"Spiazzature": cercando Alessandria d'Egitto

Musiche che ritornano, mutate, da un viaggio spazio-tempo

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Per il romanziere inglese E. M. Forster, Alessandria era «la città dove sensi e spirito si confondono»: come la Cleopatra di Shakespeare - scriveva - «Age cannot wither her», il tempo non può farla appassire. Ma in questo peccava di ottimismo: negli ultimi trent'anni l'hanno coperta di cemento e spazzatura. Tra fine Ottocento e i primi sessant'anni del Novecento, Alessandria fu capitale di una cultura fusion senza pari: tutti coltivavano, vendevano o compravano cotone, parlavano quattro o cinque lingue e giravano con perlomeno due passaporti in tasca. Nell'orrore urbanistico odierno talvolta si possono con crescente fatica ritrovare ancora i luoghi, le atmosfere di quel mondo: ma quel mondo non c'è più. Aveva un poeta tutelare: «Un gentleman in paglietta, leggermente fuori asse rispetto all'Universo» (sempre Forster) che si firmava Constantine P. Cavafy. Possiamo incominciare il nostro giro dalle sue poesie, lette in greco da Ellie Lambeti e da Charlotte Rampling nella traduzione francese di Marguerite Yourcenar.




Come ricorda Daniel Mendelsohn nell'introduzione alla bellissima integrale da lui curata, la metrica di Kavafis riflette i ritmi delle operette greche del tempo: come ad esempio Christina di Theophrastos Sakellaridis, ibrido fra operetta francese e viennese dal giro melodico che sa di Balcani e di Asia Minore. Ma ad Alessandria si davano anche operette arabe, come quelle di Sayed Darwish (il Teatro dell'Opera di Alessandria è dedicato a lui): la sua Shahrazad - che qui si vede in una versione cinematografica con la grande Soad Hosny - non è altro che è la storia della Grande-Duchesse de Gérolstein di Offenbach dirottata su Baghdad.



E poi c'erano i musical sentimentali di Farid El Atrash, e la musica leggera di Fairouz e Bob Azzam: all'usanza dei locali, Ya Mustapha mescola arabo, francese e italiano, e fu un successo mondiale ai suo tempi.



Ma la scoperta maggiore che dovete fare è quella di Bernard de Zogheb, rampollo di una dinastia di baroni levantini. Scriveva vaudevilles nella lingua franca perlopiù italiana delle cameriere di Alessandria, da recitare tra amici in veranda nella sere ventose di Agami, il Forte dei Marmi delle "bright young things" d'Egitto. Adelphi nel '68 pubblicò Le sorelle Brontë, che si trova ancora. La storica e scrittrice Hala Halim gli ha dedicato un saggio magistrale: qui potete scaricare (alla voce "supporting documents") gli mp3 di Fedra e La vita alessandrina: quest'ultima è una rievocazione di Kavafis: quasi medianica, indicibilmente commovente, e concepibile solo in quella arcana città.

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