Il ritorno di Ry Cooder e Taj Mahal

Un disco acustico e scarno per Ry Cooder e Taj Mahal, a 57 anni dai Rising Sons

Ry Cooder Taj Mahal
Foto Abby Ross
Disco
pop
Taj Mahal & Ry Cooder
Get on Board
Nonesuch
2022

“Salite a bordo”, recita il titolo di questo ritorno insieme di Ry Cooder e Taj Mahal. Salite a bordo, ribadiamo noi, il viaggio vale tutto il prezzo del biglietto, e la barca, rigorosamente a vapore e tarata per la navigazione musicale facendo perno sulle volute placide del Mississippi vi condurrà in una sorta di paradiso blues acustico, la terra di sogni, lacrime e sorrisi che fu di Sonny Terry & Brownie McGhee.

L’uno, quello con la chitarra in mano si trascinava un piede offeso dalla poliomielite. L’altro, che evocava mille spiriti con il suo “spiritus”, il soffio nell’armonica diatonica, era cieco. Eppure quando salivano su un palco scatenavano una  raffinata bufera di suoni che più afroamericani di così non si può. Fecero innamorare del blues almeno una generazione di ragazzotti bianchi che cominciavano a mettere le mani sulle chitarre elettriche, orecchiando riff e “power chords” presi in mezzo al manico, brutalmente efficaci anche,per le future ginnastiche essenziali rock.

La generazione che poi costruì una magnifica rinascenza del blues, declinato in mille altri modi possibili.

Cinquantasette (!) anni fa un giovane nero già col vocione intenso e un giovane bianco incuriosito da tutto quanto si poteva fare sulle corde e non appartenesse al mondo delle note eurocentriche si incontrarono, e misero assieme un gruppo tanto memorabile quanto effimero, i Rising Sons. Abbozzo schematico, mal rifinito ma molto, molto sincero di quanto sarebbe poi successo nelle rispettive carriere solistiche. Intense e foriere di incontri, di latitudini tutte da esplorare, a dispetto dei primi pionieri (l’Asia, l’Africa, i Caraibi, soprattutto, per tutti e due).

Cinquantasette (!) anni dopo, i due magnifici e enciclopedici  conoscitori delle corde afroamericane si sono ritrovati a casa del figlio di Ry Cooder, da decenni ottimo guardaspalle musicale di cotanto padre, e qui impegnato a percussioni e basso, e hanno allestito un’incantevole  session per chitarre, mandolino, armonica e ugole ben stropicciate dal tempo in onore del duo storico, Terry & McGhee. Il primo amore non si scorda mai. Buona la prima, in sostanza, ma è una vita che sono buone le prime di Taj Mahal il nero, e Ry Cooder il bianco e  “latino” di Buena vista Social Club. "I Shall Not Be Moved", "The Midnight Special", "Pick a Bale of Cotton", e via blueseggiando con sincera sagacia.

Un suono scarnificato ed essenziale, i video che ci  raccontano di un Taj Mahal diventato grosso come una montagna e di un  Ry Cooder incanutito e ottantenne in ciabatte che tiene il tempo come se il tempo stesse scappando via dalla clessidra. Che meraviglia, la nostalgia in azione senza nostalgie vacue.

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

pop

La metamorfosi pop di White Denim

La band statunitense diventa progetto individuale del tuttofare James Petralli

Alberto Campo
pop

Un sermone (in sanscrito) da Father John Misty

Mahashmashana, nel segno di un massimalismo esistenzialista, è il sesto album di Father John Misty

Alberto Campo
pop

La prima da solista di Kim Deal

Nobody Loves You More è il primo album dell’icona femminile dell’indie rock statunitense

Alberto Campo