Ascoltatori appassionati, collezionisti irriducibili, indomiti sognatori, enciclopedie viventi: sono i tanti uomini e donne che, pur avendo un altro lavoro, fanno dei dischi e della musica una delle attività più importanti della loro quotidianità. A queste persone, portatrici di stimoli, idee, emozioni e cultura musicale, abbiamo deciso di dedicare una rubrica, Selfie con dischi, un veloce ritratto in cui possono raccontare se stessi, la loro passione e, soprattutto, suggerirci un sacco di ascolti!
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Oggi è la volta di Stefano Piredda.
Nome: Stefano Piredda
Dati personali: 52 anni, insegnante di lettere, Monfalcone (GO)
Dischi posseduti: 3068 pezzi, ovvero una collezione da lui considerata APPENA ACCETTABILE...
Formati: Vinile (350 pezzi) e cd
Generi preferiti: Rock, pop, tanto folk, molta roba di area Americana, blues, soul, reggae e volentieri jazz
Quante ore di musica ascolti mediamente al giorno e in che momenti?
«Un paio d'ore al giorno in media, qualche volta parecchio di più, rare volte di meno, soprattutto la sera».
C’è un formato che preferisci?
«Il cd va benissimo. Essenzialmente per motivi di spazio».
Quando hai comprato il tuo primo disco? Ti ricordi qual era?
«Ho cominciato a comprare dischi seriamente nel 1981. Non ricordo quale sia stato il mio primo disco, forse, dico forse, Reggatta De Blanc dei Police. Nel giro di pochi mesi, ero in terza media, arrivarono un'antologia dei Creedence, Led Zeppelin IV, The River di Springsteen e pure (nessuno ci crede quando lo dico!) il primo disco solista di Alan Vega di cui avevo letto una recensione sul vecchio Ciao 2001. Poi arrivò il 1982, l'anno in cui per me cominciò davvero tutto, da Call Of The West dei Wall Of Voodoo a Nebraska passando per Miami dei Gun Club. Per quegli anni devo ringraziare mio padre, che non c'è più: gli ascolti me li ha sempre sponsorizzati volentieri».
Dove acquisti principalmente i dischi?
«Dove capita: on line, nelle fiere, nei negozi che ancora resistono».
Ci sono dischi che ascolti dedicandoti solo a quello e altri che ascolti facendo altre attività?
«Quando correggo compiti ascoltare musica aiuta, mi predispone, come dire, all'indulgenza. Quando correggo, ovviamente, non ascolto i Bad Brains o Killing Technology dei Voivod...».
«Quando correggo compiti ascoltare musica aiuta, mi predispone, come dire, all'indulgenza. Quando correggo, ovviamente, non ascolto i Bad Brains o Killing Technology dei Voivod..»
«Mi piace ascoltare quando guido, uso l'automobile per rimettere in circolo dischi che non ascolto da tempo. Però, quando ascolto un disco nuovo, mai in macchina per la prima volta. E nemmeno per la seconda, fosse pure musica molto epidermica. Al volante, comunque, mai ascolterei, che so John Fahey, Bert Jansch, Tim Buckley o Captain Beefheart. Ci sono poi dei dischi che non ascolto da anni perché li conosco letteralmente a memoria. John Barleycorn Must Die dei Traffic, per dire…».
Esiste un disco che hai amato tanto e che ora non riesci più a ascoltare, che non ti piace più?
«No, questo direi di no. Ho molto ridimensionato alcune vecchie passioni adolescenziali, però, tipo gli U2. Se proprio Dublino dev'essere, ma tutta la vita i Thin Lizzy...».
Possedendo tutti quei dischi, quando compri un disco nuovo, quante volte in media lo ascolti, in un anno?
«Dipende. L'ultimo di Andrew Bird, un artista che amo moltissimo, l'avrò ascoltato, l'anno scorso, una ventina di volte prima di riporlo in bacheca e passare ad altro».
Ci sono dischi recenti che pensi ascolterai ancora tra 10 anni?
«Ma certo. Esce moltissima roba buona, altroché. Ne dico qualcuno degli ultimi anni? Magnetic Fields, Ryley Walker, Purple Mountains, Alvarius B., Daniel Blumberg, Andrew Bird, gli Algiers. L'ultimo disco di Terry Allen, un mio pallino, sicuramente…».
Quali sono i tre dischi che più hai ascoltato (o ritieni di avere ascoltato) nella tua vita di ascoltatore e quelli che più hai ascoltato negli ultimi mesi?
«Blonde On Blonde di Bob Dylan, Exile On Main Street dei Rolling Stones e London Calling dei Clash. Negli ultimi mesi Fireraisers, Forever dei Comet Gain, Soft Landing di Sandro Perri e There Is No Year degli Algiers. E tantissime ristampe».
Dovessi consigliare un solo disco della tua collezione a una persona che non lo conosce, quale sarebbe?
«Nebraska, di Bruce Springsteen. Tra le altre cose, un caso letterario. Assieme a King of the Delta Blues Singers 1 & 2 di Robert Johnson è forse il disco che amo di più».