Otto CD e un DVD: questo è il contenuto della Super Deluxe Edition di Sign O’ The Times di Prince, originariamente pubblicato come doppio LP nel 1987 (e c'è anche la versione in 11 vinili). Già lo sapete, ci troviamo di fronte al capolavoro dell’artista di Minneapolis e questa nuova versione interamente rimasterizzata – che comprende anche 45 brani inediti (o quasi, poi vedremo perché) – ricostruisce (in maniera non strettamente cronologica) la genesi del disco, creato in un periodo piuttosto movimentato della vita di Roger Nelson: la fine del rapporto sentimentale con Susannah Melvoin, sorella gemella di Wendy, chitarrista dei Revolution e metà del duo Wendy & Lisa, l’interruzione del sodalizio con i Revolution, la sua backing band dal 1979, e il desiderio, se non la necessità, di esplorare nuovi paesaggi sonori. Jimi Hendrix, James Brown, il P-Funk di George Clinton & soci, le ballate, l’adult pop dalle atmosfere sensuali: in Sign O’ The Times c’è tutto questo e altro ancora, ma soprattutto c’è il genio musicale di Prince.
«In Francia un uomo tutto pelle e ossa è morto di una grande malattia dal nome piccolo, per caso la sua fidanzata si è punta con una siringa e ha fatto la stessa fine; da noi ci sono ragazzi di diciassette anni la cui idea di divertimento è far parte di una gang chiamata I Discepoli, fatti di crack e armati di pistola». Iniziava così quel disco e trentatré anni dopo siamo di nuovo alle prese con una grande malattia dal nome piccolo, questa volta seguita da un numero, 19. Come "What’s Going” on di Marvin Gaye e "Songs in the Key of Life" di Stevie Wonder, l’apertura del disco era una sorta di discorso sullo stato della nazione; chi aveva amato il precedente Parade si aspettava che il nuovo disco fosse un invito al ballo carico di sensualità e non la versione audio della prima pagina di un quotidiano. Invece l’album, per giunta doppio, era una dichiarazione di intenti: Prince si era spostato da un’altra parte e voleva che la gente lo sapesse.
«Sento che siamo sul punto di far succedere qualcosa, qualcosa di diretto, selvaggio e bello» – Prince, 1986
Sign O’ The Times ebbe una gestazione tormentata e il risultato fu diverso rispetto ai piani iniziali. In origine il disco avrebbe dovuto chiamarsi Dream Factory, e si allargò poi in un progetto in tre album, Crystal Ball. Non pago, Prince pensò di pubblicare il nuovo disco impiegando lo pseudonimo Camille. Ovviamente nessuno dei progetti piacque alla Warner e la pubblicazione di Sign O’ The Times come doppio album rappresentò un compromesso. Come immaginabile, molto materiale già inciso rimase sugli scaffali.
«Abbiamo registrato e provato in maniera costante ma molte di quelle canzoni scomparvero» – Eric Leeds, sassofonista e flautista in Sign O’ The Times
Nel corso del tempo l’archivio di Prince è diventato materia da leggenda e le ristampe recenti – Purple Rain e 1999 – hanno cominciato a far riemergere materiale che era comparso solamente in qualche bootleg di difficile reperibilità e altalenante qualità. Abbiamo così iniziato a scoprire un universo parallelo, fatto di versioni diverse di singoli, configurazioni alternative di album, canzoni non utilizzate o semplici abbozzi musicali.
Ho citato all’inizio la fine del rapporto sentimentale tra Prince e Susannah Melvoin, in realtà al suo apice all’inizio delle registrazioni, e “Forever in My Life”, “If I was Your Girlfriend” e “Adore” ne sono la riprova, ma tra gli inediti compare “Wally”, canzone in cui Prince canta il dispiacere per la fine della relazione alla sua guardia del corpo nonché confidente Wally Safford. Non è la versione originale, cancellata perché metteva in mostra un’eccessiva debolezza, ma quella registrata un paio di giorni dopo con testo parzialmente cambiato dove Prince promette “I’ll be fine”.
«Abbiamo esaminato tutto quello che siamo riusciti a trovare di quel periodo», ha spiegato Duan Tudahl, senior researcher della Prince Estate. «C’è voluto un anno di duro lavoro, messa a fuoco e dedizione. Abbiamo sacrificato molte ore di sonno, volevamo che tutto fosse corretto. La cronologia dell’elenco dei brani punta ad accordarsi col momento in cui furono registrati. È la sua storia, di quando era innamorato, di quando era arrabbiato o di quando era spirituale».
Prince non si limitò ad assemblare un album pescando nel materiale composto nel biennio 1986-87 ma prese in prestito dalla propria storia: “I Could Never Take the Place of Your Man” è presentata in una versione del 1979, otto anni prima dell’uscita di Sign O’ The Times.
Quel biennio frenetico diede come risultato 16 canzoni che entrarono a far parte di uno dei dischi più importanti di tutti i tempi e questa Deluxe Edition invita gli ascoltatori a apprezzare ancora una volta l’enorme talento di Prince come polistrumentista, compositore e paroliere. È la visione di un artista che è alla ricerca dell’oro e lo trova.
«Un giorno un giornalista mi chiese: “Cosa si prova a essere il miglior chitarrista del mondo?”. Risposi: “Lo chieda a Prince, non a me» – Eric Clapton
P.S. La Super Deluxe Edition di Sign O’ The Times comprende la versione rimasterizzata dell’album originale, quattro dischi di materiale rimasterizzato proveniente dall’archivio, e la registrazione dell’eccellente concerto tenuto a Utrecht il 20 giugno 1987. In più c’è anche il DVD che immortala il concerto del 31 dicembre 1987 al Paisley Park, in cui compare anche Miles Davis. Nei giorni scorsi la Prince Estate l’ha messo a disposizione di tutti su Youtube: ovviamente ne consiglio la visione, più di due ore di grande musica e grande spettacolo. La Prince Estate avrebbe voluto includere anche il film Sign O’ The Times ma problemi legali riguardanti i diritti non l’ha reso possibile. Consoliamoci con il booklet di 120 pagine contenente testi dell’epoca scritti a mano da Prince, con le hit “U Got the Look,” “I Could never Take the Place of Your Man,” e “Hot Thing” e con le molte fotografie scattate da Jeff Katz, il principale fotografo di Prince tra la metà degli anni Ottanta e i primi Novanta.