Ravenna Festival, Dante nel Mediterraneo

Il direttore artistico Franco Masotti racconta la nuova edizione – la trentesima – di Ravenna Festival

Ravenna Festival 2019
Martha Graham, Diversion of Angels (foto di Brigid Pierce)
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A pochi giorni dall’avvio della trentesima edizione del Ravenna Festival, che sarà inaugurata il 5 giugno dal concerto che vede protagonisti Riccardo Muti e Maurizio Pollini, abbiamo rivolto qualche domanda Franco Masotti che, con Angelo Nicastro e Cristina Mazzavillani Muti, condivide la direzione artistica di questa manifestazione.

Forse mi sbaglierò, ma mi pare che il tema di quest'anno, "Per l'alto mare aperto", racchiuda le diverse anime del Ravenna Festival come luogo fisico e ideale: Dante (il verso è tratto dal racconto di Ulisse nel XXVI canto dell'Inferno) e, appunto, il "mare aperto", immagine che rievoca una storia antica e moderna assieme, fatta di viaggi, scoperte, commistioni culturali che la città di Ravenna testimonia con la sua storia e i suoi monumenti, e che il Festival richiama con l'ormai tradizionale "Viaggio dell'Amicizia". Come si declinano queste suggestioni nel cartellone di questa trentesima edizione del Festival?

«Nel compiere trent'anni il Festival ritrova la sua vocazione mediterranea, inestricabilmente legata alla storia della città di cui è espressione. E dunque innanzitutto la Grecia, quella antica origine dell'idea stessa di “classicità”, del pensiero occidentale (ma così compenetrato fin d'allora di Oriente), dell'idea di democrazia, di humanitas, radice profonda di quell'Europa in cui viviamo. Quindi non casualmente andremo ad Atene, con Muti, la Cherubini unita a compagini orchestrali e corali greche, per l'esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven e il suo “Inno alla gioia”».

«Dall'evocazione di antichi e fecondi miti – Medea (Chiara Muti nel melologo di Benda), Edipo a Colono nella riscrittura di Ruggero Cappuccio, Arianna e il Minotauro reinterpretati da Martha Graham, Lucrezio in un dialogo “impossibile” con Seneca immaginato da Ivano Dionigi (Vetrano e Randisi con musiche originali di Alessandro Cipriani), Saffo con Psappha di Iannis Xenakis, le sapienti parole di Luciano Canfora e Gabriella Caramore – a immagini e memorie più recenti e anche drammatiche, con l'evocazione della figura di Panagulis (Elena Bucci con le musiche di Luigi Ceccarelli) o di Mikis Theodorakis con il suo Zorbas. Tra l'altro non tutti sanno che Giorgis Zorbas, il celebre personaggio del romanzo di Nikos Kazantzakis, interpretato sul grande schermo da Anthony Quinn è esistito davvero: è sepolto a Skopje e ne ricorre quest'anno il 150° dalla sua nascita».

«E poi ancora il violinista greco Leonidas Kavakos (anche in veste di direttore), la cantante Nektaria Karantzi con Vassilis Tsabropoulos. Ma il Mediterraneo è anche al centro dello spettacolo che lo studioso Alessandro Vanoli, l'attore Lino Guanciale e il musicista Marco Morandi hanno concepito per Ravenna Festival, Le parole e il mare. E nella riflessione sui classici "nostri contemporanei" Dante non può mai mancare, soprattutto nell'approssimarci alle celebrazioni per i 700 anni dalla morte: Dante in rapporto con Virgilio e noi con loro in viaggio per il Purgatorio di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari».

Ravenna Festival
I Tallis Scholars a Sant'Apollinare in Classe (Foto Zani-Casadio)

Ora permettimi di essere un poco provocatorio. Scorrendo il programma vediamo, dopo le "100 chitarre elettriche" dello scorso anno, le "100 percussioni": si tratta di una formula dall'efficace appeal promozionale e con un'incipiente tentazione seriale, oppure c'è di più?

