TFF4 | Copyright, una dichiarazione di guerra

Rip! A Remix Manifesto di Brett Gaylor: l'opera d'arte nell'era di internet

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Quello del copyright è il terreno su cui si misureranno i grandi scontri politici e legali sulle arti audiovisive nei prossimi decenni: il problema non investe unicamente la pirateria, ma piuttosto un "nuovo" approccio (che poi così nuovo non è, se non nelle sue applicazioni ai nuovi media) nel rapporto con le opere d'arte e con la creazione artistica. Proprio questo è il punto di partenza di RiP! A Remix Manifesto, documentario presentato in Italia in chiusura del Torino Film Festival, già in onda su Cult Tv (e già cult sul web, dove è scaricabile e remixabile), e che diventerà un libro-dvd Feltrinelli a gennaio. Il regista canadese Brett Gaylor, già profeta di un "Open Source Cinema" si iscrive dopo questa prova tra i maître à penser dell'argomento.
Il film è un'opera euforica e "pop", dannatamente divertente, che non manca di ritmo e buoni spunti di riflessione. Se "la cultura è fondata sul passato", e il passato esercita il suo controllo sul futuro limitandone le libertà, allora "per dare vita a società libere bisogna limitare il controllo del passato" dice nel film lo studioso e attivista Lawrence Lessig, tra i fondatori di Creative Commons. Su queste regole si fonda la tesi di Gaylor, che elegge il concetto di "remix" a emblema di una nuova forma d'arte, estremizzazione di pratiche creative sempre presenti (se i Rolling Stones si sono sempre ispirati a riff blues, perché io non posso ispirarmi ai Rolling Stones? E perché i Rolling Stones hanno fatto causa ai Verve per il celebre riff d'archi di "Bittersweet Symphony" per poi vendere i diritti alla Nike?). Suo campione è il mash-up artist Girl Talk, che per la natura stessa del suo lavoro compositivo è "una causa legale che aspetta di accadere". Gaylor argomenta con efficacia e ironia le sue tesi, sfida i suoi "nemici" appellandosi al "fair use" per inserire musiche e spezzoni video altrimenti proibiti. Proprio questo delineare il nemico in maniera manichea (copyright vs. copyleft, cattivi vs. buoni) è il maggior limite del film; un limite non giustificato dalla patina barricadera e dall'intento dichiaratamente programmatico e politico di un "Manifesto". Gaylor sfrutta e banalizza le tecniche del documentarismo di Michael Moore (l'effetto parodia è sempre in agguato per chi conosce il regista di Fahrenheit 9/11), risulta spesso pretestuoso e suggerisce interpretazioni quando dà la parola ai "cattivi". "Which side of the ideas war are you on?" si legge nella presentazione del film. Se la guerra è cominciata, questa sembrava una dichiarazione.

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