È morto oggi a 83 anni, per Covid, Raoul Casadei. Casadei aveva ereditato dallo zio Secondo Casadei - l'autore di "Romagna mia" e il grande maestro della musica da ballo romagnola – l'Orchestra omonima, e dagli anni Settanta aveva contribuito ad affermare il "liscio" su un palcoscenico nazionale, grazie a una intensa attività live (con oltre 300-350 concerti all'anno nel periodo d'oro) e ad alcune canzoni di grande successo, su tutte "Ciao mare".
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Per ricordarlo, proponiamo in esclusiva una intervista a Raoul Casadei di Ivan Della Mea, inclusa nel n. 30 de Il de Martino, rivista dell'Istituto Ernesto de Martino di Sesto Fiorentino, che raccoglie gli scritti sulla musica del grande protagonista della canzone politica (E chi può affermare che un sampietrino non fa arte? Scritti di Ivan Della Mea sulla canzone (1965-2009), a cura di Jacopo Tomatis)
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Liscio, gasato, jazz ovvero Casadei e la Romagna sua
Alle 13 di martedì 9 luglio [1996] ho appuntamento con Raoul Casadei, il liscio per antonomasia. Mi hanno gratificato di uno zerotretresetteccetera, un telecellurale. Chiamo. Mi risponde la figlia di Raoul. Mi passa il padre. E la voce, la sua è per me un’ondata di storie e di memorie che mi mette in fila tutto un mare d’Adria, col brodetto di pesce e la piadina allo strutto e il Sangiovese e la striscia bianca di spiagge nazionalpopolari con le cabine ordinate e le famiglie da ombrellone e una malinconia di feria che ha per sottofondo la sempiterna «Romagna mia / Romagna in fiore / tu sei la stella tu sei l’amore»: la voce di Raoul Casadei ha questi umori, questi odori, questi sapori nel segno di una generosità allegra, solare che può essere soltanto romagnola. Raoul Casadei è la Romagna. Morta lì.
È in pullman Raoul, nel suo pullman. Sta arrivando a Milano dove a sera con tanto di media, alla grande, presenterà il suo progetto, l’ultimo d’una serie che dà giusta misura delle sue capacità manageriali e imprenditoriali oltre che musicali. Chiariamo un punto: Casadei è grande musicista, enorme, capace di sposare gli umori popolari della sua terra con la voglia di ballo che quegli umori stessi inziga.
Il liscio, il grande liscio romagnolo, arioso, largo, sorridente, steso, che per darsi livello e dignità di grande musica abbisogna di strumentisti eccezionali per tecnica e per sensibilità. Raoul Casadei ha sempre avuto perfetta coscienza di tutto questo: non era megalomania la sua quando, in alcune piazze, si è proposto come orchestra di spettacolo, senza ballo: c’era, in questo, l’amore per la propria musica e la voglia di farla conoscere e apprezzare per quello che era durante e dopo il ballo: musica.
Raoul non lo sa, ma gli debbo questa memoria di anni fa, prima metà dei settanta: avevo fatto uno spettacolo alla Caserma Zucchi di Reggio Emilia per una Festa dell’Unità. Dopo di me, a seguire, una performance dell’immenso Don Cherry con la sua cornetta Bach. Ci siamo conosciuti, Cherry e io, abbiamo mangiato insieme, poi, alla fine mentre lo stavo accompagnando al suo furgone, Don Cherry si blocca. Un palco, un’orchestra: Raoul Casadei. Don Cherry ascolta rapito, sorride largo e fa più volte cenno di sì con la testa. «Questo» dice e un amico comune traduce «è il vostro jazz, grande jazz» e tutto preso si tira una storia che in sintesi è un vero e proprio panegirico, ammirazione vera, nei confronti degli ottoni per la loro incredibile tecnica negli staccati veloci, puliti, precisi, quelli per esempio di un pezzo come “La bersagliera”. E io ho capito allora, grazie a Don Cherry, di come e quanto avessimo sottovalutato la musica di Casadei e il liscio tout court: poi, certo, c’è liscio e liscio, ma con Raoul il problema non si pone perché lui è il liscio: e va che vai bene.
«Questo è il vostro jazz, grande jazz» – Don Cherry
Aveva un sogno Raoul: dare la sua musica a tutti e di questo parlerà e per questo sta arrivando a Milano. In musicassetta o in compact la Hobby & Work proporrà il liscio di Casadei in tutte le edicole italiane. Duecentomila pezzi tutanbot, ma la speranza va oltre e Raoul sa perfettamente che può andare molto oltre visto il successo de la sua versione de “La terra dei cachi” di Elio e le storie tese.
Non monta più sul palco Raoul. «A 58 anni» mi telefono-cellula «qualche pausa è meglio darsela e se proprio devi esibirti fai in modo che sia al meglio delle tue possibilità; è un atto dovuto per rispetto a te stesso e al tuo pubblico. In ogni caso» ride largo «io la buona musica per la mia orchestra posso farla, solare, mediterranea, piena di calore e di colori: il mio liscio e io lo faccio, senti mo’ ben, anche stando fuori dal fascio dei riflettori, delle luci di scena e se proprio mi prende la voglia, ho una motonave discoteca a Gatteo a Mare, salto su e vai col liscio. Vienimi a trovare a Cesenatico, con chi ti pare» mi propone. «Dai di basso, Raoul» gli dico «hai idea di quanti Casadei ci sono a Cesenatico?». «Non fare il patacca, Ivan, certo che ce l’ho l’idea, ma so anche che di Raoul ce n’è uno solo e quello lo trovi sempre: tantarcord?». «Amarcord, mi ricordo» rispondo.
Ci si saluta e mi sento un pezzo di Romagna dentro: è una buona cosa.
Da «l’Unità», 7 novembre 1996.