1970, e in un solo giorno di registrazioni i Funkadelic approntano l’album Free Your Mind…and Your Ass Will Follow, titolo ormai entrato nell’immaginario collettivo. Le canzoni parlano di cose che erano nell’aria: il controllo sociale, l’autoconsapevolezza e l’incapacità degli intellettuali di coniugare le teorie con la realtà della strada, il tutto filtrato attraverso la lezione appresa dai Beatles e da Dylan. Nel maggio dell’anno seguente Marvin Gaye pubblica What’s Going On, a cui risponderanno sei mesi più tardi Sly & The Family Stone con There’s A Riot Goin’ On. I nomi di punta della scena musicale afro-americana cominciano a interessarsi di politica ma non è stato un percorso semplice, soprattutto nel caso di Marvin Gaye, legato all’etichetta Motown, più interessata ai singoli e all’intrattenimento.
Parliament: una guida all'ascolto in 10 canzoni
Nel 1971 Marvin Gaye deve intraprendere una vera e propria battaglia con Berry Gordy per poter far stampare il singolo di "What’s Going On", definito dal “lungimirante” boss della Motown «il pezzo più merdoso che io abbia mai sentito». Il risultato? Cinque settimane al primo posto della classifica americana di R’n’B; l’album con lo stesso titolo vende milioni di copie e ridefinisce la percezione con cui la Motown viene vista dal pubblico, grazie a brani come “Inner City Blues (Make Me Wanna Holler”) e “Mercy Mercy Me (The Ecology)".
Con What’s Going On Marvin Gaye fa diventare il 1971 l’anno in cui gli album di artisti afro-americani diventano importanti tanto quanto i singoli.
È una rivoluzione: al fianco di Isaac Hayes e Curtis Mayfield, Marvin Gaye fa diventare il 1971 l’anno in cui gli album di artisti afro-americani diventano importanti tanto quanto i singoli.
You’re the Man, che è uscito per Motown/Universal per festeggiare il giorno dell’ottantesimo compleanno di Marvin Gaye (2 aprile) è, forse, l’album che avrebbe dovuto rappresentare il seguito di What’s Going On; in realtà, ascoltandolo, non è così conciso e ben costruito come il precedente o come il successivo, il pruriginoso Let’s Get It On, o quel capolavoro intimista del 1976, I Want You.
È un periodo di confusione nella vita di Gaye: il suo matrimonio con Anna Gordy è al capolinea, lui lavora coi produttori Willie Hutch e Hal Davis un po’ a Detroit e un po’ a Los Angeles, dove la Motown ha spostato il quartier generale, i risultati non lo convincono appieno, e quindi sposa la decisione della Motown di non far uscire i pezzi registrati, preferendo concentrarsi sull’album di duetti con Diana Ross e sulla colonna sonora del film Trouble Man.
In realtà gran parte di queste canzoni erano già conosciute, essendo contenute nella Deluxe Edition di Let’s Get It On, pubblicata nel 2001.
Anche il brano che dà il titolo alla raccolta di cui stiamo parlando è già conosciuto, uscito come singolo il 26 aprile del 1972: è il brano più politico tra quelli che compongono il disco, una critica severa della distanza tra le promesse elettorali e l’azione dei politici, proprio quando i bombardamenti americani sul Vietnam raggiungono il loro apice, una critica severa delle politiche economiche e del presidente repubblicano Richard “Tricky Dick” Nixon, definito «un demagogo e un odiatore confesso delle minoranze». Sono passati quarantasette anni ma questa frase è facilmente applicabile oggi a molti politici di nostra conoscenza.
«Hai preparato un piano? Perché, se hai davvero un piano generale, tu sei l’uomo giusto».
“I Want to Come Home for Christmas” e la strumentale “Christmas in the City” sono ispirate dai racconti del fratello Frankie, militare in Vietnam che già erano stati il motore iniziale del testo di “What’s Going On”.
Quando parliamo di Gaye, ovviamente parliamo anche di amore e devozione per le donne, sesso e sensualità: e allora ecco “Women of the World”, una canzone che parte bene ma che fallisce miseramente quando Gaye, dopo essersi complimentato per il duro cammino verso la liberazione intrapreso dalle donne, si chiede quale sarà il suo ruolo all’interno del nuovo universo psicologico femminile: il suo mondo infatti prevede la sua figura al centro con la donna che ruota intorno a lui. Non proprio il massimo, bisogna ammetterlo.
Magari è solo insicurezza di fronte al cambiamento, come lascia intendere “My Last Chance” quando confessa “sono solo un ragazzo timido, sono così nervoso, ragazza, ma ci devo provare”, tornando all’immagine del Marvin degli anni Sessanta e abbandonando quella dell’attivista bohèmien di quel periodo.
A metà tra l’impegno politico di What’s Going On e la sensualità esplicita di Let’s Going On, You’re The Man ci restituisce l’immagine di un artista all’apice del successo e che non sa come gestirlo e ha il terrore di perderlo. Dopo arriveranno la depressione, l’alcol, la cocaina, la ricostruzione fisica e psichica a Ostenda, il ritorno a Los Angeles, "Sexual Healing" e di nuovo la depressione, l’alcol e la cocaina, fino alla morte per mano del padre, quel tragico primo aprile del 1984. Anche se in ritardo, buon compleanno, Marvin.
«Loro lasciano che i bambini vedano come la vita viene distrutta ma non come nasce, cos’è successo alla creazione di Dio?» – The World Is Rated X