«Che dire, i serial imperversano in TV e non solo e sono seguitissimi; musiche non troppo distanti da noi avevano nella serializzazione integrale la loro vocazione... Dunque perché non cedere alla tentazione, che è poi anche quella della “ripetizione”, alla base di quel minimalismo storico che ci è sempre piaciuto riproporre. Ma al di là della facile boutade, alla base del progetto (che posso anticipare non durerà all'infinito, ma si concluderà nel 2020) c'è soprattutto la natura esplicitamente partecipativa, fortemente aggregante che ci permette di avvicinare a proposte decisamente contemporanee tanti giovani – ma non solo – musicisti, anche dilettanti, che però si cimentano con grandi organismi sonori, partiture complesse, assieme a musicisti fuoriclasse».

«Che dire, i serial imperversano in TV e non solo e sono seguitissimi; musiche non troppo distanti da noi avevano nella serializzazione integrale la loro vocazione... Dunque perché non cedere alla tentazione?».

«Sono esperienze forti, appassionanti che lasciano il segno in chi le vive, ma anche nel pubblico. Una vera e propria festa della musica ma non corriva; impegnativa, piuttosto, e coinvolgente. Gli stessi processi li abbiamo sperimentati nella danza, con il coreografo Olivier Dubois e nel teatro, con il Teatro delle Albe (che ne è pioniere in Italia), e sono e rimarranno un tratto distintivo del Festival. Non è un caso poi che il movimento cooperativo sia nato in queste terre, noi lo applichiamo alle arti performative».

Ravenna Festival 2019
Inferno-Purgatorio (foto Zani-Casadio)

La danza, con quella sua fusione di musica e movimento, può richiamare l'acqua e lo stesso mare che, citando Paolo Conte, "si muove anche di notte e non sta fermo mai". Cosa riserva questa edizione 2019 del Festival agli amanti delle arti coreutiche?

«La danza riveste sempre un ruolo importante nella nostra programmazione. Ci piace e c'è un vasto e composito pubblico che la ama (e spesso la pratica). Sarà un piacere festeggiare gli ottant'anni di un grande coreografo – americano ma così profondamente europeo – come John Neumeier, che torna al Festival con tre grandi episodi tratti dal straordinario repertorio, altrettanti omaggi a tre compositori: Beethoven, Mahler e Bernstein. Poi la compagnia di danza di Martha Graham, con notevoli pezzi del suo repertorio ormai classico e nuove proposte che danno il segno della capacità di rinnovarsi di questa leggendaria compagine. Una proposta decisamente contemporanea è invece quella del Gruppo Nanou che evocherà – inevitabilmente in absentia – la figura del grande Miles Davis con We Want Miles (in a silent way). E poi Micha van Hoecke con un suo personalissimo omaggio ai Pink Floyd e la grande danza classica con un sontuoso gala (Les Étoiles, a cura di Daniele Cipriani). Come dire: una proposta ampia, decisamente a 360 gradi».

Dal Messiah di Händel a Ben Harper, passando per Arvo Pärt e Goran Bregović: qual è l'idea di fondo di un Ravenna Festival che si conferma crogiuolo di suggestioni culturali e artistiche?

«L'idea di fondo, anzi: lo sfondo è – né poteva non esserlo a Ravenna – un grande mosaico (e lo è effettivamente in tanti concerti nelle nostre basiliche patrimonio UNESCO). Mosaico di culture, di religioni, lingue, stili e linguaggi. Questo è nel DNA del Festival fin dalla sua nascita e interpreta lo spirito di questa città, che fu un grande crocevia di popoli e vuol ricordarlo soprattutto ora. Apertura, curiosità, spirito del viaggio, da intraprendere con il nostro pubblico "per l'alto mare aperto", magari cercando di non battere troppo rotte rassicuranti».

«Mosaico di culture, di religioni, lingue, stili e linguaggi. Questo è nel DNA del Festival fin dalla sua nascita e interpreta lo spirito di questa città, che fu un grande crocevia di popoli e vuol ricordarlo soprattutto ora».

«L'idea è quella anche di poter avvicinare un pubblico sempre più ampio che attraverso il richiamo di proposte magari note possa poi scoprire altro. Dietro l'angolo c'è sempre il rischio della routine, del mainstream, ma è nell'incontro tra lingue e stili diversi (la “babele felice” vagheggiata da Roland Barthes) – senza temere ciò che è “tradizione”, “popolare” – che si propiziano le scoperte, le rivelazioni in uno spirito che è anche quello della “serendipità”: vai per cercare qualcosa e trovi altro, o anche perdersi in quel labirinto meraviglioso che sono le performing arts, dove sempre si ri-perpetua la magia della rappresentazione e dello stupore».

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