Il gospel secondo Daniel Lanois

Heavy Sun è il nuovo progetto del produttore Daniel Lanois, un omaggio al gospel classico

Daniel Lanois Heavy Sun
Disco
pop
Daniel Lanois
Heavy Sun
Maker Series
2021

Si intitola Heavy Sun il nuovo lavoro di Daniel Lanois, proprio come il nome del gruppo che ha messo in piedi con Rocco DeLuca (chitarra e voce), Johnny Sheperd (organo e voce) e Jim Wilson (basso e voce).

Diventato famoso per aver prodotto, tra gli altri, Joshua Tree e Achtung Baby degli U2, Wrecking Ball di Bruce Springsteen e Oh Mercy e Time out of Mind di Bob Dylan, vincitore di ben undici Grammy Award, il musicista canadese ci sorprende – ma, approfondendo la sua genesi, non più di tanto – con questo album che fonde gospel classico, elettronica e il suo inconfondibile tocco ambient : il risultato suona al contempo familiare e inatteso.

«Quand’ero agli inizi della mia carriera negli studi di registrazione sono cresciuto col gospel».

Un album di gospel?!? Sì, e in realtà, ad ascoltare Lanois, una spiegazione c’è: «Quand’ero agli inizi della mia carriera negli studi di registrazione sono cresciuto col gospel – chiaro riferimento ai giorni in cui Lanois era un tecnico in erba in uno studio in Ontario usato soprattutto da gruppi gospel –, ho incontrato tanti quartetti gospel perché molti di questi, provenienti da tutto il mondo, si esibivano in Canada, e una delle loro tappe era nello studio dove lavoravo. Quindi, ed ero ancora un ragazzo, ho ascoltato i favolosi intrecci delle parti vocali, il loro movimento e come l’armonia fosse al servizio della melodia».

Dopo questa spiegazione, ciò che veramente ci sorprende è che non abbia realizzato prima questo disco, terminato nel marzo dello scorso anno, poco prima che il Covid-19 diventasse un problema mondiale, e registrato tra Los Angeles e Toronto. Ma anche in questo caso c’è una spiegazione: per fare un disco come Heavy Sun ci vogliono le persone giuste.

«Eravamo interessati ai gruppi vocali» spiega Lanois. «Rocco e io abbiamo sempre fantasticato sull’avere un gruppo vocale perché amiamo gli intrecci vocali usciti dalla Giamaica negli anni Sessanta e Settanta. E poi abbiamo incontrato Johnny Shepherd, originario di Shreveport, Louisiana, e lui canta davvero in chiesa, è il nostro hymn-ologist. Così, quando lo abbiamo conosciuto, abbiamo pensato che fosse arrivato il momento: l’abbiamo invitato a Los Angeles, abbiamo tirato dentro Jim Wilson ed ecco che il quartetto era pronto».

«Volevamo solo trovare la gioia dei gruppi vocali per noi, e catturarla su disco perché anche altre persone la provassero. Questo è stato l’inizio. Johnny ha preteso che le canzoni che stavano prendendo forma avessero un messaggio e “Power” è stato il primo risultato. Non c'è molto da dire su una canzone con un messaggio così semplice, ma pochi giorni fa ho ricevuto una mail da Brian Eno in cui mi chiedeva di firmare una petizione contro le ingiustizie in Uganda, dove c’è una dittatura sotto le mentite spoglie di una democrazia. Le nubi si sono aperte e gli dei della ragione hanno parlato, “Non è il tempo di restare con le mani in mano”. Senza voler necessariamente entrare nella musica religiosa, abbiamo pensato che lo spirito del gospel stesse cominciando ad avvicinarsi a noi attraverso ciò che stavamo producendo».

L’iniziale “Dance On” attacca con l’organo di Sheperd che nel prosieguo conduce tutto il gruppo in chiesa, proprio come ha fatto per anni alla Zion Baptist di Shreveport, mentre la già citata “Power” è più focalizzata sulle armonie vocali, impiegando una strumentazione minimale, e “Every Nation” ha una melodia semplice costruita su una beatbox ormai fuori mercato.

“Way Down” è un esempio perfetto di armonie gospel a quattro voci con l’organo di Sheperd a fare da contraltare, mentre in “Please Don’t Try” è la voce solista di Sheperd a emozionare e trainare quelle degli altri tre, e “Angel’s Watching” mette in mostra iniezioni di organo, echi e pochi accordi di chitarra, riuscendo a ricreare le atmosfere magiche dei gruppi vocali giamaicani tanto amati da DeLuca e Lanois.

In “Tree of Tule” c’è maggiore spazio per la chitarra e le percussioni e il pianoforte si unisce all’organo per sostenere le armonie vocali dei quattro.

Il disco si chiude con “Mother’s Eyes” e “Out of Sight”, due esempi di gospel che possiamo definire più convenzionali, sempre condotti dall’onnipresente organo di Sheperd.

In definitiva Heavy Sun omaggia e ricrea il gospel senza la chiesa o, meglio, la chiesa c’è ma non ha muri: del resto Lanois, quasi settantenne, nella sua lunga carriera è riuscito a farci capire che la sua musica non ama le barriere.   

«Il nostro obiettivo con queste canzoni era quello di essere una forza per il bene. Volevamo ricordare alle persone di non lasciare che il mondo rubi la loro gioia, ricordare loro che anche durante una pandemia abbiamo la responsabilità di proteggere i nostri spiriti e trovare il modo di continuare a ballare, continuare a cantare, continuare a insegnare, continuare ad amare». Daniel Lanois

 

 

 

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