizionali come il tombak, un tamburo a calice, il khamancheh, un cordofono ad arco, e il flauto ney, presenti soprattutto in “Igneous Sun”, brano dall’andamento lento dove la costruzione vocale fa venire alla mente la Björk di Vespertine.

Nell’iniziale “Nature” l’intonazione vocale di Mentrix richiama quella di Karin Dreijer, meglio conosciuta come Fever Ray, per poi svilupparsi in qualcosa di più originale con l’avanzare dei brani che compongono la raccolta.

La maggior parte dei testi è ispirata dalla poesia persiana e dai testi del Sufismo e anche per noi non-adepti risulta fonte d’ispirazione, affascinante e senza tempo. La title track, un flusso di percussioni martellanti con voci stratificate, fa riferimento a un tema caro alla scrittura di Mentrix, quello delle sensazioni contrastanti tra essere un’emigrante e una disertrice, ma anche quello dell’amore per le sue origini.

«Io sono per sempre affezionata al mio luogo di nascita, e la mia identità e le mie aspirazioni hanno le loro radici nella cultura iraniana. Da quando l’Occidente dipinge così spesso l’Iran in maniera opinabile, mi sento obbligata a condividere col mondo i suoi aspetti differenti e positivi».

My Enemy, My Love è un viaggio introspettivo che, oltre agli strumenti tradizionali, fa ricorso a un’elettronica scurissima che, a tratti, rimanda al goth-pop, senza disdegnare incursioni nell’industrial. L’ascolto può risultare complesso, spinto com’è oltre le convenzioni, ma è proprio questa mescolanza di culture e influenze disparate a rappresentare la forza di questo disco.

P.S. In concomitanza con l’uscita dell’album Mentrix ha pubblicato su Youtube Mentrix Mind Expanding Maze, un’odissea psichedelica di 32 minuti attraverso la cultura e i luoghi iraniani orchestrata col contributo dell’artista multi-disciplinare Emile Barret e destinata ad accompagnare le esibizioni di Mentrix, poi cancellate per i noti motivi.

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