Kremer e la matura solitudine del violino di Weinberg
Gidon Kremer ha celebrato i suoi 75 anni dedicando un disco a tre sonate per violino solo di Mieczysław Weinberg
Il violinista e direttore d’orchestra lettone Gidon Kremer lo scorso 27 febbraio ha compiuto 75 anni e li ha celebrati con la pubblicazione di questo album realizzato per la nicchia New Series dell’etichetta di Manfred Eicher, alla quale lo lega una decennale collaborazione come Kremer stesso ricorda nelle note che accompagnano il disco.
Al centro di questo lavoro troviamo l’opera per violino solo di Mieczysław Weinberg (Varsavia 1919 – Mosca 1996), compositore sovietico di origine polacca autore prolifico di un repertorio che annovera, tra l'altro, ventisei sinfonie, diciassette quartetti d'archi, sei concerti, sette opere liriche, ventotto sonate – delle quali diverse per violino – più di duecento canzoni, colonne sonore per sessanta film, oltre a musiche per teatro di prosa.
Discendente da una famiglia ebrea di origine moldava sopravvissuta ai pogrom del 1905, Weinberg si allontanò dal suo paese nel 1939 a seguito dell’invasione nazista cercando rifugio in Unione Sovietica – prima a Minsk, dove ricevette la sua formazione iniziale in composizione, poi a Tashkent in Uzbekistan e infine a Mosca nel 1943 – per poi essere arrestato nel 1953 dalla polizia di Stalin nell’ambito delle ultime propaggini delle “purghe” ai danni dell’intellighenzia ebrea sovietica. Personalità mite nonostante le vicissitudini personali, questo autore ha coltivato rapporti di stima professionale e di amicizia con figure quali Dmitrij Shostakovich, ottenendo inoltre l’apprezzamento di esecutori come, tra gli altri, Mstislav Rostropovič o Svjatoslav Richter.
Lo stesso Gidon Kremer ha già dedicato diverse registrazioni all'opera di questo compositore, compreso un doppio album realizzato con la sua Kremerata Baltica e sempre pubblicato dalla ECM, registrato tra Vienna e Riga nel giugno 2015, che raccoglie le quattro sinfonie da camera scritte nell'ultimo decennio di vita di Weinberg, oltre a un nuovo arrangiamento – ad opera dello stesso Kremer e del percussionista Andrey Pushkarev – del primo Quintetto per pianoforte del 1944.
In questa occasione, invece, Kremer si dedica al repertorio per violino solo di Weinberg, attraverso un percorso a ritroso che dalla densa e complessa architettura della Sonata n. 3 op. 126, datata 1979 e intarsiata attraverso una densità timbrica dalla ricca varietà espressiva dispiegata senza soluzione di continuità in ventidue minuti circa di feconda indagine strumentale, si passa alla Sonata n. 2 op. 95 (1967) per poi finire con la Sonata n. 1 op. 82 del 1964.
Se alla pregnante complessità della pagina più matura, segnata dalla natura quasi rapsodica, la partitura del 1967 risponde attraverso una struttura che potremmo definire descrittiva, con le sette parti che la compongono illustrate attraverso altrettanti tioli dalla evocativa e quasi didascalica eloquenza – Monody, Rests, Intervals, Replies, Accompaniment, Invocation, Syncopes – la prima Sonata restituisce le radici classicistiche coltivate da Weinberg attraverso una scrittura che, nell’articolarsi dei cinque movimenti descritti con le denominazioni Adagio-Allegro, Andante, Allegretto, Lento e Presto, combina con personale creatività stilemi che rimandano idealmente ad un materiale stilistico capace di evocare echi bachiani così come beethoveniani, pur nell’alveo di un impianto di scrittura formalmente novecentesco.
Una materia espressiva che Kremer riesce a rileggere con coinvolgente efficacia, traendo dal suo prezioso strumento plasmato da Nicola Amati nel 1641 una densità interpretativa davvero pregnante, arricchendo di spunti personali un’esecuzione trascinante e coinvolgente.